Auto incendiata dai coloni lo scorso luglio a Taybeh (Epa) Auto incendiata dai coloni lo scorso luglio a Taybeh (Epa)

Cisgiordania, attacchi dei coloni a Taybeh. Il parroco: alimentiamo la speranza

Continuano le violenze nell'ultimo villaggio palestinese abitato interamente da cristiani. Il parroco padre Bashar Fawadleh: “Questi atti di vandalismo e violenza sono inaccettabili e richiedono la ferma condanna" di tutti. In questo tempo di tribolazione, è importante “continuare a pregare”

Beatrice Guarrera - Città del Vaticano

Edifici e automobili distrutti, incendi, danni alle coltivazioni: continuano senza sosta le violenze e gli attacchi dei coloni israeliani in Palestina. Non c’è pace ormai neanche a Taybeh, piccolo villaggio a pochi chilometri a nord di Gerusalemme e a est di Ramallah, noto per essere l’ultimo villaggio palestinese rimasto interamente abitato da cristiani. “Negli ultimi giorni abbiamo subito nuovi attacchi da parte dei coloni”, spiega ai media vaticani padre Bashar Fawadleh, originario di Aboud, altro piccolo villaggio nei dintorni di Ramallah, e parroco dal 2021 della chiesa latina di Taybeh. La città, con poco più di mille abitanti, conta ben tre chiese, la chiesa Ortodossa, la chiesa Melchita e la chiesa di rito latino.

Violenza crescente

“I coloni hanno distrutto uno degli edifici appartenenti alla parrocchia e a un parrocchiano”, oltre ad aver distrutto due auto parcheggiate lì davanti. “Hanno spaccato le ruote, i vetri, i finestrini: tutto”, osserva il sacerdote. Per la seconda volta in due giorni, anche la stazione di servizio è stata distrutta e tutto è stato rubato. “Questi atti di vandalismo e violenza sono inaccettabili e richiedono la ferma condanna degli israeliani”, afferma. Giorni fa il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva espresso parole di biasimo verso gli attacchi di lunedì in un villaggio della Cisgiordania compiuti da alcuni coloni, definiti una "manciata di estremisti". Parole che, sostiene padre Fawadleh, “significano molto” perché costituiscono una ulteriore dimostrazione che “ciò che sta accadendo in Cisgiordania è davvero un crimine”. Quelle parole sembrerebbero dunque il segno di una pressione internazionale entrata in campo per fermare una violenza che “non è accettabile”.

Ascolta l'intervista a padre Bashar Fawadleh

Magra stagione del raccolto 

Eppure il villaggio non è nuovo a questi meccanismi, visto che subisce da tempo gli attacchi dei coloni israeliani, intensificatesi dopo il 7 ottobre 2023 e in particolare all’inizio della stagione del raccolto. In quell’area, infatti, molti palestinesi devono spostarsi per raggiungere i propri terreni coltivati, quando arriva il momento di raccoglierne i frutti, ma vengono costantemente ostacolati dai continui blocchi stradali e dalle violenze. Storica la produzione di olio in Palestina, che, quest’anno, a causa anche della siccità e degli assalti dei coloni, sarebbe drasticamente in diminuzione, secondo un’analisi dell’ong palestinese Arij. “Questo è il terzo anno che non possiamo raggiungere i nostri uliveti”, spiega il parroco.

Un clima di paura

Le frequenti aggressioni avrebbero alimentato nella gente un clima di paura, arrivato ormai ai limiti dell’esasperazione. “Dopo i numerosi attacchi dei coloni, non solo a Taybeh, ma nella zona a est di Ramallah - continua - molte persone stanno pensando di emigrare, di lasciare il Paese perché non c'è sicurezza”. La stessa vita quotidiana, a Taybeh “è soggetta a restrizioni a causa di molte chiusure e barriere militari”. Una vita scossa da tanta sofferenza, che ha attirato lo sguardo delle istituzioni religiose e civili lo scorso luglio, quando i leader delle Chiese cristiane di Terra Santa, insieme a diverse delegazioni diplomatiche, hanno svolto una visita di sostegno con una semplice richiesta: pace. Un incoraggiamento che ha avuto una triplice dimensione, secondo padre Fawadleh: è stato un “segno di unità tra i cristiani” e di vicinanza; un gesto di solidarietà diplomatica; infine, un tentativo di pressione per fermare gli attacchi da parte dei coloni, giunti ad appiccare un incendio che aveva raggiunto persino l’abside della chiesa di San Giorgio.

La visita a Taybeh dei capi delle Chiese di Terra Santa e delle delegazioni diplomatiche, il 21 luglio scorso (Reuters)
La visita a Taybeh dei capi delle Chiese di Terra Santa e delle delegazioni diplomatiche, il 21 luglio scorso (Reuters)

Una speranza per Taybeh

In questo tempo di tribolazione, è importante “continuare a pregare”, ha detto il parroco, “perché la preghiera può fare miracoli e può cambiare le persone, può trasformare queste situazioni” in meglio e portare alla pace. Non bisogna dimenticare però il sostegno alla comunità di Taybeh, una piccola parrocchia che va avanti grazie al patriarcato di Gerusalemme dei latini. L’obiettivo in questo momento è creare nuovi posti di lavoro per dare stabilità e reddito a tante famiglie e raccogliere fondi per il progetto di edilizia abitativa. Senza perdere di vista mai la speranza. “Al posto della paura delle aggressioni dei coloni”, nel cuore della gente la Chiesa è chiamata “a far nascere la speranza”, per credere che sarà possibile vivere in pace e sicurezza. “La mia - conclude padre Fawadleh - è la speranza della resurrezione”.

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21 novembre 2025, 08:03