L'arcivescovo Visvaldas Kulbokas abbraccia i fedeli di Ternopil L'arcivescovo Visvaldas Kulbokas abbraccia i fedeli di Ternopil

I vescovi cattolici dell’Ucraina accanto alla gente di Ternopil dopo i bombardamenti

In un'intervista ai media vaticani, il nunzio apostolico in Ucraina, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, parla del pellegrinaggio dei vescovi cattolici del Paese nella città di Ternopil, pesantemente bombardata tra il 18 e il 19 novembre, per portare conforto alla popolazione colpita. “La Chiesa - sottolinea il nunzio - è vicina a coloro che hanno perso tutto”

Svitlana Dukhovych – Città del Vaticano

In occasione dell’incontro annuale dei vescovi cattolici nel santuario mariano di Zarvanytsia, che si trova nella regione di Ternopil, i presuli di rito latino e greco-cattolico hanno deciso di recarsi oggi nel capoluogo colpito da un massiccio bombardamento russo la scorsa settimana, per portare conforto alla popolazione colpita e condividere con la preghiera il dolore di chi ha perso i propri cari. Il nunzio apostolico in Ucraina, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, definisce l’iniziativa dei vescovi un vero e proprio pellegrinaggio.

Monsignor Kulbokas, ci può raccontare questa iniziativa?

Chiediamo a chiunque ci possa sentire di intensificare la propria preghiera per l’Ucraina. Ternopil si trova più o meno a 800 chilometri dalla linea del fronte, che in realtà comprende quasi tutto il Paese senza differenze tra chi si trova nelle trincee e chi abita a casa propria. Questa è la particolarità di una guerra moderna. Noi come vescovi abbiamo fatto questo pellegrinaggio per pregare insieme ai familiari delle vittime proprio là dove hanno trovato la morte. Abbiamo ascoltato le testimonianze sui feriti, alcuni con gravi ustioni, altri completamente sfigurati o resi ciechi. Il nostro è stato un abbraccio alle vittime e ai sopravvissuti e anche un vero pellegrinaggio per noi. Nel mese scorso in tutta l’Ucraina, abbiamo apprezzato molto il fatto che Papa Leone abbia pubblicato l'enciclica “Dilexi te” in cui sottolinea che abbracciando un povero, noi di fatto, abbracciamo il Signore, perché il povero non ha più niente e nessuno a parte Dio. E qui, quando nei luoghi del dolore abbracciamo chi non ha più niente, né l'abitazione, né i propri cari e a volte neanche la propria salute, noi abbracciamo i più poveri dei poveri. Non tutti hanno la possibilità di compiere un pellegrinaggio come il nostro, di qui il mio invito a sostenerci con la preghiera. Questo è il modo in cui rendiamo forte la Chiesa, unita sia nella gioia – la gioia nel Signore, – sia nella sofferenza.

Come è nato questo pellegrinaggio dei vescovi ucraini?

Diversi vescovi avevano espresso questo desiderio e il metropolita dell'Arcieparchia greco-cattolica di Ternopil, Teodor Martynyuk, ha iniziato ad organizzare questa visita. Un’operazione che ha coinvolto anche le autorità locali perché non tutti i luoghi sono accessibili dopo i bombardamenti. Però siamo riusciti ad incontrare i familiari e coloro che quotidianamente si recano nei luoghi bombardati per ricordare le vittime con preghiere e gesti.


Tra le persone che ha incontrato c’è stato qualcuno che le è rimasta particolarmente impressa?

C’era una nonna che teneva tra le mani la fotografia di suo nipote Rostyslav, morto nell’attacco. Poteva avere quindici o sedici anni. Ho pregato per lui. Accanto alla nonna c’era anche suo papà, che piangeva. Mi hanno raccontato che molti sono morti non per l’esplosione del missile in sé, ma per le fiamme innescate dalla dispersione del propellente dei missili che è entrato all’interno delle abitazioni. Erano circa le 7:20 di mattina e il fuoco ha improvvisamente invaso le case. Abbiamo incontrato persone che ci hanno raccontato di aver visto i propri familiari morire nel fuoco. Qualcuno è fortunosamente sopravvissuto. Uno dei vescovi ha parlato con un giovane di nome Bohdan, che ha raccontato di essere sopravvissuto perché nel momento in cui il palazzo è crollato, si trovava vicino al frigorifero che gli ha lasciato uno spazio per proteggersi e trovare un po’ di aria da respirare. Lo hanno trovato sotto le macerie grazie al minuto di silenzio, che ogni giorno alle nove del mattino viene rispettato per omaggiare le vittime della guerra. È stato grazie a quel silenzio che i soccorritori hanno potuto sentire i suoi lamenti e le richieste d’aiuto.

Sui media internazionali si susseguono le notizie di iniziative diplomatiche per porre fine alla guerra, nonostante i bombardamenti sull’Ucraina si facciano sempre più intensi. Qual è il suo pensiero al riguardo?

Proprio ieri mattina ci sono state due ondate di attacchi molto intensi sulla capitale, Kyiv, con l’utilizzo congiunto di droni e missili. Almeno sette persone sono morte, decine i feriti. In questo contesto mi tornano in mente le parole di san Giovanni Paolo II che sottolineava l’importanza di arrivare almeno a un cessate il fuoco per interrompere la spirale di violenza innescata dalla guerra. È sempre un bene poter dare tempo e opportunità alle persone responsabili di riflettere su che cosa si possa fare. Quindi, da un certo punto di vista è sempre utile trovare una soluzione anche non perfetta, ma che porti a un cessate il fuoco. Dall'altra, però, è molto importante tenere presente che in una guerra così violenta non si può arrivare ad una soluzione se non si arriva alla radice del problema. Ritengo essenziali due cose: la prima è quella di aiutare chi è colpevole a capire la gravità di ciò che sta compiendo. La seconda riguarda le parole del Signore quando dice: “Siate misericordiosi", nel senso di “Siate sempre aperti alla conversione del peccatore, dell'aggressore”.  Vorrei anche aggiungere che, come ha tante volte detto anche Papa Francesco, la guerra è una invenzione del diavolo. E quindi se è una invenzione del diavolo, come la combattiamo? Con la sola logica umana non si riesce a combatterla, con le sole forze umane non si riesce a fermare. Ci vuole la grazia del Signore. Per questo io insisto: preghiamo insieme, chiediamo questa grazia, questo dono del Signore: di donarci la pace.

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26 novembre 2025, 21:22