Messico, una guerra a bassa intensità
Giada Aquilino - Città del Vaticano
Una «guerra a bassa intensità». Federico Nastasi, ricercatore del Centro studi di politica internazionale - Cespi, docente alla Universidad Autónoma Metropolitana Unidad Xochimilco di Città del Messico e giornalista, legge così i dati delle autorità del Messico sulle persone scomparse nella nazione latinoamericana dal 1952, anno di inizio del monitoraggio ufficiale, ad oggi: 134.000, di cui oltre 14.000 durante il primo anno di governo della presidente Claudia Sheinbaum. «È una delle “epidemie” che vive il Paese, causata, tra l’altro, dalla tratta di persone a fini di sfruttamento, dagli omicidi dei gruppi criminali, dalla corruzione», spiega l’analista dalla capitale messicana nel corso di una conversazione con i media vaticani.
«Una parte rilevante di questo Paese, soprattutto il centro-nord, si trova in una situazione in cui i cartelli del narcotraffico esercitano un potere che a volte supera quello dello Stato: la gente qui spesso dice che ci sono delle specie di “zone rosse” in cui non si può andare» a causa dell’insicurezza. «Accendendo la radio tutte le mattine è possibile ascoltare le testimonianze di persone che denunciano la scomparsa di un familiare, avvenuta magari il giorno prima».
Sparizioni e omicidi
Nonostante la nomina di un nuovo procuratore per investigare il caso, rimane ancora irrisolta — ricorda Nastasi — la scomparsa di 43 studenti della scuola rurale di Ayotzinapa, di cui a fine settembre è ricorso l’11mo anniversario. Era il 2014 quando, secondo le indagini, a Iguala, nello Stato di Guerrero, la polizia intervenne dopo che un gruppo di studenti aveva cercato di requisire alcuni autobus per raggiungere una manifestazione: nel blitz rimasero uccisi 6 giovani, mentre il resto finì nelle mani di criminali della zona dediti al traffico di eroina verso gli Stati Uniti.
Ancora oggi i numeri rimangono alti. «Ci sono dalle 40 alle 45 persone scomparse ogni giorno», fa notare il ricercatore del Cespi, registrando al contempo una sorta di «rassegnazione» da parte della gente di fronte a una «violenza che ormai fa parte del panorama quotidiano», anche se si evidenzia «un attivismo di gruppi di persone, i cosiddetti buscadores, che si organizzano in collettivi e cercano i loro parenti scomparsi». «Una cosa che purtroppo succede — prosegue — è che relativamente spesso si scoprono fosse comuni in cui sono seppelliti dei corpi, alcuni dei quali non vengono riconosciuti». C’è infatti da osservare, aggiunge, che a proposito delle statistiche, di quelle 134.000 persone scomparse «72.000 in realtà sono corpi di persone uccise, che però non sono stati mai riconosciuti e quindi non vengono qualificati come omicidi». «Il governo della presidente Sheinbaum — riporta — dichiara che il tasso di omicidi si è ridotto del 25% nell’ultimo anno, passando da circa 98 omicidi giornalieri nel 2024 a 68 del 2025: ma parallelamente si è registrato un aumento degli scomparsi del 16% nello stesso periodo, 40 persone al giorno».
Il controllo del territorio
L’agenzia di stampa Afp attribuisce alla violenza criminale 30.000 omicidi all’anno. Ad agire, al di là delle cifre di fatto difficili da verificare, sono «i grandi cartelli del narcotraffico, come Jalisco Nueva Generación o i Chapitos (eredi di Joaquín “El Chapo” Guzmán, cofondatore del cartello criminale di Sinaloa, detenuto in un penitenziario di massima sicurezza negli Stati Uniti, ndr), per i quali esistono delle “mappe” che mostrano le aree di influenza nel Paese». In alcuni territori, aggiunge Nastasi, «la violenza è più alta perché sono contesi tra diversi cartelli», in altri vige «una specie di “pace armata”, in cui non c’è “concorrenza” di altri cartelli per il controllo del territorio: ma anche in quei casi si verificano estorsioni nei confronti di piccoli commercianti, per esempio i tassisti, che non pagano il derecho de piso, una sorta di pizzo, e rischiano la vita».
Nei giorni scorsi — e quando il Paese si prepara ad accogliere i mondiali di calcio 2026, che il Messico co-organizzerà con gli Stati Uniti e il Canada dall’11 giugno al 19 luglio del prossimo anno — gli edifici giudiziari della città di confine di Tijuana, nello Stato della Bassa California, punto di passaggio chiave verso gli Stati Uniti e snodo del traffico criminale di droga, sono stati attaccati con dei droni. La criminalità organizzata ricorre sempre più spesso a questi dispositivi senza pilota: secondo un rapporto di Insight Crime, proprio il cartello Jalisco Nueva Generación ne fa uso almeno dal 2020 attraverso una sorta di “divisione dedicata” all’utilizzo e al lancio di esplosivi artigianali. «Di queste armi di ultima generazione ne fanno addirittura una dimostrazione di forza sui social. Su tutto ciò si è aperto comunque un ampio dibattito, perché — osserva — molte di queste armi sono di fabbricazione statunitense: si parla dei flussi alla frontiera e del Messico che inonda di droga o di insicurezza gli Stati Uniti ma di fatto, fanno notare molti analisti messicani, c’è anche un rapporto che funziona al contrario».
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui