Cisgiordania, impennata di attacchi da parte di coloni israeliani
Roberto Paglialonga - Città del Vaticano
Mentre a Gaza — nonostante il cessate-il-fuoco scattato poco più di un mese fa — continua una sorta di conflitto “a intensità variabile”, con costanti raid delle Forze di difesa israeliane (Idf) contro postazioni «terroristiche» di Hamas e Jihad islamica, torna a preoccupare la situazione in Cisgiordania. Da mesi, a seguito della guerra scoppiata il 7 ottobre 2023, è aumentata la frequenza delle incursioni dei coloni israeliani contro i civili palestinesi, le loro case, i loro terreni, con veri e propri assalti armati, espropriazioni di abitazioni, violenze fisiche. E negli ultimi giorni la recrudescenza degli attacchi si è fatta più aspra.
Incendiata la moschea di Hajja Hamida a sud di Nablus
Questa mattina, riporta la Wafa, alcuni settlers hanno assaltato la moschea di Hajja Hamida, tra Deir Istiya e Kafr Haris, a sud di Nablus, dandole fuoco. Stando a quanto racconta Nazmi Salman, un attivista che si batte contro l’espansione degli insediamenti, alcuni abitanti della zona sarebbero intervenuti per impedire che le fiamme si diffondessero in tutto il luogo di culto. Sui muri dell’edificio sono state trovate scritte contro gli arabi, ma secondo «The Times of Israel» anche contro le Idf, che sarebbero ora sempre più impegnate a contenere le violenze dei coloni, dopo aver però spesso lasciato correre le loro aggressioni. "Non abbiamo paura di Avi Blot", si leggeva tra l’altro, in riferimento al generale che comanda le truppe israeliane in Cisgiordania.
Aggressioni dei settlers in aumento
La stagione della raccolta delle olive è tradizionalmente un periodo nel quale si assiste a un’impennata di raid volti ad allontanare i contadini e vandalizzare i campi, ma quest’anno i numeri indicano un fenomeno finito fuori controllo. A ottobre l’Idf ha registrato 86 episodi di "crimini nazionalistici", compiuti da estremisti israeliani, rispetto ai 25 nello stesso periodo dello scorso anno. E dall’inizio dell’anno, i casi sono già stati 704 rispetto ai 675 di tutto il 2024 (dati raccolti da «The Times of Israel»).
L'Idf condanna gli attacchi dei coloni israeliani
A certificare la preoccupazione per operazioni che in questa fase possano avere ripercussioni anche sull’attuazione del “piano di pace per Gaza”, è arrivata la "ferma condanna" da parte del capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, che va ad aggiungersi alle parole espresse ieri anche dal presidente del Paese, