Monsignor Carlassare, vescovo di Bentiu, missionario in Sud Sudan Monsignor Carlassare, vescovo di Bentiu, missionario in Sud Sudan 

Il vescovo Carlassare: il Sud Sudan è una parabola vivente del Natale

Il presule alla guida della diocesi di Bentiu, nel suo messaggio ai fedeli in vista delle celebrazioni per la nascita del Salvatore ribadisce l’urgenza spirituale e materiale di farsi prossimi a chi soffre: “È questo il dono che possiamo offrire oggi all’umanità ferita, un amore che non mette limiti, una speranza che resiste, una fede che abbraccia e costruisce fraternità”. Nel Paese africano la violenza non si ferma ma la Chiesa è in prima linea per portare soccorso alla popolazione

Cecilia Seppia – Città del Vaticano

Le notizie che arrivano dal Sud Sudan, anche oggi 13 dicembre, parlano di violenza. L’ultimo attacco con droni in ordine di tempo ha colpito l’importante giacimento petrolifero di Heglig nel Kordofan occidentale controllato attualmente dalle Forze di Supporto Rapido (RSF), sette le vittime tra i soldati, diversi i feriti. Eppure tra i due eserciti - Le Forze di difesa popolare del Sud Sudan, le RSF del Sudan, e il presidente sud-sudanese Salva Kiir c’era un accordo, l’ennesimo violato sempre per sete di potere e ricchezza. Heglig, di fatto, è un piccolo centro di confine tra lo stato sudanese del Kordofan Occidentale e quello sud-sudanese di Unity, e ospita alcuni degli impianti petroliferi più importanti del Sudan. Si tratta di uno snodo cruciale dell’oleodotto Greater Nile Oil Pipeline, lungo 1.600 chilometri, che trasporta il greggio dal giacimento petrolifero di Unity, in Sud Sudan, a Port Sudan per l’esportazione. Intervenendo una volta ancora riguardo alla tragica situazione in cui versa il Sudan così come sull’incertezza per il futuro del Sud Sudan, e deplorando i recenti attacchi contro strutture sanitarie e l’asilo al-Hanan dove 120 persone tra cui 63 bimbi sono rimasti uccisi, il vescovo di Bentiu, capitale dello stato di Unity, monsignor Christian Carlassare, ha dichiarato: “Non c’è rispetto per la vita umana in questo conflitto. Dovremmo sentire tutti una forte preoccupazione insieme alla Comunità internazionale” che ai media vaticani rilancia l'appello al cessate il fuoco, mentre racconta come la sua diocesi si sta preparando al Natale.

Ascolta l'intervista a mons. Christian Carlassare

La speranza è un seme ostinato

Preoccupazione ma anche speranza che il pastore di Bentiu affida al suo messaggio rivolto a tutti i fedeli della diocesi, in vista del Natale. “Il Natale - afferma - è la festa della prossimità e della fraternità. Questo è il sogno dei miei vent’anni vissuti accanto al popolo del Sud Sudan. Come missionario ho visto luci e ombre. Ho testimoniato come la speranza e la croce si intrecciano nella storia di questo popolo amato da Dio. Ho condiviso la gioia dell’accordo di pace del 2005 e il sogno di un paese indipendente nel 2011 che cantava giustizia, libertà e prosperità. Ma ho anche testimoniato la ferita profonda di un conflitto interno che ha diviso il Paese e lacerato il tessuto sociale, ha costretto alla fuga e ridotto alla miseria milioni di persone, privato del necessario e ferito la dignità di ciascuno. Eppure, proprio lì, tra le macerie del conflitto, il Vangelo mi ha ricordato che la speranza non è mai illusione: è un seme ostinato, capace di germogliare anche nella terra inaridita”.


Il Sud Sudan, parabola vivente del Natale

D’altra parte, prosegue ricordando come Daniele Comboni non si sia mai arreso davanti a una missione ritenuta impossibile da tanti, “continuiamo a credere in un mondo dove nessuno sia scartato, dove la vita sia rispettata e la povertà non sia una condanna ma principio di solidarietà per costruire una società fraterna”. Il sogno è quello di vedere un Sud Sudan in cui “i bambini possano giocare senza paura, i ragazzi possano andare a scuola e non sia per una ragazza più probabile morire di parto che ottenere un diploma di scuola superiore”. E ancora il sogno si allarga a vedere “una terra in cui le risorse non diventino motivo di ingiustizia, ma strumento di sviluppo; un Paese in cui la popolazione possa lavorare e vivere dignitosamente senza dipendere dall’aiuto umanitario”. Scrive ancora il presule: “Il Sud Sudan, terra giovane e ferita, è una parabola vivente del Natale. Là dove la violenza, la povertà e le divisioni sembrano soffocare la speranza, la nascita del figlio di Dio continua a rivelarsi come il segno più radicale della prossimità di Dio. Dio sceglie di venire nel mondo dove l’umanità geme e attende. Dio sceglie la via della povertà per rivelarci la vera ricchezza”.

Testimoniare l’amore che sana

Citando l’esortazione apostolica Dilexi te di Papa Leone che si apre con le parole «Io ti ho amato», monsignor Carlassare aggiunge: “Ecco l’unica vera ricchezza: il suo amore. È un messaggio che tocca nel profondo, perché conosciamo la fragilità del cuore umano, incapace da solo di vivere la fraternità, la comunione, la pace. Ma proprio lì il Signore viene incontro alla nostra povertà e la riveste della sua grazia. In Sud Sudan, come in ogni Sud Sudan del mondo, si può testimoniare che l’amore di Dio ricuce ciò che noi spezziamo, sana ciò che noi feriamo, rialza ciò che noi calpestiamo. Questo è il mistero di Dio a Betlemme: non una vicinanza a parole, ma un farsi accanto concreto con una presenza che ci risolleva perché ha bisogno di noi, della nostra attenzione, della nostra cura e del nostro pur fragile amore”. Nel messaggio rilancia la forza di una Chiesa povera e con i poveri che non ha paura di sporcarsi le mani e “non cerca potere né rilevanza” ma si china sui piccoli, con loro cammina, ascolta e accompagna e fa causa comune con quanti soffrono, perché sa che senza i poveri non c’è salvezza, non c’è nemmeno Vangelo né Chiesa o futuro.

I poveri sono i nostri padroni

“In Dilexi te, Papa Leone ci ricorda che l’amore per i poveri non è una semplice opera di beneficenza, ma una partecipazione reale all’amore stesso di Cristo. Non si tratta di fare per, ma di amare con. Ripropone l’opzione preferenziale per i poveri, cuore pulsante della missione e profezia della Chiesa. Non è una scelta accessoria, ma la via per ritrovare il Vangelo nella sua purezza. Come diceva Daniele Comboni, «i poveri sono i nostri padroni», coloro davanti ai quali togliersi i sandali perché lì abita la presenza di Dio. I poveri non sono solo destinatari di aiuto: sono soggetti attivi, maestri silenziosi, primi evangelizzatori. Le loro ferite parlano al nostro orgoglio, la loro fede interroga la nostra sicurezza, la loro speranza ci indica il cammino della conversione”.

Guardare il mondo con lo sguardo di Cristo

L’invito del Natale, allora, nelle parole del vescovo, che invoca in mezzo a conflitti, povertà e distruzione, di poter trasformare i sogni in passi concreti, è proprio “a guardare il mondo con lo sguardo del Bambino di Betlemme, che non domina ma si dona, non conquista ma ama, non impone ma accoglie. È questo il dono che possiamo offrire oggi all’umanità ferita: un amore che non mette limiti, una speranza che resiste, una fede che abbraccia ogni uomo e ogni donna e costruisce fraternità”.

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13 dicembre 2025, 15:12