Protesters gather in Madagascar's capital after Rajoelina cites coup plot

Madagascar, il presidente della Conferenza Episcopale: "Rischio guerra civile"

Nel Paese africano scosso dalle proteste di piazza e dalle violenze anche polizia e gendarmi si sono uniti alla gran parte dell'esercito governativo che appoggia i manifestanti. Fuggito all'estero , il presidente della repubblica, Andry Rajoelina , non si dimette e scioglie l'Assemblea nazionale. Monsignor Fabien Raharilamboniaina, presidente dei vescovi: "La Chiesa è preoccupata. Serve il dialogo per ottenere la pace"

Federico Piana - Città del Vaticano

Il presidente Andry Rajoelina che fugge all’estero in fretta e furia, l’Assemblea nazionale che viene sciolta con un laconico comunicato postato su Facebook,  la capitale che cade completamente nelle mani dei giovani della “Generazione Z” che non hanno mai smesso di protestare nelle strade e nelle piazze di Antananarivo, la polizia ed i gendarmi che si uniscono all’esercito governativo ormai in larga parte schierato con i manifestanti. Sono bastate poche ore, ieri sera, per far precipitare il Madagascar nel caos più completo. E non è servito a nulla l’appello al rispetto delle Costituzione e alla ripresa del dialogo lanciato proprio da Rajoelina in un discorso alla nazione diffuso sui social da una località segreta «dove mi sono rifugiato per difendere la mia vita»  ha ammesso  il presidente, che però non ha annunciato le proprie dimissioni come invece avrebbe voluto la maggioranza della popolazione che le sta invocando a gran voce ormai da diverse settimane. Senza riuscirci.

Promesse non mantenute

«Cosa può succedere adesso? La guerra civile». Monsignor Marie Fabien Raharilamboniaina, vescovo di Morondava e presidente della Conferenza episcopale malgascia, è in viaggio quando decide di fermarsi per raccogliere le idee e cercare di spiegare una situazione che appare più nebulosa che mai. «Ora la contestazione si è allargata. I giovani, i sindacati, i funzionari pubblici, non sono soddisfatti del governo. C’è una sfiducia diffusa. Il governo ha fatto molte promesse ma ne ha realizzate poche».

Lei intende sopratutto quelle dalle quali è partito tutto: acqua ed elettricità?

Ma non solo. L’elettricità e l’acqua erano state promesse fatte in campagna elettorale. Mai mantenute. E poi ci sono gli sprechi. Ad esempio, in tutte le province sono stati costruiti degli ospedali che però non funzionano: non hanno medici, strumenti diagnostici, medicine. Quando un malato arriva lì non può essere curato. Il vero problema è il mancato rispetto dei diritti  fondamentali e questa volta il popolo ha detto no, non ha voluto tacere.

Ma davvero lei teme che possa scoppiare una guerra civile?

Non è solo la mia preoccupazione ma anche quella di tutta la Chiesa. Potrebbe scoppiare anche una guerra tra gli stessi militari. Abbiamo chiesto ai leader di dialogare direttamente con il popolo,  abbiamo telefonato al  capo dello Stato e al primo ministro chiedendo  loro di confrontarsi pacificamente ma non hanno lasciato parlare, non hanno permesso che la gente gridasse il proprio dolore. Abbiamo anche pregato ma alla fine abbiamo dovuto lasciare che il popolo manifestasse le proprie sofferenze, i propri desideri.

Ora il  confronto può ancora servire? 

Certamente. Si devono creare altri spazi di dialogo, necessari per ottenere soluzioni alternative nel quadro della Costituzione. Noi speriamo che si possano trovare altre vie di pace sedendosi intorno ad un tavolo. Ma non ci si deve arrendere, nonostante i fallimenti: si deve comunque andare avanti

C’è qualcosa che la comunità internazionale può fare per aiutare il Madagascar?

La comunità internazionale ha chiesto al nostro Paese di rispettare la Costituzione e  ci sta aiutando in questo senso: i presidenti delle nazioni chiamano i loro ambasciatori ed i loro ambasciatori parlano tra loro, con i partiti d’opposizione e con i giovani. In fondo, sono proprio i giovani che stanno guidando queste proteste perché sono stanchi delle false promesse. Non hanno nulla, neanche le borse di studio che il governo aveva annunciato cinque anni fa.

In questo frangente, alla sua gente che appello si sente di fare?

Chiedo di pregare, pregare, pregare. E di evitare di ricorrere alla violenza, non solo quella fisica ma anche quella verbale. Mentre alle forze armate dico: non usate le armi contro il popolo. Il popolo bisogna amarlo, accompagnarlo ed ascoltarlo. Alla gente va dato modo di esternare le proprie sofferenze.

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14 ottobre 2025, 14:11