Sudanesi sfollati dopo la caduta di El Fasher Sudanesi sfollati dopo la caduta di El Fasher

Darfur, è strage di civili. Le Nazioni Unite denunciano esecuzioni sommarie

Dopo la conquista di El Fasher da parte delle milizie Rsf, l'Onu parla di possibili uccisioni di massa. La crisi umanitaria peggiora giorno dopo giorno e le organizzazioni umanitarie non riescono a far fronte all'emergenza. Medici senza frontiere: chi arriva in ospedale è in condizioni disperate. La maggior parte ha bisogno di interventi chirurgici, e il nostro team chirurgico lavora senza sosta

Sara Costantini - Città del Vaticano

Ci sono città che muoiono in silenzio, senza che il mondo se ne accorga.  El Fasher, capitale del Darfur settentrionale, nel nord-ovest del Sudan, caduta il 28 ottobre scorso nelle mani delle Forze di supporto rapido (Rsf) dopo 18 mesi di assedio, è una di queste: ridotta in macerie, tagliata fuori da ogni comunicazione, teatro di efferate violenze e atrocità contro la popolazione civile. Le testimonianze dei sopravvissuti che hanno raggiunto la vicina Tawila parlano di stragi di massa, di bambini uccisi davanti ai genitori, di famiglie costrette ad abbandonare tutto per sfuggire alla violenza dei miliziani. Le Rsf avrebbero poi dichiarato di aver arrestato alcuni dei loro combattenti che si sono macchiati di "violazioni avvenute durante la liberazione" di El-Fasher. Il provvedimento è stato presentato come parte di un'inchiesta interna volta a chiarire le responsabilità dei combattenti.

Centinaia di esecuzioni

Dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite arriva l'atroce denuncia di esecuzioni sommarie e di uccisioni di massa. Centinaia di civili sudanesi e di combattenti disarmati potrebbero essere stati assassinati durante la conquista della città. "Stimiamo - ha detto il portavoce dell'Ohchr, Seif Magango - che il bilancio delle vittime tra i civili e coloro che sono stati messi fuori combattimento durante l'attacco delle RSF, così come nei giorni successivi alla presa, potrebbe ammontare a centinaia". Testimoni confermano, inoltre, "che il personale di RSF avrebbe violentato donne e ragazze sotto la minaccia delle armi, costringendo gli sfollati rimasti, circa 100 famiglie, ad abbandonare il luogo tra sparatorie e intimidazioni nei confronti dei residenti più anziani".

L'emergenza umanitaria 

«Dopo la caduta di El Fasher, come previsto, stiamo ricevendo un numero enorme di civili feriti», racconta Giulia Chiopris, pediatra italiana di  Medici Senza Frontiere (Msf) , in servizio nel presidio sanitario alle porte di Tawila, a circa sessanta chilometri dalla città. «Per questo motivo abbiamo costruito un posto di salute dove effettuiamo il triage di ogni paziente e riferiamo i casi più critici. Stiamo anche effettuando lo screening di tutti i bambini sotto i cinque anni: ieri, praticamente, il 100 per cento di loro era malnutrito, in forma grave o moderata». Le parole della dottoressa rendono la misura di un disastro umanitario che travolge un'intera generazione. «Abbiamo accolto due gruppi di fratelli, tre e tre, tutti orfani. Hanno perso la loro intera famiglia a El Fasher. E questo sta accadendo sempre più spesso», spiega. I bambini arrivano esausti, con il corpo devastato dalla fame. «Le persone ci raccontano di essere sopravvissute a torture, di essere state colpite da armi da fuoco durante la fuga, di aver dovuto mangiare mangime per animali per sopravvivere. Molti arrivano in ospedale in condizioni disperate: la maggior parte ha bisogno di interventi chirurgici, e il nostro team chirurgico lavora senza sosta». Intanto, la crisi umanitaria cresce di ora in ora. Le strutture mediche rimaste operative faticano a far fronte al numero di feriti. «Da ieri e oggi abbiamo ricevuto principalmente adulti con ferite da arma da fuoco o da bombardamenti», riferisce ancora Chiopris. «Molti arrivano in condizioni disperate, dopo giorni di cammino, disidratati, con infezioni gravi». Dal Darfur settentrionale emerge un'emergenza umanitaria in cui fame e violenza si intrecciano. I bambini, privati ​​di cibo e protezione, ne sono il volto più tragico: «Vediamo tantissimi casi di malnutrizione acuta», racconta la pediatra, «e non possiamo restare indifferenti».

El Fasher, il dramma nascosto

Dietro i numeri e i referti clinici si nasconde anche il dramma di chi soccorre. «Per il nostro personale è davvero difficile lavorare - prosegue Chiopris - alcuni hanno ancora familiari e amici a El Fasher, altri hanno saputo che i loro parenti sono stati uccisi, altri ancora hanno perso i contatti. L'atmosfera in ospedale è pesante, ma tutti continuano a dare il massimo».Secondo i dati diffusi da Msf , solo poche migliaia di persone sono riuscite a fuggire negli ultimi dieci giorni, un numero irrisorio rispetto alle oltre 250.000 che, fino a poche settimane fa, si stimava fossero ancora intrappolate in città. 

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31 ottobre 2025, 13:10