Sedac: rinnovamento è tutelare le persone e i loro territori
Giovanni Zavatta – Città del Vaticano
Non ci potrà essere rinnovamento della vita pubblica fino a quando non si anteporrà la persona umana a qualsiasi altro interesse, riedificando istituzioni affidabili e garantendo la giustizia sociale per evitare che la regione subisca ulteriori fratture. È una realtà martoriata da crisi politiche e persistenti disuguaglianze quella descritta dal Segretariato episcopale dell’America Centrale (Sedac) che si è riunito nei giorni scorsi in assemblea a Valle de Ángeles, vicino Tegucigalpa. I vescovi hanno esortato a superare gli ostacoli e — citando la Dilexi te di Leone XIV — a rafforzare i valori democratici della libertà, della pace e della giustizia, «nel pieno rispetto della dignità per tutti». La situazione centroamericana richiede infatti decisioni ferme di fronte alla povertà, alla violenza, alla fragilità istituzionale, alle migrazioni forzate.
L'impegno per la dignità umana
All’inizio del loro messaggio conclusivo, intitolato Creemos en un solo Señor, Jesucristo, ricordano il 1700° anniversario del Concilio di Nicea sottolineando che il vero rinnovamento della fede nasce da un impegno attivo per la vita e la dignità umana, soprattutto in contesti segnati da esclusione e disuguaglianza. In particolare, al punto 5 del documento, il Sedac chiede di progredire nella cura della casa comune: «Come tante volte espresso dalla Rete ecologica mesoamericana, ci addolorano le grida delle comunità e delle altre creature ferite dall’avanzata dell’estrattivismo predatore, specialmente dalle miniere che devastano, contaminano, sequestrano l’acqua e restringono l’accesso ai beni comuni, si appropriano dei territori, ledono il modo di vivere delle comunità e si impongono come unica alternativa possibile». I vescovi esprimono preoccupazione per gli attacchi a numerosi leader attivi nel settore socio-ambientale, assassinati, calunniati, minacciati, costretti a fuggire solo perché si sono posti a tutela del territorio e dei suoi abitanti indifesi. E ricordano quanto affermato dal Documento di Aparecida del 2007 e cioè che esiste «uno sfruttamento irrazionale che lascia una scia di dilapidazione e persino di morte nella nostra regione» (473). La salvaguardia dei territori e di coloro che li difendono è una responsabilità urgente radicata nell’etica, nella fede e nella società. La speranza è affidata soprattutto ai giovani, con i quali camminare insieme: «I nostri popoli sono in maggioranza formati da giovani, con tutto ciò che questo implica in termini di opportunità, bisogni e rischi. Pertanto dobbiamo sapere come offrire alternative». Dal canto suo la Chiesa identifica, come fondamenti essenziali per il futuro, l’evangelizzazione, la pastorale vocazionale e ambienti educativi solidi. I vescovi hanno insistito sul fatto che l’educazione cattolica debba continuare a formare individui completi e impegnati per il bene comune e hanno chiesto di rafforzare il sostegno a bambini, adolescenti e giovani adulti di fronte alle sfide e alla violenza che incontrano.
La Chiesa al fianco dei migranti
Del Segretariato episcopale dell’America centrale fanno parte Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panamá. Ha sede a El Progreso, in Honduras, ed è attualmente presieduto dal vescovo di Santa Rosa de Copán, monsignor Héctor David García Osorio. Durante i lavori i presuli, esaminando le situazioni locali, hanno avvertito che nessun Paese può progredire finché persistono pratiche che violano i diritti, limitano la partecipazione dei cittadini o aggravano le disuguaglianze. Una sessione speciale — riferisce il Consiglio episcopale latinoamericano (all’assemblea era presente il segretario generale, monsignor Lizardo Estrada Herrera) — è stata dedicata alla migrazione forzata che continua a colpire così tante famiglie. A questo proposito i vescovi hanno elogiato il lavoro della rete Clamor (che si occupa di migrazione, spostamenti forzati, rifugiati e tratta di esseri umani) e ribadito l’impegno della Chiesa nei confronti dei migranti, sia interni sia internazionali, di fronte all’incertezza e alla discriminazione. L’afflusso di persone è «un fenomeno doloroso che affligge le famiglie a causa dei fallimenti strutturali dell’America Centrale» hanno osservato sollecitando le istituzioni ad affrontarne le cause profonde attraverso «politiche globali e compassionevoli».
Il rilancio della vita pastorale
Non sono mancate all’ordine del giorno le linee-guida per accompagnare la fase di implementazione del cammino sinodale in ogni diocesi. L’America Centrale, è stato detto, non sta partendo “da zero” poiché molte parrocchie praticano già da tempo una partecipazione comunitaria, ma va rilanciata affinché diventi una forma permanente di vita pastorale. La sinodalità «appartiene al cuore stesso della fede cristiana e non è un impulso occasionale»; va quindi sostenuto con pratiche quotidiane come la preghiera familiare, lo studio della Bibbia e un dialogo fraterno.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui