Partecipanti al Colloquio su Migrazione e Teologia presso l'Università Iberoamericana di Tijuana, Messico Partecipanti al Colloquio su Migrazione e Teologia presso l'Università Iberoamericana di Tijuana, Messico 

Confine Usa-Messico, dialogo tra vescovi e teologi sulla sfida migratoria

L’incontro internazionale, svoltosi dal 9 all’11 ottobre, ha riunito circa quaranta vescovi, accademici, filantropi e operatori pastorali a Tijuana. Si tratta di una città in cui le realtà sociali e culturali di Messico e Stati Uniti si toccano ma si separano con una recinzione metallica e con forti discorsi politici

Luis Donaldo González – Tijuana, Messico

Poco dopo il Giubileo dei Missionari e dei Migranti, i membri della Mesa Virtual sobre Migración y Fronteras en las Américas, appartenenti alla rete Catholic Theological Ethics in the World Church (CTEWC), in collaborazione con l’Università Iberoamericana (IBERO), hanno celebrato a Tijuana il Colloquio internazionale su Migrazione e Teologia. Il titolo era piuttosto simbolico ed evocativo: “Le sfide della mobilità umana di fronte ai nuovi orizzonti politici di Messico e Stati Uniti dalla prospettiva cristiana”. Uno degli obiettivi principali del colloquio era proprio ricordare alla Chiesa cattolica e alla società che “la carità cristiana non si limita all’ospitalità o all’aiuto umanitario, ma richiede la liberazione dalle ingiustizie che sostengono pratiche crudeli e politiche disumanizzanti”, ha affermato la teologa statunitense Kristin Heyer, copresidente della CTEWC e professoressa al Boston College.

Quaranta vescovi a Tijuana

L’incontro internazionale, svoltosi dal 9 all’11 ottobre, ha dunque riunito circa quaranta vescovi, accademici, filantropi e operatori pastorali a Tijuana, una delle città in cui le realtà sociali e culturali di Messico e Stati Uniti si toccano e allo stesso tempo si separano, attraverso una recinzione metallica carica di forti discorsi politici e anti-immigrazione. “La frontiera non è solo un limite, ma uno spazio di incontro umano, di compassione e di missione”, ha dichiarato Florentino Badial, direttore di IBERO Tijuana. Tra i partecipanti vi era Emilce Cuda, segretaria della Pontificia Commissione per l’America Latina, che ha sottolineato come un terzo dei presenti si riconoscesse come migrante. “I vescovi e i teologi migranti, facendo teologia a partire dalla propria esperienza, confermano ancora una volta che le realtà sono più grandi delle idee”, ha osservato.

Come segno di speranza e di accoglienza cristiana

In un messaggio inviato alla rete Catholic Charities USA, che riunisce 168 agenzie diocesane, il Papa ha esortato a continuare a sostenere i migranti e i rifugiati, agendo come segno tangibile di speranza e di accoglienza cristiana. Il vescovo ausiliare salvadoregno-statunitense Evelio Menjívar-Ayala, di Washington D.C., ha condiviso la propria testimonianza personale: “Questo muro non ha fermato i miei sogni”, ha ricordato, rievocando la sua fuga da El Salvador a 19 anni. Da parte sua, Silvia Correa, dottoranda in ricerca psicologica presso l’Università ITESO di Guadalajara, ha raccontato: “Quando ho attraversato il confine a 17 anni, sognavo di poter studiare e diventare qualcuno nella società.” Ha aggiunto che questo colloquio rappresenta “un segno di speranza, perché ascolta le voci di chi è migrante, di chi cammina accanto alle persone in mobilità, di chi riflette dall’accademia e di chi accompagna dalla pastorale”.

"Li vide, si avvicinò, li curò"

Tra i relatori figuravano monsignor Carlos A. Santos García, vescovo ausiliare di Monterrey; Dylan Corbett, direttore dell’Hope Border Institute di El Paso, Texas; e suor Dolores Palencia, partecipante al Sinodo sulla Sinodalità e ministra presso il rifugio per migranti di Tierra Blanca, Veracruz. Essi hanno presentato e analizzato la lettera pastorale di frontiera del 2024, intitolata “Li vide, si avvicinò e li curò”. “Avevamo bisogno di una lettera come questa, perché siamo un’unica Chiesa cattolica; dobbiamo andare oltre ogni nazionalismo”, ha dichiarato mons. Santos García. Il teologo messicano Yohan García, professore alla Loyola University di Chicago, ha sottolineato che unendo le esperienze di vita con la riflessione accademica e pastorale “possiamo comprendere meglio il fenomeno migratorio rispetto a quando lo osserviamo solo dai discorsi pubblici o dagli studi teorici”.

Un nuovo modello comunicativo

Durante i tre giorni di lavoro, i partecipanti hanno proposto un nuovo modello di colloquio accademico-pastorale, volto a generare un dialogo esperienziale che rifletta la vulnerabilità del cuore umano e offra risposte concrete alla crisi umanitaria globale, particolarmente evidente in Messico e negli Stati Uniti. Tra i presenti figuravano anche mons. Eugenio Lira Rugarcía, vescovo di Matamoros-Reynosa e responsabile della Pastorale della Mobilità Umana della Conferenza Episcopale Messicana; la teologa messicana Jutta Battenberg Galindo; Norma Romero, fondatrice del gruppo solidale Las Patronas; il teologo argentino Pablo Blanco, coordinatore latinoamericano della CTEWC; il gesuita messicano Alejandro Olayo-Méndez, professore al Boston College; e il teologo Víctor Carmona, dell’Università di San Diego.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

16 ottobre 2025, 10:20