Il convegno ‘Giovani e dipendenze’  il 3 dicembre a Roma Il convegno ‘Giovani e dipendenze’ il 3 dicembre a Roma

Il cardinale Zuppi: per i ragazzi serve un’alleanza sociale per la speranza

L’intervento del presidente della Conferenza episcopale italiana al convegno di studio ‘Giovani e dipendenze’ promosso, il 3 dicembre a Roma, dal Servizio nazionale per la pastorale giovanile. Da gennaio un percorso di ascolto unirà per un anno Cei, Caritas, comunità terapeutiche e di accoglienza

Giovanni Zavatta – Città del Vaticano

C’è un problema grave in Italia, forse sottovalutato, che «sembra invisibile», e riguarda i giovani. Prende vari nomi (alcol, cannabis, sigarette elettroniche, psicofarmaci, gioco d’azzardo, smartphone, pornografia) ma in tutti i casi nasconde disagio, solitudine, sofferenza. E «la sofferenza è un grido: dobbiamo ascoltarlo e capire cosa ci chiede». C’era anche il cardinale presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Maria Zuppi, ieri 3 dicembre al seminario di studio Giovani e dipendenze promosso a Roma dal Servizio nazionale per la pastorale giovanile. L’occasione per un confronto e una riflessione sulle dipendenze giovanili ma soprattutto per proporre strumenti concreti e costruire alleanze. Non solo parole, quindi, ma fatti che a partire dal gennaio del 2026 si espliciteranno in un percorso di ascolto promosso assieme da Cei, Caritas Italiana, Fict (Federazione italiana comunità terapeutiche) e Cnca (Coordinamento nazionale comunità accoglienti), attraverso laboratori territoriali ai quali parteciperanno studenti, famiglie, insegnanti, educatori e referenti diocesani: ascolto dei giovani, raccolta delle buone prassi nei territori, successiva lettura dei dati, restituzione finale nel dicembre del 2026, come hanno spiegato don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, ed Elisabetta Piccioni, responsabile comunicazione della Fict.

La diffusione di sostanze illegali

«Dobbiamo lasciarci ferire dalla sofferenza delle persone», ha detto Zuppi: «Non bastano calmanti ai problemi, servono progetti che liberano davvero. La repressione da sola non risolve le dipendenze, ci vuole un’alleanza sociale per la speranza. La complessità non si affronta con semplificazioni o polarizzazioni. Serve conoscenza, coraggio e pazienza. Non possiamo perdere gli “incubatori” di umanità: la loro esperienza e motivazione sono un tesoro», ha aggiunto il presidente della Cei citando lo sport come «grande via di socializzazione». Walter Nanni, sociologo Caritas, ha ricordato dati preoccupanti: tra i ragazzi fra i 15 e i 19 anni l’uso di sostanze legali e illegali è diffuso, soprattutto fra i maschi, mentre molte femmine utilizzano psicofarmaci senza prescrizione. Senza parlare dei giovani che, specialmente nei fine settimana, si stordiscono con superalcolici e droghe pesanti.

Coinvolgere i giovani

«Per ricostruire insieme bisogna avere il coraggio di rimettere in discussione il sistema», ha osservato Luciano Squillaci, presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche. Per anni, ha quindi indicato, è stato costruito «un modello fatto di categorie, settori, comparti; un modello frammentato che non parla più ai ragazzi e non parla più tra sé». Ciò che serve oggi, è il coraggio «per rimettere in discussione i presupposti su cui abbiamo costruito i nostri servizi e i nostri percorsi educativi. E farlo non da soli, ma insieme ai giovani, coinvolgendoli davvero nella costruzione dei percorsi, nelle scelte, nelle visioni». Tutto questo significa, ha proseguito Squillaci, fare dei ragazzi non più destinatari passivi, quanto parte integrante del processo, «creando luoghi veri, laboratori, tavoli, spazi di confronto, in cui dirci le cose con sincerità. Perché senza verità non si costruisce nulla. Altrimenti continueremo a immaginare un mondo di cartone, dove persino il Covid non ci ha insegnato il senso del limite e della finitezza. E rischiamo di offrire ai giovani una vita senza fine e quindi senza un fine. Ripartire dalla verità, dalla relazione e dalla co-costruzione è l’unico modo per ricominciare davvero». Di fronte ad un fenomeno così complesso e diffuso serve quindi un approccio integrato, mettendo assieme uffici, parrocchie, gruppi e realtà ecclesiali, il che «non è solo una strategia efficace ma un dovere verso i nostri giovani».

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04 dicembre 2025, 14:57