Il cardinale Reina ai giovani, prendiamo le distanze dalle logiche dell'odio
Giovanni Zavatta - Città del Vaticano
Sabato 10 gennaio, alle ore 17, nell’aula Paolo VI in Vaticano, Papa Leone XIV riceverà in udienza i giovani della diocesi di Roma: la bella notizia, accolta da un lungo applauso, la dà a fine serata (erano passate da poco le 23) don Alfredo Tedesco, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale giovanile. Non poteva concludersi in modo migliore la "Notte in cattedrale" convocata nella basilica di San Giovanni in Laterano dal cardinale vicario generale per la diocesi di Roma, Baldassare Reina, alla vigilia della Giornata mondiale della gioventù che si celebrerà domani, 23 novembre, solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo.
La diocesi e i giovani
Una serata per dare continuità alla veglia di preghiera di agosto a Tor Vergata presieduta dal Pontefice, per alimentare un filo ininterrotto di conoscenza e amicizia. «Mi piacerebbe continuare fino all’alba ma bisogna andare a dormire», ha concluso Reina visibilmente felice, annunciando che questa esperienza verrà ripetuta e lanciando nuove iniziative come quella (data ipotizzata il 24 giugno, Natività di San Giovanni Battista) di radunare fuori e dentro la basilica i cori della diocesi.
Non perdere la speranza
«Vedere il bene che c’è, come qui, questa sera, rafforzarlo, replicarlo, in una pedagogia di sguardi positivi fatta di fraternità, per percorrere un’altra strada, farla nostra, prendere le distanze dalla logica dell’odio e della violenza, e dire che questo no, non ci appartiene»: aveva risposto così poco prima il cardinale vicario alla domanda di Ester, della parrocchia di San Policarpo, che gli chiedeva «come possiamo porre fine alla cattiveria che ci circonda senza scoraggiarci, senza perdere la speranza». Ester, come in precedenza Francesca, Sofia, Elisa. Sono stati loro, i giovani, i protagonisti di questa "Notte in cattedrale": il passaggio della Porta Santa, la catechesi e il dialogo con il cardinale Reina, l’adorazione eucaristica animata dal Coro della diocesi di Roma diretto da monsignor Marco Frisina, le confessioni. Momenti vissuti in ginocchio, in preghiera, in intenso raccoglimento, a scaldare i cuori e tenere lontano il gelo improvviso calato nel pomeriggio su Roma. «Stasera, qui, diciamo che siamo dalla parte di Gesù, che è questo il desiderio che portiamo nel cuore, la beatitudine che Dio ha preparato per noi, solo per noi», ha detto il porporato nella catechesi: «Dobbiamo credere alla pace, alla solidarietà. Non preoccupatevi di andare controcorrente, di annunciare una storia che altri vogliono scrivere con gli strumenti della violenza. Dio s’intreccia con la nostra vita, continuamente, è Dio che ci spinge ad andare avanti, al di là dei problemi, degli insuccessi, delle frustrazioni. Lui ci dice “Tu sei beato!”, ci infonde fiducia: senza questo progetto di vita tutto rischia di essere insignificante».
La preghiera come dialogo
A Elisa, della parrocchia di Santa Silvia al Portuense, che gli chiede come alimentare la speranza attraverso la preghiera, Reina risponde sottolineando l’importanza di viverla come «un dialogo continuo, spontaneo con Dio che ci ascolta, in chiesa, a casa, per strada». La preghiera come dialogo «aperto, libero, veritiero», esercizio quotidiano della Parola di Dio al quale confidare le cose importanti della propria esistenza, dal quale trarre la forza nel momento della prova. A Francesca, della parrocchia del Preziosissimo Sangue a Tor di Quinto, il cardinale vicario dice che le scelte importanti non vanno mai fatte di fretta, sull’onda delle emozioni: «Ascoltatevi prima, confrontatevi con Dio, anche attraverso un padre spirituale capace di aiutarvi, di correggervi. E poi circondatevi di amici veri con i quali, illuminati dalla fede, sarete in grado di trovare dove lo stupore riposa e che la risposta è in fondo al vostro cuore». E a Sofia, della parrocchia di Santa Maria Regina Pacis a Ostia, che gli confida le angosce di ragazzi e adolescenti, la loro a volte accidentata ricerca di senso, il porporato consegna l’immagine dei giovani in parrocchia, la loro felicità contagiosa, la loro forza attrattiva. È insieme, in una comunità anche piccola, capace di non giudicare mai ma di accogliere sempre, che difficoltà e paure possono essere affrontate senza rimanere soli: amici di Dio che lì trovano la risposta a tutte le loro domande.
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