È in carcere l’orto più bello di Pavia
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Che l’orto cui hanno dato vita appena un anno fa fosse bello e degno di essere valorizzato lo sapevano già, ma che fosse anche “instagrammabile”, per dirla con un neologismo oggi molto in voga, questo no: c’è tutta la soddisfazione di chi sa che si sta facendo un buon lavoro, nelle parole della direttrice dell’istituto di pena di Pavia, Stefania Mussio, che ai media vaticani racconta il segreto del successo di questo progetto, racchiuso tutto nella semplicità: “È un luogo che viene molto curato e che abbiamo desiderato tanto, per questo ha vinto”.
Un luogo dove si sta bene
L’avventura è iniziata poco più di un anno fa con i lavori di spianamento, bonifica e recinzione dei circa seimila metri quadri di cui si compone: “L’idea è venuta un po’ naturalmente, perché era un peccato vedere quell’area così grande completamente inutilizzata, poi perché il nostro cappellano (don Dario Crotti ndr) è anche un agronomo – racconta ancora - e infine perché l’attività manuale in genere fa bene ai detenuti, l’orto inoltre, con il fatto che si deve attendere la crescita delle piante che poi si possono utilizzare in cucina, ha un grande valore a livello educativo”. A lavorarci a tempo pieno sono cinque ristretti che sono cambiati nel tempo – siamo pur sempre in una casa circondariale – seguiti oltre che dal cappellano, anche da due volontari, un’educatrice e naturalmente la polizia penitenziaria: “Sono persone tra l’altro che hanno un disagio personale forte – spiega la direttrice – e pensarli all’aria aperta a impegnarsi anziché in cella a rimuginare è una bella soddisfazione”. Uno di loro, pensando al proprio tempo passato nell’orto, ha scritto: “Ho baciato la terra, ho guardato il cielo azzurro, ho respirato profumi nuovi, io qui mi sento bene”.
Il motto del progetto: “Coltiviamo speranza”
Ed è così che a partire dalle prime semine autunnali come fave, spinaci, carciofi e piselli, l’orto ha preso vita senza dimenticare piante puramente ornamentali come le viole: “L’inglese che ha una sola parola per indicare orto e giardino, cioè ‘garden’, ci insegna che questo spazio deve essere non solo funzionale, ma piacevole – prosegue la direttrice – un vero luogo dove incontrare la bellezza che possa essere fruito dall’intera popolazione carceraria, non solo quella ristretta”. Grazie ad alcune associazione come Azione Cattolica che hanno recuperato attrezzi quali zappe, vanghe, rastrelli, carriole e annaffiatoi, l’orto ha preso il via, si è fatto notare e non ha alcuna intenzione di fermarsi: “Stiamo pensando a qualche copertura, poi alla sistemazione di panchine, vogliamo che sia un luogo di incontro e aggregazione”, ribadisce la direttrice.
La protezione del Beato Rosario Livatino
La premiazione del concorso “Orto bello” si è svolta il 21 settembre scorso, ricorrenza dei 35 anni dalla morte del Beato Rosario Livatino, una figura alla quale a Pavia sono particolarmente legati: due anni fa, infatti, durante la sua peregrinatio per l’Italia, una sua reliquia si fermò in questo carcere e davanti a lei venne a pregare uno degli esecutori materiali dell’assassinio del giudice, Paolo Amico, detenuto a Milano, che sta facendo un suo importantissimo personale percorso di rinascita. “Il cappellano mi ha fatto notare questa coincidenza, è una memoria che ci accompagna – conclude Mussio – don Dario usa sempre parole positive, parla di speranza soprattutto in questo Anno Santo, ma in carcere come si potrebbe non parlarne? Se la speranza non c’è è tutto finito, non avrebbe senso neppure il nostro lavoro e il mandato istituzionale che ci è stato affidato”.
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