Ennesimo naufragio nel Mediterraneo, 40 le vittime Ennesimo naufragio nel Mediterraneo, 40 le vittime

Migranti, il vescovo Perego: "Non guardiamo altrove, ma costruiamo canali umanitari"

Ennesima tragedia del mare. Al largo delle coste tunisine è naufragata un'imbarcazione con a bordo 70 persone, solo 30 sopravvissute. Il presidente della Fondazione Migrantes: "Non abbandoniamoli ai trafficanti di esseri umani, ma rendiamo il Mediteranno una strada sulla quale accompagnarli con navi provenienti da tutta l’Europa"

Pietro Piga - Città del Vaticano

Nel Mar Mediterraneo sono annegati 40 migranti. Erano uomini, donne e neonati, disperati ma desiderosi di ricominciare a vivere, lontani dalla miseria, dallo sfruttamento e dalla violenza. Erano stipati su un’imbarcazione di fortuna, sovraffollata, che ieri pomeriggio, 22 ottobre, si è capovolta mentre navigava al largo della costa di Salakta, un villaggio vicino a Mahdia, nel sud-est della Tunisia. Sono morti lungo un tratto della rotta migratoria più trafficata e pericolosa, quella del Mediterraneo Centrale. Le autorità tunisine hanno tratto in salvo 30 persone dal naufragio, su cui la Procura di Mahdia ha aperto un’indagine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per traffico di esseri umani.

La riflessione di monsignor Perego

Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), intervistato dai media vaticani, riflette sul fatto che "ancora una volta guardiamo altrove, e non le persone che sono in fuga dai Paesi nei quali i diritti fondamentali non sono tutelati e nei quali hanno perso tutto per i disastri ambientali e le guerre. Ancora una volta non vogliamo creare canali umanitari e legali d’ingresso, ma preferiamo costruire dei muri, dimenticando che i migranti, come hanno ricordato Papa Francesco e Papa Leone XIV, sono una benedizione". Questo tragico episodio allunga l’elenco delle vittime nel Mar Mediterraneo: quest’anno, al momento, sono 4.049 le persone decedute in mare. Dal 2014 a oggi, secondo Missing Migrants, il progetto dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), i morti sono 73.316. Di questi, 29.777 cadaveri non sono stati recuperati. Per bilanciare il rispetto delle leggi e la compassione nei confronti di chi scappa dalle crisi umanitarie e dalle aree di guerra, "non dobbiamo abbandonare i richiedenti asilo in mano ai trafficanti di esseri umani – afferma monsignor Perego –, ma dobbiamo rendere il Mediterraneo una strada nella quale accompagnarli con le navi provenienti da tutta l’Europa. La parola chiave è accompagnamento, e dovrebbe esserci un piano europeo di accompagnamento. Dobbiamo sperare che la politica, in questo Giubileo, torni sui propri passi". La soluzione dovrebbe partire dai Paesi di provenienza dei migranti "attraverso dei programmi di cooperazione internazionale – prosegue il presidente di Migrantes – ma che dietro non nascondano interessi economici, come quelli energici. Già san Giovanni Paolo II e Papa Francesco lanciarono l’idea di condonare il debito estero che non consente lo sviluppo".

Ascolta l'intervista con monsignor Gian Carlo Perego

La rotta migratoria più mortale

La maggior parte delle vittime si registra proprio nella rotta migratoria del Mediterraneo Centrale, quella attraversata ieri dai migranti. Negli ultimi undici anni, in questo corridoio lungo circa 400 chilometri, che comprende le acque territoriali della Libia, della Tunisia, di Malta e dell’Italia, hanno perso la vita 24.585 persone. Nonostante un calo del 22 per cento degli accessi irregolari nell’Unione europea nei primi nove mesi del 2025, la rotta del Mediterraneo Centrale rimane la più battuta. Da gennaio a settembre 2025, gli sbarchi sono stati 50.900, con partenze concentrate soprattutto dalla Libia, con un aumento del 50 per cento rispetto al 2024, secondo l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex). Davanti a queste tragedie, "la fede - conclude monsignor Perego - deve aiutarci a non perdere la speranza dandoci la spinta per continuare ad agire in favore di corridoi umanitari e a sensibilizzare l’opinione pubblica su come la rigenerazione dell’Europa passa per l’accoglienza e non per il rifiuto. Dobbiamo leggere le migrazioni come il segno di questi tempi, un luogo in cui il Signore si rende presente e ci interroga, facendoci la stessa domanda che Papa Francesco pose a Lampedusa: dov’è tuo fratello?". 

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

23 ottobre 2025, 13:11