Giuseppe Tonello, missionario tra le comunità povere dell'Ecuador Giuseppe Tonello, missionario tra le comunità povere dell'Ecuador 

Ecuador, investire in umanità al fianco dei più poveri

In occasione della Giornata internazionale per lo sradicamento della povertà, oggi 17 ottobre, la testimonianza del missionario laico Giuseppe Tonello, da 55 anni in Ecuador al fianco delle comunità più bisognose: "Non c'è annuncio del Vangelo senza solidarietà umana", afferma nel solco dell'esortazione apostolica Dilexi te di Papa Leone XIV

Igor Traboni - Città del Vaticano

A 24 anni partì per l’Ecuador, come volontario dell’Operazione Mato Grosso e con il proposito di rimanervi al massimo un paio di anni, anche per mettere alla prova la sua vocazione salesiana; da allora non è più andato via, e sono passati ben 55 anni, salvo brevi periodi per tornare nella sua Treviso. Giuseppe Tonello, Bepi per gli amici, sacerdote non lo è più diventato, ma la cura spirituale di tante persone comunque l’ha portata avanti, unendola a quella materiale e passando attraverso la fondazione di varie opere, compresa quella di una banca che, come vedremo, ha un bel concentrato di umanità. 

Il Fondo ecuadoriano Populorum Progressio

Ma qui il nastro va riavvolto di oltre mezzo secolo, da quando Tonello arrivò in un Paese allora tra i più poveri dell’America del Sud «e lì ho avuto subito la fortuna di incontrare un vescovo, Candido Rada, che mi affidò il Fepp, Fondo ecuadoriano Populorum Progressio”, chiamato così proprio per mettere in pratica i principi ispiratori dell’enciclica di Paolo VI, compresa la richiesta, già allora, di ridurre le spese militari e creare invece dei fondi per lo sviluppo dei Paesi più poveri». E la povertà, a Guaranda, sulla cordigliera delle Ande, dove Bepi si stabilì, la si toccava con mano. «Partimmo con pochi dollari. “Facciamo quello che possiamo” mi disse il vescovo Rada che poco dopo andò in visita ad limina da Paolo VI. Quando il Papa lo incontrò gli chiese: è lei che ha fondato il Fepp? Alla risposta affermativa, Paolo VI si mise le mani in tasca, tirò fuori tremila dollari in biglietti da 100 e glie li consegnò».  Poco dopo nacque il fondo di credito «e credito viene dalla parola credere: dovevamo credere nei poveri, dar loro dei mezzi per produrre, per sconfiggere la povertà. Allora, e ancora oggi, in Ecuador è molto forte la piaga dell’usura. Gli usurai prendono dal 10 al 20% di interessi mensili, ma noi abbiamo cominciato a dare credito al 6% annuale, lo 0,5% mensile. Denaro non alle singole persone, ma a comunità, a gruppi, cooperative, associazioni di giovani, di donne. E credito per la produzione, non per il consumo. La gente poi vuole comperarsi una tv o la moto? Va bene, mica possiamo proibirlo, ma che non si indebitino per queste cose». 

La formazione dei giovani

E qui entra in gioco tutto un lavoro educativo, accanto a quello economico: «Ci siamo accorti che i soldi sono uno strumento a doppio taglio. A noi aprivano le porte delle comunità, la gente aveva fiducia in noi, e allora abbiamo aggiunto una sorta di assistenza tecnica, dicendo al contadino: vai a seminare patate, ma lo fai ancora con i metodi dei tuoi nonni o, senza cadere nell’agricoltura chimica, lo fai meglio per aumentare la produzione? Lavorando soprattutto con i contadini indios delle Ande, siamo riusciti a farli passare dal settore primario a quello secondario e terziario; quindi agricoltura e allevamento per iniziare a produrre, pensando allo sviluppo dei territori: se c’è latte, facciamo formaggio; se c’è frutta, facciamo marmellate, e così via, facendo lavorare insieme soprattutto i giovani e cercando di fermare l’emigrazione». Una intuizione e una carta vincente, quella della qualità nella produzione «ma per arrivarci ci vuole formazione tecnica sì, ma anche umana — riprende Tonello — e non a caso lo slogan del nostro gruppo sociale Fepp è “Investiamo in umanità”, proprio come chiedeva Paolo VI. E questo per far sì che le persone crescano anche in campo spirituale: i giovani hanno tanto vuoto dentro, la gente non sa distinguere tra ciò che è bene e ciò che è male, c’è tanta confusione portata anche dai social, dai media, perfino dalle telenovelas dove ti dicono che se uno non tradisce la moglie e non fa disastri, non va bene», aggiunge amaramente divertito Tonello. 

Una holding con principi cristiani

L’ultimo tassello, come detto, è stato quello della banca: «Ci siamo chiesti: ma come fanno le banche ad avere sempre tanti soldi, mentre noi facciamo fatica a trovarne, a parte gli aiuti della Cei con l’8xmille? Allora abbiamo creato una figura giuridica per raccogliere soldi anche dai ricchi, presenti pure in un Paese povero come l’Ecuador. Ma, parallelamente alla banca, abbiamo creato una scuola di formazione da cui passano ogni anno circa 10mila giovani e almeno il 50% di questi poi trova subito lavoro, sia nelle imprese comunitarie che in quelle familiari». Da quei pochi dollari di mezzo secolo fa, oggi Fepp è una vera e propria holding di 630 persone, con vari rami di impresa: dal commercio equo e solidale (prodotto esportati anche in Italia) all’informatica e ad una impresa di costruzioni «per sfidare il mercato e dimostrare che è possibile lavorare bene, con prezzi giusti e trattare bene i lavoratori, senza sfruttarli. In tutto quello che facciamo manteniamo sempre la radice dei principi cristiani, perché sviluppo non è solo un problema di cose che mancano, ma anche di cose che funzionano male. La povertà materiale se vogliamo è quella più facile da sconfiggere: bastano dei soldi. Ma dopo viene a galla quella spirituale, materiale, affettiva, di passioni, di partecipazione. Ecco perché è importante continuare a lavorare per essere più umani, secondo il progetto di nostro Signore su ognuno di noi».

L'esortazione apostolica Dilexi te

Un progetto e tante opere che proprio in questi giorni Bepi Tonello sta raccontando nelle parrocchie del Trevigiano, in un ciclo di incontri organizzato dal Centro missionario diretto da don Gianfranco Pegoraro e che il vescovo Michele Tomasi (che il prossimo anno farà visita a Tonello, ad altri laici e a due sacerdoti fidei donum in Ecuador) ha presentato facendo preciso riferimento all’esortazione apostolica Dilexi te di Papa Leone XIV: «Non c’è annuncio del Vangelo e solidarietà umana che si dividono, non c’è mai l’uno senza l’altro. Per noi questo significa vivere pienamente le esigenze della nostra fede e arrivare alle radici del nostro essere Chiesa». Quelle radici che, dall’altra parte del mondo, Bepi tiene ben salde. A proposito, come si definisce: un missionario laico? «Quando dissi al vescovo Rada che ci definivamo “laici di ispirazione cristiana”, ci rispose: semplifichiamo, e diciamo che questo vuol dire “ama il Signore e ama il tuo prossimo”».  

 

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17 ottobre 2025, 14:57