Nella foto da sinistra Filippo Giordano, Giacinto Siciliano, monsignor Luca Bressan, Massimiliano Menichetti e Alessio Lasta Nella foto da sinistra Filippo Giordano, Giacinto Siciliano, monsignor Luca Bressan, Massimiliano Menichetti e Alessio Lasta

Carcere, in un libro volti di povertà e di speranza che segnano una rinascita

A Milano, nella Basilica di Sant’Ambrogio, presentato il volume "I volti della povertà in carcere" delle Edizioni Dehoniane Bologna, con le foto di Matteo Pernaselci e i testi di Rossana Ruggiero e il racconto delle storie dei detenuti a San Vittore. Aperta anche la mostra fotografica, esposta nell’Atrio di Ansperto della Basilica fino al prossimo 2 novembre

Marina Tomarro - Milano

Una rosa fatta con gli scarti delle saponette e uno stelo ricavato dal legno della cassetta per la frutta. È così che si presenta Giuseppe , uno dei quattro custodi presenti all'incontro sul libro “I volti della povertà in carcere” , che si è tenuto ieri sera in uno dei luoghi più rappresentativi della città meneghina: la Basilica di Sant'Ambrogio. "Ho passato tanti anni in carcere purtroppo - racconta emozionato - e li devi imparare a non buttare nulla e riutilizzare ogni cosa. Come il sapone, la plastica o il pane raffermo. Nel carcere a volte il cibo viene sprecato e allora non riutilizzarlo?". E da questa idea è nato un piccolo laboratorio che da una nuova vita al pane avanzato: “Nascono crostini, torte di pane, focacce che mi ricordano quella di Bari, la mia città, e niente viene buttato”. Giuseppe è uno dei protagonisti delle foto del libro e insieme ad Alessandro, Said e Massimo, si aggirano lungo l'atrio della Basilica guardando stupiti ed emozionati quelle foto esposte dove i protagonisti sono proprio loro.

Rossana Ruggiero insieme a Giuseppe
Rossana Ruggiero insieme a Giuseppe

La tenerezza dell'incontro

"Io credo che questa iniziativa sia molto importante perché in qualche modo torna li dove è nata insieme a quelli che sono i veri protagonisti del volume: le persone detenute", sottolinea Rossana Ruggiero, autrice del libro. "Dalla nascita di questo progetto sono passati ben quattro anni, e anche le loro storie nel mentre sono andate avanti. Qualcuno purtroppo ci ha lasciato come Francesco, altri sono tornati liberi e hanno trovato con molta fatica la loro strada. Questa serata testimonia come il metodo dell'incontro e della tenerezza, ispirato da Papa Francesco, che è sempre stato attuato quando abbiamo raccolto le testimonianze del libro, abbia dato i suoi frutti".

Lavorare sulla prevenzione e sul dopo carcere

L'incontro che è stato diviso in tre momenti: “Voci di oggi”, “Voci di ieri”, “Voci di domani”. Tra i vari relatori, presente anche  Giacinto Siciliano , provveditore regionale degli Istituti penitenziari di Lazio, Abruzzo e Molise. "Questo volume - racconta - nasce da un incontro casuale con i due autori in un bar in una fredda mattina qui a Milano. Da quel primo confronto, in cui ho spiegato loro la situazione delle persone che sono in carcere, spesso in situazioni molto difficili, dove la povertà incontra il disagio psicofisico e non ci sono aiuti per farli vivere dignitosamente, abbiamo deciso di raccontare alcune storie, con delicatezza, entrando in relazione con loro, e raccogliendone storie, emozioni, sogni e speranze". Ciò che emerge da questi ritratti è la necessità e l'importanza della prevenzione. Il lavorare, prima, per evitare che soprattutto i più giovani finiscano dietro le sbarre e, dopo, perché una volta usciti non tornino più in cella. "Dare voce e volto - continua a spiegare il provveditore - vuol dire riconoscere una persona in quello che è, nei suoi bisogni, nelle sue fragilità, nei suoi punti di forza spesso sconosciuti. Vuol dire essere dove spesso non si è, riempire un vuoto che sarebbe riempito in ogni caso, da altri, in modi diversi. È quindi necessario elaborare nuove strategie di intervento, agganciare le fragilità prima che sia troppo tardi, valorizzare il tempo carcere, e preparare il fuori".

Ascolta l'intervista a Giacinto Siciliano

Andare oltre il pregiudizio

L'incontro è stato aperto da monsignor Luca Bressan, vicario episcopale dell'Arcidiocesi di Milano, che ha sottolineato come spesso il carcere sia visto solo come un luogo punitivo mentre dovrebbe essere l'occasione dove chi sta pagando il suo debito con la giustizia possa incontrare anche lo sguardo dell'altro, che gli dia la possibilità di mutare la propria vita. "Iniziare un percorso di redenzione - ha spiegato monsignor Bressan - non è facile. A volte di fronte a fati di cronaca particolarmente dolorosi c'è spesso solo rabbia e vendetta. Invece bisognerebbe volgere questa logica in un sentimento di pietà cristiana e dare la possibilità di un cambiamento anche a chi ha sbagliato molto". Intervenuto anche Filippo Giordano, direttore del Dipartimento di giurisprudenza, economia, politica, e lingue moderne dell'Università Lumsa. "Spesso - ha osservato - ci sono molti pregiudizi verso le persone detenute. Solo entrando in carcere incontrando e parlando con loro e gli operatori si è in grado di passare dal pregiudizio a una basata valutazione su elementi di realtà di cosa è questo luogo".

La persona non il reato

Massimiliano Menichetti, vicedirettore dei media vaticani e responsabile di Radio Vaticana e Vatican News , intervistato dal giornalista Alessio Lasta, ha spiegato in che modo, attraverso la radio e il portale, viene raccontata la realtà carceraria. "Lo scopo della Radio Vaticana - ha spiegato Menichetti - è quello di portare la voce del Papa nel mondo e di non lasciare nessuno da solo. Questo lavoro è diventato anche un video podcast, dove si può vedere e ascoltare i protagonisti del volume con le loro storie. Sono trent’anni che ci occupiamo di carcere. Abbiamo due rubriche “I cellanti” e un altra dal titolo provocatorio “Il Vangelo dentro”, dove sono i detenuti a commentare il vangelo. E questo è possibile grazie alle numerose associazioni che collaborano con noi. Una cosa che non facciamo mai è dire il reato di quella persona che è in carcere, perché anche chi commette una colpa grave, non è ciò che ha fatto, ma resta sempre un uomo o una donna con un suo percorso di vita ". La serata è stata conclusa dalla voce di chi vive ancora la realtà del carcere. "Io sono detenuto a San Vittore - ha raccontato Milan che era seduto tra il pubblico con un permesso speciale - quando finirà questo incontro, io tornerò nella mia cella, dove ci sono altri compagni. Io sono tra i più fortunati perché sono in un reparto dove le porte sono aperte e possiamo passeggiare nei corridoi. Abbiamo imparato la fatica di non essere liberi e quanto questa parola sia importante. Ma oltre quella fisica, dobbiamo lavorare sulla libertà mentale, di sentirci uomini nuovi, con la possibilità di cambiare vita. È questo il percorso verso cui ci prepariamo negli anni che passiamo dentro E sono iniziative come questa che ci donano la speranza di un domani diverso anche per noi”.

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18 ottobre 2025, 12:03