L'illustrazione di Giulia Cabrini alla copertina del libro "Una storia Chiara. Amare di più" L'illustrazione di Giulia Cabrini alla copertina del libro "Una storia Chiara. Amare di più"

"Una storia Chiara", di papà Gianluca: il limite ha un senso, non è un errore

La morte della 19enne Chiara Galimberti, con sindrome di Down, apre una stagione feconda di elaborazione del lutto, confluita in un libro. "A volte mettiamo queste storie nella categoria di quelle emotivamente belle, ma tutto finisce lì. Invece, i piccoli sono profeti e ci dicono qualcosa di 'politico', su come si costruiscono le relazioni nella polis", racconta il padre, ex sindaco di Cremona. "La speranza è leggere le perle di amore riversate nella vita e avere uno sguardo nuovo, di cura"

Antonella Palermo - Città del Vaticano

Elaborare un lutto è elaborare la vita. Lo racconta fuori da ogni idealizzazione Gianluca Galimberti, che il 3 novembre 2024 ha perso la figlia Chiara, diciannovenne, dopo un malore improvviso. Ragazza con la sindrome di Down, ha dato luce alla famiglia, alla mamma Anna, ai due fratelli Marco e Giovanni. Ricordarla non è essere inchiodati al passato, ma vivere radicati nel presente, ancora di più, con più consapevolezza e senso. "Oggi la consolazione più grande è l’amore delle persone che mi stanno vicino e lavorare con tanti giovani che sono fonte di motivazione e di speranza", spiega l'insegnante liceale di Fisica, tornato in cattedra dopo due mandati, dal 2014, a sindaco della sua città, Cremona.  

Quell'andare in tandem

Cita il versetto biblico tratto dalla Lettera ai Romani, papà Gianluca, quello della speranza "che non delude". Uno di quei versetti mirabili, forse sulle labbra anche di tanti non credenti. Lui ci crede, animato da una fede non sbandierata ma che davvero lo innerva completamente. "La speranza è la capacità di leggere dentro la storia quelle perle di amore che vi sono state riversate. Non è rivolta al futuro ma è uno sguardo nuovo per ciò che c’è". La nostalgia coesiste con la profonda riconoscenza per ciò che è stato ricevuto e il profondo desiderio di rimetterlo in circolo, di non fiaccarsi. Riaffiorano alcuni temi scolatici di Chiara: in uno, ricorda il padre, lei descrive per esempio ciò che la rende felice e libera. "Era l’andare in tandem con noi. In un’altra circostanza le chiedevamo: 'cosa ti rende felice?'. Stava mangiando una mela. Rispondeva: 'mangiare una mela'. Possono sembrare cose edulcorate o minimaliste ma non lo sono. Non sono cose da trascurare. Perché ti consentono di gustare ciò che ritieni ovvio e scontato e non lo è. Anche ciò che risiede in una carne affaticata o malata. E che ti richiama al desiderio di cura".

Prendersi cura dell'altro dà spessore alla vita

Aveva grande energia e dolcezza, Chiara, e una passione forte per il teatro. La sua scomparsa prematura scompagina gli equilibri familiari ma poi li riconfigura: "Abbiamo imparato qualcosa che va al di là di noi e riguarda le relazioni tra tutti: che gli istanti della vita sono costellati nella gioia, e anche nel dolore, di momenti che vanno tenuti assolutamente cari e sono a volte, non sempre, i momenti più semplici. E, se sono quelli segnati dalla sofferenza, vi si ritrova non un perché ma un senso: il bisogno di essere legati ancora di più", racconta papà Gianluca, che ha travasato questa esperienza nel libro autoprodotto a maggio scorso: "Una storia Chiara. Amare di più" (edizioni Tapirumé). La scrittura anche come terapia: "Ciò che ci sembra stiamo elaborando riguarda il fatto che la morte di una persona cara è anzitutto una questione di elaborazione della vita, di ripensamento di come si è vissuto con quella persona. L’onda che rimane dentro ha il sapore dell’eternità, da riscoprire in maniera nuova anche dentro una mancanza". E non è solo l’esperienza di famiglia che va ripensata ma quella più estesa di comunità: "Il prendersi cura dell’altro - insiste -, e lasciare che l’altro si prenda cura di te, dà spessore all’esistenza". 

