Zuppi: non solo l’Italia, ma l’Europa può diventare maestra di pace
Francesco Ricupero - Città del Vaticano
Pace e integrazione sono i due temi che hanno fatto da filo conduttore ai lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana (Cei) aperti oggi pomeriggio a Gorizia dall'arcivescovo di Bologna e presidente dei vescovi italiani cardinale Matteo Maria Zuppi. Accogliendo l’invito di monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, la consueta sessione autunnale viene ospitata nella città, designata insieme a Nova Gorica, capitale europea della cultura per il 2025: una scelta che contiene in sé un messaggio forte per il tempo che stiamo vivendo. E ne è fermamente convito il cardinale Zuppi che definisce “provvidenziale” svolgere a Gorizia questa seduta del Consiglio permanente: “Ci consente di riflettere insieme sui drammatici segni dei tempi che tanto ci inquietano, facendo memoria del nostro passato perché, purificata e illuminata dalla Parola di Dio, sappiamo trarne sapienza e visione”.
Insieme per la pace
Gorizia e Nova Gorica sono unite come capitale europea della cultura 2025, prima capitale transfrontaliera. “È una scelta – ha spiegato il porporato - che si colloca in un cammino di riconciliazione e di comune impegno a servizio della pace che le Chiese di Gorizia e Koper, ormai da tanti decenni, stanno vivendo insieme. Gorizia, prima di diventare italiana a seguito della Prima Guerra mondiale, è stata per quattro secoli territorio dell’impero austriaco. Con il Trattato di Pace, dal 1947 cominciò la storia di Gorizia, divisa tra l’Italia e la Repubblica Jugoslava. Non era solo il confine ben marcato tra Stati, ma tra due blocchi, due sistemi politico-economici ben diversi. Nova Gorica e Gorizia - ha ricordato - furono chiamate la 'piccola Berlino', una città divisa in due". E da qui il cardinale sottolinea la duplice lezione che ci trasmette la storia: "Niente del passato va perduto e nessun confine è invalicabile”.
L'Europa, una via verso il futuro
"Slovenia e Italia hanno scelto da anni la cooperazione e questo è il frutto! E lo hanno scelto in un quadro europeo. L’Europa unita - ha aggiunto Zuppi - ha reso possibile molte cose proprio perché si è fondata sulla cooperazione, nella coscienza di avere un destino comune di pace tra i Paesi dell’Europa e del mondo. Questi frutti mostrano come l’Europa esista e sia una via verso il futuro, forse più di quanto i cittadini avvertano a causa della distanza delle istituzioni comunitarie. Non solo l’Italia, ma l’Europa può diventare maestra di pace. E l’Europa deve esistere di più, anche se la insidiano e la indeboliscono i nazionalismi e i sovranismi e una leadership complessa. L’incertezza dei rapporti con l’Alleato americano di sempre e la condizione creata dall’invasione russa in Ucraina la pongono in una situazione totalmente nuova, che richiede soluzioni unitarie perché siano efficaci".
L'impegno delle Chiese
"Dobbiamo, come Chiesa italiana e come Chiese europee, portare il nostro sostegno al Continente, per un suo consolidamento come realtà di democrazia, pace e libertà, per la difesa della persona umana in un mondo che appare tanto in movimento. Abbiamo dunque bisogno, oggi più che mai, di esempi concreti come quello di Gorizia per dimostrare che la pace non è un’utopia per ingenui, ma è la vocazione dell’Italia, dell’Europa e di ogni società umana degna di questo nome". Poi il porporato ha sottolineato quanto sia evidente il timore di un futuro incerto e pieno di incognite, “anche perché molta gente vive sola e il nostro è spesso un popolo di soli, con lo sfaldamento della famiglia e del tessuto comunitario. Anche il problema del calo demografico è espressione di questa paura, di concentrazione sul proprio io, di mancanza di speranza nel domani". Qui cita Papa Francesco, nell’enciclica Fratelli tutti, in cui presentiva il grave scenario degli anni a venire. Cita quella che considera una "fulminante definizione della guerra, che resta scolpita nella memoria": «Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male».
Uniti nell'appello per il cessate-il-fuoco su Gaza e rilascio degli ostaggi
"Cinque anni dopo - ha proseguito il porporato - tali presentimenti si sono purtroppo avverati in pieno. La guerra ha già reso peggiore la vita di tanti Paesi e di milioni persone. Come non pensare a Gaza dove, mentre ancora gli ostaggi israeliani sono prigionieri in condizioni inumane, un’intera popolazione, affamata, bombardata, è costretta a un esodo continuo e con sofferenze drammatiche come ogni esodo". Di qui, il cardinale invita a fare nostre le parole di Leone XIV, unendoci alla sua preghiera, sul popolo di Gaza che «continua a vivere nella paura e a sopravvivere in condizioni inaccettabili, costretto con la forza a spostarsi ancora una volta dalle proprie terre». "La Chiesa italiana si unisce al suo forte e accorato appello per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi".
La guerra è il fallimento della politica e dell'umanità
"Ci domandiamo con inquietudine: cosa possiamo fare di più per la pace? Chiediamo: cessi il rumore delle armi in nome del rispetto per l’inviolabile dignità della persona umana, di ogni persona; siano protetti i civili da ogni forma di violenza fisica, morale e piscologica; sia garantita a ciascuno la libertà di decidere dove e come vivere nel rispetto dell’altro e in fraternità, perseguendo il principio dei due Stati, unica via per dare un futuro al popolo palestinese preso in ostaggio da Hamas e dall’offensiva militare tuttora in corso. Come Chiesa italiana - ha assicurato Zuppi - continueremo ad alleviare la crisi umanitaria e la sofferenza inaccettabile e ingiustificabile con ulteriori iniziative. La guerra è il fallimento della politica e dell’umanità.
Di qui il riferimento all’Ucraina, dove i bombardamenti continuano sistematicamente. Il futuro sembra essere nel confronto militare. "Non stiamo vivendo solo una crisi dell’Onu. Siamo nell’età della forza. Addirittura, si teorizza che la guerra sia una compagna naturale della storia dell’uomo, quasi intrinseca alla natura umana da sempre, mentre la pace sarebbe qualche breve e occasionale parentesi, quasi fossimo dominati da un destino da cui è impossibile liberarsi, quello di combatterci e di ucciderci a vicenda. Vogliamo però sfuggire alla globalizzazione dell’impotenza, con molta saggezza indicata da Papa Leone, per cui pensiamo non si possa fare nulla. La pace - precisa ancora il cardinale Zuppi - inizia dalla prossimità, si impara nel gesto di accogliere, di non respingere, di sostare con l’altro. Assistiamo spesso ad un pericoloso scontro continuo e intransigente, dove diventa impossibile immaginare vie alternative: ogni soluzione si irrigidisce, ogni compromesso diventa tradimento. Rimanere intrappolati in questa logica vuol dire rinunciare alla possibilità di una pace creativa, di innovazione morale, di riconoscimento dell’umanità che pulsa nell’altro. Eppure è proprio fuori da quella logica che può nascere qualcosa di nuovo. Quando altre categorie – la compassione, la cura, la vicinanza – vengono rimesse al centro, cessa la fatalità della divisione".
