Cartelloni con la scritta "Pace" in varie lingue all'incontro internazionale al Colosseo "Osare la pace" Cartelloni con la scritta "Pace" in varie lingue all'incontro internazionale al Colosseo "Osare la pace"

L'appello delle religioni unite a Roma: osare la pace. La guerra fallimento dell’umanità

I rappresentanti delle diverse confessioni riuniti insieme al Papa al Colosseo per la chiusura dell’Incontro internazionale, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Testimonianze e preghiere, poi l’Appello congiunto perché non si resti fermi e indifferenti davanti a “milioni di bambini, anziani, donne, uomini” che subiscono conflitti e violenze. Assisi la prossima tappa dell’evento, a quarant’anni dal primo incontro voluto da San Giovanni Paolo II

Francesca Sabatinelli - Roma

Uniti a Roma, per parlarsi per ascoltarsi, per conoscersi e per cercare la pace, e per denunciare “le scandalose disuguaglianze, il disinteresse verso il creato e la vita delle future generazioni”. I capi religiosi presenti all’Incontro Internazionale religioni e culture organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, siedono l’uno accanto all’altro, nella cornice del Colosseo divenuto simbolo moderno della lotta contro la violenza e luogo di preghiera per la pace. L’appello delle religioni presenti, firmato da tutti i leader lancia il richiamo all’azione per contrastare l’orrore denunciato dalla Fratelli tutti, che davvero “ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato”, che è “un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male”.

 

La testimonianza di Omar dal Sudan

Sul palco, Papa Leone XIV e i responsabili delle religioni accolgono la voce di chi la guerra l’ha cucita sulla sua pelle, colui che viene “da una terra dove un tempo la pace scorreva come il grane Nilo, dal punto in cui si incontrano il Nilo Azzurro e il Nilo Bianco”. Quella terra è il Sudan. Omer Malla Ali ha 31 anni ed è un medico: le sue parole inchiodano la platea, quando ricorda il giorno in cui tutto è cambiato, quando la morte e la paura hanno invaso il suo Paese stretto in un conflitto che dura da due anni e mezzo. La sua ricerca di pace lo ha portato via da tutto ciò che era la sua vita, lo ha visto rifugiato in Etiopia, “uomo senza patria”, e poi accolto dall’Italia, giunto a Roma attraverso i corridoi umanitari della Comunità di Sant’Egidio, quando per la prima volta ha ricominciato a dormire senza paura, quando per la prima volta ha di nuovo sognato. Il suo appello agli uomini di pace che lo ascoltano è che si preghi per la pace nel suo Paese e in tutti i luoghi in cui si vive la guerra. Perché “la pace non è solo l’assenza di guerra, ma è presenza dell’amore, della dignità e dell’umanità”.

Il Papa all'Incontro internazionale "Osare la pace" con i leader delle diverse religioni
Il Papa all'Incontro internazionale "Osare la pace" con i leader delle diverse religioni   (@Vatican Media)

Aprire vie di pace

Non è più il momento dell’attesa, indicano i religiosi nel loro appello, ma è il momento di avere coraggio, di “osare, per aprire vie di pace”, perché non si può restare fermi davanti a “milioni di bambini, anziani, donne, uomini che subiscono le conseguenze della guerra”.

Paura, nazionalismi, odi etnici e razziali, sono fantasmi de passato che l’umanità dell’oggi è tornata a vivere, a causa di “una globalizzazione senza anima”. La forza calpesta il diritto internazionale, è la denuncia delle fedi, indebolisce le istituzioni nate per difendere il mondo dalla guerra. Le conseguenze sono violenza e aggressività e la giustificazione dei conflitti, laddove si finisce nell’illusione “che il futuro migliore è contro l’altro e senza l’altro”. Le religioni però sanno “che non c’è mai futuro senza l’altro”.

Cambiamento di paradigma

È necessaria “una pace disarmata e disarmante”, è il richiamo che si alza dal cuore di Roma, da un Colosseo vestito di ogni credo e immerso nella convinzione che “la pace è la domanda inascoltata di popoli interi, dei profughi, dei bambini, delle donne” e che non esiste futuro “se la guerra si sostituisce alla diplomazia e al dialogo nella soluzione dei conflitti”.

La richiesta ai potenti è che avvenga “un cambiamento di paradigma”, che rimetta al centro la comunità umana, che si viva insieme costruendo ponti e non muri per fermare le guerre per aprire un tempo di riconciliazione, per “una sicurezza fondata sul dialogo e non sull’escalation della produzione e della minaccia delle armi”. Osare la pace significa che il futuro vedrà il ringraziamento delle nuove generazioni, che riceveranno dalle religioni “quello che hanno ricevuto da Dio: l’amore, la sapienza, il valore della vita, il perdono”. Perché “nessuna guerra è santa solo la pace è santa!”.

La preghiera può cambiare la storia

Le religioni ripetono quando detto da San Giovannni Paolo II nel 1986 alla fine dell’incontro dei leader di tutte le fedi ad Assisi per la preghiera comune per la pace, il Pontefice disse che “la pace è un cantiere aperto a tutti”. Dal palco la Comunità di Sant’Egidio racconta il cammino compiuto in questi 39 anni, quando è continuato l’incontro con la costante convinzione che “la pace è sempre possibile”, che la preghiera “può cambiare la storia” e che “Dio ascolta” le “invocazioni e i gemiti di chi soffre la guerra”. Il cammino fin qui fatto è andato controcorrente, perché ad un linguaggio bellico si è continuato a parlare di pace tenendo “aperte le vie del dialogo” perché, diceva Francesco, “il mondo soffoca senza dialogo”.

Lo spirito di Assisi soffia ancora, portatore di una grande responsabilità e di “una memoria decisiva: l’orrore della guerra”. L’anelito di pace deve unire le persone “perché i poveri e gli umili della terra guardano a noi con speranza! Perché la pace è sempre possibile!”.

I bambini ricevono l'"Appello di pace" formulato dai partecipanti all'incontro promosso da Sant'Egidio
I bambini ricevono l'"Appello di pace" formulato dai partecipanti all'incontro promosso da Sant'Egidio   (@Vatican Media)

Ad Assisi nel 2026

Il cammino continua, assicura il presidente di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, sempre controcorrente di fronte “ai tanti conflitti aperti”, opponendo al linguaggio della violenza il linguaggio di pace, contrastando con lo Spirito di Assisi i venti di guerra e il male, perché “la pace è sempre possibile” con lo sguardo rivolto a “quelle che Papa Leone ha definito le scintille di speranza”. Il prossimo anno saranno quarant’anni di dialogo e di incontro che riporteranno il loro cammino nella città di San Francesco, da dove tutto è cominciato, il 26 ottobre 1986.

 

 

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28 ottobre 2025, 18:00