Illustrazione di Giulia Cabrini
Illustrazione di Giulia Cabrini   (ILLUSTRAZIONI DI GIULIA CABRINI)

I piccoli sono profeti, la fragilità è una potenza

Riflessioni tanto necessarie, quelle di Gianluca, quanto più si sperimenta la liquidità dell'esistenza, l'evaporazione del soggetto, la svalutazione della sacralità dei corpi altrui dietro forme di compensazione narcisistiche e virtuali. Colloquiando con Galimberti, scatta quella sintonia condivisa riattinta nelle pagine di Bonhoeffer, "quel senso profondo dell’incarnazione di cui parlava, quando diceva che noi abbiamo portato Dio sempre più in là, quasi estraniandolo dalla vita di ogni giorno. Invece, come diceva don Mazzolari, bisogna riscoprire profondamente, nell’essere carne, cosa significa la rivoluzione di uno sguardo nuovo sulle cose". Quanto entra tutto questo negli adolescenti, al netto di ogni generalizzazione? Il professore sposta l'accento: "La domanda è come far acquistare la passione del vivere in chi non ce l’ha. Mi sembra che la grande questione oggi sia: 'come tu adulto stai vivendo l’idea che le fragilità non sono qualcosa scartare?'. La storia di Chiara si fonda infatti sulla centralità dei più piccoli che diventano profeti. Una comunità che allora dice che siamo tutti fragili - osserva Gianluca - non è una comunità debole ma è una comunità che riscopre il desiderio di legami aperti, con realismo. La fragilità è una potenza. Dà una gioia che è molto di più della felicità. Il mondo degli adulti si sta interrogando su questo? Il vero problema degli adolescenti di oggi, mi sembra, sono gli adulti".

Dal lutto privato ad una rinnovata logica di democrazia

La sfera intima si ripercuote su quella pubblica. Perché non siamo monadi, e lo sa bene uno come Galimberti che ha all'attivo anche il ruolo di presidenza nell'Azione Cattolica diocesana e nella “Casa Famiglia S. Omobono” (Fondazione per l’aiuto a donne sole e ai loro figli) nonché di fondatore, sempre a Cremona, del laboratorio Partecipolis, di partecipazione civile in città. Il ricordo di Chiara diventa anche una responsabilità di vivere all’altezza della vita, spiega ancora il papà. "La storia di Chiara è la storia dei piccoli che dicono qualcosa di ‘politico’, qualcosa che costruisce la polis. A volte noi prendiamo queste storie e le mettiamo dentro la categoria di quelle emotivamente belle ma poi tutto finisce lì. Invece - precisa Gianluca - sono storie che raccontano una parola nuova rispetto a come possiamo vivere oggi". E aggiunge che "se le politiche sono imperniate su queste idee, allora le parole che usiamo devono essere parole meno violente, le frasi che usiamo meno di conflitto, la ricerca della verità per il bene, che non è solo il mio, diventa così centrale". Si tratta semplicemente di guardare dal proprio orto all’orto di tutti. Così l'esperienza privata del venir meno di una ragazza come lei diventa esperienza di "una rinnovata logica di democrazia. Stiamo perdendo fortissimamente e velocemente, il senso del bene comune. In maniera feroce, drammatica, ciò che conta è solo il mio interesse. Non è quella la felicità. Agli adulti dico di cambiare testa, e di farlo in fretta".

Illustrazione di Giulia Cabrini
Illustrazione di Giulia Cabrini   (ILLUSTRAZIONI DI GIULIA CABRINI)

Il limite ha un senso, non è un errore

In un tempo in cui le immagini dai luoghi di conflitto rischiano di anestetizzare le coscienze, di fronte all'annientamento di corpi mescolati a macerie - proprio mentre, secondo un paradosso che ha del perverso, sembrano affermarsi con audace pervasività correnti legate al transumanesimo, al tentativo di ricerca dell'immortalità a ogni costo - come 'obbedire' a un corpo giovane che se ne va? Torna il tema dell'individualismo sfrenato: "È il superamento del senso del limite. Non abbiamo imparato nulla. Il limite non è un errore, qualcosa da evitare. Il senso del limite ti dà la possibilità di gustare l’istante. Vita e morte sono profondamente connesse: se io affronto la paura della morte, affronto pure quella del vivere. L’istante - conclude Galimberti - non si può trattenere: è un limite ma è anche la mia forza". Parole di fisico della materia, di una persona che continua a tenere insieme la scienza con l'etica. "In un periodo in cui si bombardano i popoli e si torna a dimensioni di sovranismo molto chiuso e molto violento", il messaggio di Galimberti è infarcito di un timore più che fondato: "Gli strumenti tecnologici che abbiamo a disposizione sono enormi, non vorrei che alla fine l’uomo, a furia di non imparare, costruisse qualcosa che rischia di distruggerlo". 

Il libro di Gianluca Galimberti è gratuito, con volontarie donazioni a tre associazioni: Associazione Giorgia, Associazione Futura ODV, Gruppo Up.

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20 settembre 2025, 10:23