Il ciclone in Sri Lanka, il vescovo di Chilaw: “La cattedrale aperta agli sfollati”
Francesco De Remigis - Città del Vaticano
Crescono le preoccupazioni per le nuove precipitazioni previste in Indonesia e Sri Lanka, due dei quattro Paesi del sud-est asiatico ormai da diversi giorni duramente colpiti da alluvioni con conseguenti frane, assieme a Vietnam e Thailandia. Oltre 1.500, nel complesso, le persone decedute a causa delle inondazioni, aggravate anche dal passaggio di due cicloni tropicali. Le piogge previste alimentano il timore di nuovi danni, sia in Indonesia, sia in Sri Lanka, dove monsignor Wimal Jayasuriya, vescovo di Chilaw, nella provincia nord-occidentale del Paese, è alle prese con una situazione drammatica nella sua diocesi, che conta 263 chiese. La Chiesa, racconta, ha reagito a questa calamità aprendo anzitutto le porte agli sfollati, “circa 700 persone sono state ospitate nella cattedrale, è una testimonianza dell'amore di Cristo, altre decine nelle chiese, alcuni sono ospiti, altri vengono solo per mangiare o semplicemente per lavarsi, visto che l'inondazione ha reso inaccessibili anche molti servizi igienici". Nello Sri Lanka si sono contati finora oltre 470 morti, 350 dispersi e 1,5 milioni di sfollati. Si tratta del più grave disastro naturale che abbia colpito la nazione dallo stunami del 2004. E le nuove piogge monsoniche previste a partire da oggi sul nord-est del Paese fanno temere ulteriori perdite di vite.
“Per giorni non abbiamo avuto elettricità"
Dal 28 novembre, quando le prime piogge intese sono cadute e fino il 3 dicembre, a Chilaw, erano saltati elettricità, ma anche collegamenti telefonici, racconta il presule. "La prima notte l'acqua è salita fino a circa un metro, ho camminato nella pioggia verso la cattedrale, verso la scuola e poi verso un'altra chiesa di Chilaw per capire quali fossero le necessità della gente, poi l'acqua del lago è arrivata anche al portico di casa mia e non sono potuto più uscire per tre giorni. I telefoni non funzionavano, non avevamo notizie certe, non potevamo comunicare con nessuno. Anche la mia macchina era sommersa dall’acqua. Poi, dal primo dicembre, con i militari, sono riuscito a spostarmi, ho ripreso a visitare gli abitanti, i sacerdoti, e purtroppo ho visto alcune delle vittime. Molte case sono andate distrutte, altre sono state abbandonate, con gli abitanti costretti a fuggire con i soli vestiti indosso. Sono riuscito a visitare circa l'80% dei posti colpiti dal primo dicembre mattina e fino a ieri. Osservo e sento quello che i miei sacerdoti hanno fatto per le persone, e non solamente per ai cattolici, ma per tutti: buddhisti, hindu, musulmani che hanno iniziato subito ad aiutarsi a vicenda, portando, anche da lontano, cibo, pasti, abiti, medicine. Tutti si sono uniti davanti a questo disastro".
Cibo, abiti, sapone per la popolazione
Secondo il vescovo di Chilaw, oltre ai primi aiuti materiali che la diocesi ha potuto mettere a disposizione, quali cibo, abiti, sapone, "ci sono stati anche aiuti spirituali importanti per il sollievo dello spirito. Alcuni sopravvissuti sono stati colpiti da depressione, perché hanno perso tutto, non hanno più nulla, dobbiamo sostenerli psicologicamente, per ora abbiamo fatto quello che potevamo, ma credo che il lavoro più importante sia ancora da iniziare. Quando tra due o tre settimane si potrà pensare alla ricostruzione delle abitazioni, proveremo anche ad aiutare a sistemare le attività lavorative, i pescatori hanno perso le loro barche, i contadini molti dei loro campi". Le case sono coperte dal fango, continua il presule e ci sono le preoccupazioni legate alla diffusione delle malattie. Ci sono medici che ci aiutano, tanti sono i volontari arrivati da lontano, la priorità ora, aggiunge Jayasuriya, è fornire abbigliamento, cibo come riso, farina, e poi sapone e prodotti per l'igiene personale, e per questo si sta lavorando assieme alla Caritas diocesana. E poi si dovrà prensare alla ricostruzione, e aiutare i popoli colpiti a recuperare il loro futuro, dovremo sostenere anche gli studenti, i bambini.
Dall'emergenza immediata, sguardo sulla ricostruzione
Il presule ricorda che dopo lo tsunami del 2004 ci fu una grande solidarietà internazionale, che però va sempre coordinato attraverso la Caritas, per evitare eventuali errori, come fu nel 2004. Le buone intenzioni di molti non sempre, ricorda, si sposarono con gli usi locali, anche dal punto di vista alimentare. Fondamentale, per il vescovo, è "fare tutto con tanta trasparenza finanziaria, per questo sto cercando di incontrare i parroci per discernere, decidere i programmi futuri, per ora abbiamo cancellato alcuni appuntamenti e attività per Natale, vediamo come si evolverà la situazione".
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