Uno dei murale della casa-rifugio. Fonte: La 72, Hogar-Refugio para Personas Migrantes Uno dei murale della casa-rifugio. Fonte: La 72, Hogar-Refugio para Personas Migrantes

Messico. 'La 72', una porta che si apre ai migranti, tra accoglienza e memoria

Dal 2011 la casa-rifugio al confine col Guatemala dà ospitalità alle persone che partono dall'America Centrale per raggiungere gli Stati Uniti, donando loro assistenza sanitaria e legale, ma non solo. La struttura è diretta dal frate minore Luis Antonio Sotelo Izquierdo che ai media vaticani racconta la sua missione: "Sono i nostri fratelli e, seppur soli in questa frontiera, continuiamo a riceverli e ad affrontare le problematiche"

Pietro Piga – Città del Vaticano

In Messico, lungo il confine col Guatemala, c’è una porta. Se la trovano davanti, a un certo punto della loro traversata verso gli Stati Uniti, i migranti partiti dall’America Centrale. Si spalanca dopo che qualcuno di loro, giunto fin lì a piedi, in autobus o aggrappato a un treno, bussa. Sull’uscio, ad accoglierli, molto spesso c’è il frate minore Luis Antonio Sotelo Izquierdo, che dirige la casa-rifugio La 72, Hogar-Refugio para Personas Migrantes. La porta è aperta dal 23 aprile 2011 a Tenosique, un comune nello Stato messicano di Tabasco, a chi ha bisogno di indicazioni per raggiungere la sua destinazione, di cibo, di acqua e di cure, di un posto lontano dalle estorsioni e dalle violenze dei trafficanti di esseri umani incontrati nel cammino, di aiuto per compilare una richiesta d’asilo. “Ogni persona è importante per Dio e, quindi, anche per noi. I migranti, i rifugiati, i deportati sono i nostri fratelli e, seppur soli in questa frontiera, continuiamo a riceverli e ad affrontare le problematiche”, racconta, ai media vaticani, il religioso che guida la struttura appartenente alla Provincia francescana di San Felipe de Jesús.

I migranti ospitati nella casa-rifugio seguono la messa. Fonte: La 72, Hogar-Refugio para Personas Migrantes
I migranti ospitati nella casa-rifugio seguono la messa. Fonte: La 72, Hogar-Refugio para Personas Migrantes

La memoria

Ogni migrante ospitato, protetto e assistito ne La 72, almeno una volta è entrato nella cappella, ha alzato lo sguardo e ha pregato di fronte al crocifisso di San Damiano, collocato al centro della parete. Ma si è soffermato anche sulle 72 croci più piccole che lo circondano, ognuna pitturata con i colori di una bandiera nazionale e che sopra ha inciso un nome. Omaggiano i migranti, 58 uomini e 14 donne, uccisi nel 2010 nella municipalità messicana di San Fernando, mentre cercavano di raggiungere gli Stati Uniti, dai membri del cartello della droga locale Los Zetas. Ed è proprio da questo massacrato che deriva il nome della casa-rifugio ed è dalla sua memoria che nasce e si nutre l’impegno per la salvaguardia dei diritti umani. “Il crocifisso e le croci disposte attorno ci ricordano – afferma fra Sotelo Izquierdo – che tutte le persone sono unite in Cristo e raccontano che non c’è differenza né divisione. E con questo possiamo dire agli altri che la speranza di qualcosa di migliore è ancora viva e che l’ultima parola in tutto è di Dio”.

La cappella della casa-rifugio. Fonte: La 72, Hogar-Refugio para Personas Migrantes
La cappella della casa-rifugio. Fonte: La 72, Hogar-Refugio para Personas Migrantes

Gli spazi sicuri

I migranti, che provengono soprattutto dall’Honduras, dal Guatemala, dal Nicaragua e da El Salvador, trascorrono le giornate all’interno de La 72 in diverse aree, ciascuna indicata da un nome. “La Resistenza” è quella destinata al volontariato; si chiama “Che Guevara” quella dove ricevono l’assistenza sanitaria; è riservata alle donne e ai bambini, invece, “La tierna furia”; mentre si disputano le partite di calcio nella “Plaza dignidad”. In altri edifici della casa-rifugio, inoltre, viene servito il pranzo, vengono lavati i vestiti, si svolgono dei seminari sulla violenza di genere, si può partecipare a giochi da tavolo, vengono proiettati dei film, si sbrigano le pratiche per l’assistenza legale e le richieste d’asilo. E i muri degli edifici sono stati abbelliti dagli stessi migranti con dei murales. “I sogni e le speranze di coloro che hanno messo piede in questo posto – spiega il francescano – rimangono custoditi come un santuario, come memoria viva, seguendo lo uno stesso ideale: un mondo migliore è possibile e noi possiamo contribuire a renderlo reale”.

I bambini giocano nella casa-rifugio. La 72, Hogar-Refugio para Personas Migrantes
I bambini giocano nella casa-rifugio. La 72, Hogar-Refugio para Personas Migrantes

Gli ospiti cambiano

Ogni anno, in media, La 72 dona un alloggio a 11.639 migranti o rifugiati, ma nel 2024 sono stati 10.812, nonostante Tabasco sia rimasto uno dei principali punti di transito per chi parte dall’America Centrale. “Le politiche migratorie in Messico e negli Stati Uniti sono diventate più restrittive – sottolinea fra Sotelo Izquierdo – ma il nostro impegno non si è fermato. Sono convinto che non si misuri nelle statistiche, ma nell’aiuto concreto che si dà ai bisognosi”. Ed è cambiato anche il profilo delle persone che chiedono aiuto: “All’inizio del nostro lavoro, venivano uomini di età compresa tra i 20 e i 45 anni, in seguito sono arrivate giovani donne, ma più avanti famiglie complete, bambini e adolescenti non accompagnati. E le problematiche dei vari Paesi hanno portato qui anche anziani e persone con disabilità”. Fra Sotelo Izquierdo continuerà a essere alla porta de La 72 e ad accogliere chi busserà perché, conclude, "sul mio rifugio ci sono i segni speciali da parte di Dio”.

 

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30 novembre 2025, 09:00