Il delegato dei cappuccini a Istanbul: una comunità benedetta nella debolezza
Tommaso Chieco e Christine Seuss - Istanbul
Accoglie con un sorriso grande, di quelli che fanno sentire subito a casa. Forse è l’accento romano impercettibile o la sua cordialità semplice: padre Paolo Pugliese, cappuccino, vive da più di dieci anni in Turchia (Türkiye) e oggi è delegato dei frati minori cappuccini nel Paese. Mostra la facciata luminosa della chiesa di Santo Stefano Yeşilköy e poi procedere verso l'interno. Qui sembra di respirare la storia. La chiesa nasce intorno al 1880 come Istituto Apostolico d’Oriente, luogo di formazione per i Cappuccini dell’Impero Ottomano. Padre Paolo racconta la figura di padre Cirillo Giovanni Zohrabian, cappuccino armeno di cui è in corso la causa di beatificazione, e spiega la particolarità di questo quartiere: per decenni villaggio di pescatori greci e armeni, con tre chiese - cattolica, ortodossa e armena - tutte dedicate a Santo Stefano, in memoria delle reliquie che per un periodo sostarono proprio in questo posto, a metà tra Oriente e Occidente. All’interno, mentre si attraversano le navate, padre Paolo fa emergere un tratto decisivo di questa comunità, piccola e vivace, che è anche un luogo di ricerca. Qui arrivano giovani adulti in cammino, incuriositi dal Vangelo, attratti dalla spiritualità. Il frate cappuccino parla di una “benedizione della debolezza”, la condizione che accomuna le diverse confessioni cristiane e che rende più facile il dialogo. Ed è in questo clima - fatto di storia, incontri, condivisione e una ritrovata ricerca spirituale - che la Chiesa cattolica di Istanbul attende la visita di Papa Leone XIV.
Una Chiesa piccola parte di un corpo più grande
Per padre Paolo, l’attesa del Papa è un tempo di grazia per una comunità numericamente piccola ma profondamente viva. Sentirsi visitati dal Pontefice nel suo primo viaggio all’estero, proprio nelle terre segnate dalle origini del cristianesimo e dall’anniversario di Nicea, diventa per i cattolici locali un invito a riscoprire il proprio valore. Una presenza che rafforza anche il cammino ecumenico, dove l’essere minoranza aiuta il dialogo e rende più facile camminare insieme.
Due momenti centrali: l’incontro in cattedrale e la grande Messa a Istanbul
Il viaggio offrirà alla comunità cattolica due appuntamenti particolarmente attesi. Venerdì mattina il Papa incontrerà gli operatori pastorali nella cattedrale; sabato pomeriggio, invece, presiederà la grande Messa in un palazzetto dello sport, con fedeli provenienti da tutta la Turchia. Una celebrazione di dimensioni inedite, spiega padre Paolo, perché finora i Papi avevano sempre celebrato in cattedrale. Molti cristiani percorreranno distanze lunghissime - alcuni più di quindici ore di viaggio da Antiochia - per essere presenti a questo momento di comunione.
Un passo silenzioso ma decisivo sul cammino ecumenico
L’ecumenismo è un percorso che procede “per passi molto piccoli”, senza forzature e senza pretendere reciprocità. La visita del Papa - sottolinea padre Paolo - rappresenta un segnale prezioso che arriva “dal cuore del cattolicesimo” e incoraggia a proseguire con umiltà e costanza questo cammino tra Chiese. Sarà poi il tempo, aggiunge, a mostrare i frutti di questo gesto.
Una parrocchia che accoglie chi cerca
Nell’attività di Santo Stefano Yeşilköy, il catecumenato è “l’aspetto più importante” della vita parrocchiale. Nella comunità arrivano soprattutto giovani adulti, dai 18 ai 40 anni, persone affascinate da Gesù e desiderose di conoscere il cristianesimo. Essendo l’ultima presenza cattolica della zona europea di Istanbul, la parrocchia diventa un punto di riferimento per chi proviene da tutta l’area. I percorsi sono diversi: c’è chi riscopre “radici bulgare, greche o armene e desidera tornare alla fede degli avi”; chi proviene da contesti profondamente secolarizzati e cerca un senso; chi incontra la “sapienza di Cristo” e decide di seguirla. “E li capisco che rimangono affascinati da Cristo” scherza padre Paolo che considera questo scambio esigente e bellissimo che lo “costringe a ripensare continuamente la fede per rispondere alle domande e alle attese di persone provenienti da mondi molto diversi”.
L’augurio: riscoprire la bellezza della propria vocazione
Guardando alla visita del Papa, pil frate cappuccino ha un desiderio semplice e profondo: che i cristiani locali trovino forza non per “diventare forti”, ma per riconoscere la bellezza della loro vocazione in questa terra. Qui – ricorda – c’è una continuità viva con Paolo, Giovanni, Filippo, con la presenza di Maria, con i Concili e i Padri della Chiesa, con il monachesimo dei Cappadoci. Per questo la speranza è che il primo viaggio internazionale di Papa Leone XIV aiuti i fedeli a riscoprire il gusto e la profondità spirituale della loro fede nel luogo in cui vivono, in un modo nuovo e più consapevole.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui