La missione passionista a 250 anni dalla morte del fondatore
di Maurizio Buioni C.P.
Nell'ottobre 2025, la Congregazione della Passione celebra i 250 anni dalla morte di San Paolo della Croce (1775-2025). Non si tratta di una semplice commemorazione, ma di un’occasione di discernimento ecclesiale e culturale. Come ha ricordato Papa Francesco, “la tradizione è la garanzia del futuro e non la custodia delle ceneri”. Il carisma passionista, nato nel cuore del fondatore, continua a bruciare come fuoco vivo nella Chiesa e nel mondo.
La memoria della Passione di Cristo, scriveva Paolo della Croce, “sarà sempre una fonte di vita e di santità”. Non è un ricordo statico, ma una presenza viva che interpella ogni generazione. In un tempo segnato da guerre, ingiustizie e crisi spirituali, la Croce si rivela come linguaggio di compassione e speranza. Hans Urs von Balthasar affermava: “La gloria di Dio si manifesta nella debolezza del Crocifisso”.
La missione passionista oggi si gioca nelle periferie esistenziali, accanto ai crocifissi della storia, del resto la spiritualità cristiana nasce dal grembo del dolore umano. I Passionisti sono chiamati a essere testimoni della misericordia, capaci di leggere i segni dei tempi e di rispondere con il linguaggio della Croce.
Questa testimonianza esige formazione profonda. In un tempo di crisi vocazionale, è urgente formare religiosi e laici capaci di incarnare il carisma con autenticità e intelligenza spirituale. Romano Guardini scriveva: “La verità non si trasmette solo con le parole, ma con la vita”. La vita passionista è comunione, preghiera, missione. È contemplazione che si fa azione.
Le comunità passioniste sono chiamate a essere segno di fraternità. In un mondo frammentato, vivere insieme è già annuncio: affermava: “la comunità cristiana è il luogo dove si impara a portare il peso dell’altro” (D. Bonhoeffer). La Croce si vive nella pazienza quotidiana, nella condivisione, nella solidarietà.
Il carisma passionista non appartiene solo ai religiosi. Ogni carisma è dono e luce per tutta la Chiesa. Pertanto, rendere accessibile la spiritualità della Passione ai laici, ai giovani e alle famiglie è una sfida e una grazia, affinché essa possa diventare sempre più un cammino di santità per tutti, se proposta con un linguaggio comprensibile e una testimonianza credibile.
Un’altra sfida è la custodia della memoria. I Passionisti custodiscono luoghi sacri come la Scala Santa, ma la vera custodia è spirituale. Paul Ricoeur ci insegna: “La memoria non è ripetizione, ma interpretazione del passato per il futuro”. Valorizzare gli scritti del fondatore, le testimonianze dei santi passionisti, le esperienze missionarie è atto di fedeltà e profezia.
La missione oggi passa anche per i luoghi della cultura, della comunicazione, del pensiero. Charles Taylor invita a proporre la fede come risposta alle domande profonde dell’uomo moderno. La Passione di Cristo può diventare parola per il nostro tempo, se sapremo tradurla con intelligenza spirituale. Dobbiamo abitare anche gli spazi digitali, educativi, culturali.
Oggi la missione passionista si confronta con sfide nuove e complesse: la trasformazione digitale, l’emergere dell’intelligenza artificiale, il bisogno di una formazione aperta al dialogo e alla pluralità culturale. In questo contesto, diventa urgente formare persone capaci di abitare il mondo con profondità evangelica e competenza umana, senza smarrire la radicalità del messaggio della Croce.
La spiritualità della Passione non è un elemento decorativo, ma il cuore pulsante di un impegno che abbraccia la giustizia, la pace e la custodia del creato. Non si tratta di adattare il linguaggio della Croce alle mode del momento, ma di renderlo vivo e credibile attraverso l’esistenza concreta. Solo una testimonianza incarnata può parlare davvero al cuore dell’uomo contemporaneo.
La fedeltà al carisma passionista implica anche la capacità di dialogare con le nuove forme di intelligenza e comunicazione, per non perdere il contatto con ciò che rende umano l’umano. È una sfida che chiede discernimento, coraggio e una spiritualità capace di attraversare le trasformazioni senza perdere la propria identità.
Nel cammino sinodale della Chiesa, il carisma passionista può contribuire alla comunione, alla missione, alla partecipazione. “Solo una Chiesa ferita può parlare al mondo ferito”, scrive Tomáš Halík. La Passione, vissuta in chiave sinodale, diventa fermento di rinnovamento.
San Paolo della Croce ci ha lasciato un’eredità che non si misura in numeri, ma in fedeltà al Crocifisso. La spiritualità della Croce nasce dall’esperienza del dolore e si traduce in parola viva solo quando è attraversata dalla sofferenza. Non si tratta di un sapere astratto, ma di una sapienza che si genera nel cuore ferito e si trasforma in impulso missionario. Chi contempla il Crocifisso non può restare immobile: è chiamato a mettersi in cammino, a farsi prossimo, a portare luce dove regna il buio.
Questa sapienza non può restare confinata nei luoghi tradizionali della fede. Deve essere tradotta e incarnata nei nuovi spazi della cultura, del dialogo, della comunicazione. È lì che oggi si formano le coscienze, si pongono le domande decisive, si cercano risposte autentiche. La Croce, vissuta con radicalità e intelligenza spirituale, può diventare parola credibile anche nei contesti più complessi e inattesi.
La celebrazione del 250° anniversario non è un punto di arrivo, ma un nuovo inizio. È l’occasione per riscoprire la forza trasformante della Passione, per lasciarsi ferire dall’amore di Cristo e diventare, come Paolo della Croce, testimoni ardenti e credibili. Che il fuoco acceso dal fondatore continui a illuminare il cammino della Chiesa e dell’umanità.
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