Un'educazione che valorizzi la pluralità
Per il porporato basterebbe "un semplice gesto umano" in grado di "spezzare la spirale: il perdono, l’abbraccio, il riconoscimento del dolore altrui. Per evitare questi rischi serve un’educazione che valorizzi la pluralità, il riconoscimento dell’altro, il dialogo e la buona fede, anche quando ciò può apparire ingenuo. Ogni parrocchia e comunità sia una casa di pace e di non violenza che promuova e raccolga le tante e importanti istanze che salgono dalla società civile. Per i cristiani, l’impegno alla pace non è un’opzione morale fra tante, ma una dimensione costitutiva del Vangelo". Inoltre, il cardinale ha ricordato che "Gesù ci invita ad amare i nemici. Questo impegno si traduce nel promuovere riconciliazione, giustizia, cura dei più vulnerabili, rifiuto di ogni forma di violenza. Essere cristiani significa anche denunciare le guerre e le ingiustizie, sostenere la diplomazia, offrire accoglienza a chi fugge da conflitti. E significa pure lavorare perché in tutto il nostro Paese e in tutte le comunità locali si costruisca un dialogo autentico, una reciprocità che superi le paure radicate. Educare alla pace oggi - ha evidenziato - significa formare persone che sappiano uscire dai muri della polarizzazione, che comprendano che il cristianesimo chiede fedeltà al comandamento dell’amore. Persone che riconoscano la pace non come diritto garantito ma come opera quotidiana, fragile, spesso silenziosa, eppure autentica. Se oggi il nostro mondo sembra preferire l’eco dei tamburi di guerra al sussurro della riconciliazione, educare alla pace è un atto di resistenza rivoluzionaria".
La gioia della vita
L'arcivescovo di Bologna ha inoltre ricordato che "la Chiesa aiuta una rinnovata passione per la vita, che difende dal suo inizio alla fine, trasmette la gioia di donarla, la bellezza della famiglia, il senso di essere comunità, rappresenta un noi attraente e umano. Credo opportuno riaffermare quanto dichiarato in passato, ovvero l’auspicio che si giunga, a livello nazionale, a interventi che tutelino nel miglior modo possibile la vita, favoriscano l’accompagnamento e la cura nella malattia, sostengano le famiglie nelle situazioni di sofferenza. Ribadiamo, peraltro, che la legge sulle cure palliative non ha trovato ancora completa attuazione: queste devono essere garantite a tutti, in modo efficace e uniforme in ogni regione, perché rappresentano un modo concreto per alleviare la sofferenza e per assicurare dignità fino alla fine, oltre che un’espressione alta di amore per il prossimo. Sulla vita - ha spiegato - non ci possono essere polarizzazioni o giochi al ribasso".
Il desiderio di spiritualità dei giovani
Infine, Zuppi ha puntato l'attenzione sull’esperienza del Giubileo dei giovani, che si è svolto a Tor Vergata. "E' stata l’ennesima prova, se ve ne fosse ancora bisogno, della vitalità dei giovani e del loro desiderio di spiritualità, di interiorità, di comunione e di Chiesa. Le recenti canonizzazioni di san Piergiorgio Frassati e di Carlo Acutis, così partecipate dai fedeli, hanno mostrato come esista questa domanda di futuro, di una vita carica di senso e di entusiasmo. Queste due figure di giovani, vissuti in tempi differenti, ci invitano a rivolgere, con i giovani, lo sguardo verso il futuro con speranza. In occasione del Giubileo dei giovani, Papa Leone ha poi detto: «Cari giovani, vogliatevi bene tra di voi! Volersi bene in Cristo. Saper vedere Gesù negli altri. L’amicizia può veramente cambiare il mondo. L’amicizia è una strada verso la pace»".
In conclusione, il presidente della Cei ha voluto rammentare "il gesto di grande responsabilità ecclesiale" con cui il Consiglio permanente ha deciso di rimandare l’Assemblea generale da maggio a novembre 2025. "Abbiamo voluto dare e prenderci tempo per far maturare in modo opportuno un testo che fosse davvero espressione fedele del percorso compiuto. Come vescovi ci attende un impegno delicato che va ben oltre, e riguarda i prossimi anni delle nostre Chiese: accogliere, discernere e concretizzare quanto ci verrà consegnato dall’Assemblea sinodale. Forse, a noi spetta il compito - ha concluso - di seminare e ad altri di mietere. Quello che è essenziale adesso è non ripiegarsi su sé stessi, ma piuttosto cogliere e valorizzare i piccoli segni che preludono a qualcosa di grande, essere portatori di speranza come i giovani che sanno costruire il loro futuro, diventare costruttori umili e tenaci di una pace giusta e di tanta fraternità tra le persone".
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