La folla si raduna vicino lo stadio di Glendale per i funerali di Kirk La folla si raduna vicino lo stadio di Glendale per i funerali di Kirk  (CHENEY ORR)

Usa, duecentomila persone per i funerali di Charlie Kirk

L’attivista era stato ucciso lo scorso 10 settembre. La moglie, Erika, perdona l'assassino, mentre Trump alza i toni: "Io odio i miei avversari e non voglio il meglio per loro"

Guglielmo Gallone - Città del Vaticano

Circa 200.000 persone si sono radunate ieri attorno allo stadio degli Arizona Cardinals dove si è svolto il funerale di Charlie Kirk, l’attivista conservatore ucciso in un attentato lo scorso 10 settembre. Presenti anche i vertici dell’amministrazione statunitense, a partire dal presidente, Donald Trump, fino al suo vice, J.D. Vance, a Tulsi Gabbard, direttrice dell’intelligence nazionale, e Marco Rubio, segretario di Stato.

Il perdono di Erika Kirk, le accuse di Donald Trump

La moglie della vittima, Erika, prima ha ricordato come «Charlie voleva salvare i giovani come quello che gli ha tolto la vita» e poi si è rivolta idealmente a Tyler Robinson, il 22enne accusato dell’omicidio, contenedo le lacrime ma dicendo «lo perdono» perché «è ciò che Charlie avrebbe fatto». La signora Kirk ha inoltre promesso di portare avanti la missione del marito, assumendo la guida di Turning Point USA, l'organizzazione non a scopo di lucro fondata dallo stesso Kirk con lo scopo di sostenere e diffondere idee di stampo conservatore nelle scuole e nelle università degli Stati Uniti. Il mondo, ha detto Erika, ha bisogno «di un gruppo che indichi ai giovani una via diversa dalla miseria e dal peccato». Dopo l’omicidio, l’organizzazione ha ricevuto decine di migliaia di richieste da studenti interessati a fondare sezioni nei propri campus. Più aspri invece i toni di Trump, che ha evidenziato come l’attivista conservatore «non odiava i suoi avversari, voleva il meglio per loro», ha detto, «ed è qui che non sono d’accordo con Charlie. Io odio i miei avversari e non voglio il meglio per loro. Mi dispiace, Erika», ha concluso Trump, alimentando il timore che il Paese sia entrato in una nuova fase di pericolosa radicalizzazione.

Sull'orlo della guerra civile

L’omicidio di Kirk si inserisce in una spirale già caratterizzata da una pericolosa violenza politica che, nell’ultimo anno, ha toccato figure di entrambi i partiti: dal governatore democratico della Pennsylvania Josh Shapiro alla tentata aggressione contro l’ex segretario di Stato Mike Pompeo, fino al marito di Nancy Pelosi e allo stesso Trump, sopravvissuto a un attentato durante un comizio nell'estate 2024. Ora l'assassino di Kirk, Tyler Robinson, è accusato di omicidio aggravato, uso illecito di arma da fuoco, ostruzione alla giustizia e inquinamento delle prove. Secondo le autorità, il 10 settembre avrebbe sparato a Kirk dal tetto di un edificio del campus della Utah Valley University a Orem, mentre l’attivista stava parlando. I procuratori hanno annunciato che chiederanno la pena di morte. Ma il caso Kirk va oltre la cronaca nera o il problema delle armi negli Usa. La sua uccisione rappresenta un drammatico campanello d’allarme per un Paese sempre più incapace di ascoltarsi e dialogare. Negli Stati Uniti la contrapposizione politica si è trasformata in un conflitto culturale, dove l’avversario non è più un interlocutore da convincere, bensì un nemico da abbattere. Molti interventi, durante la commemorazione di ieri, hanno dunque avuto un tono combattivo e hanno annunciato una possibile reazione a quanto successo. Un aspetto preoccupante che, se davvero attuato anche grazie alla facilità con cui gli Usa danno libero accesso alle armi, potrebbe aggravare ancor più lo stato di un Paese già a tratti destabilizzato.

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22 settembre 2025, 12:45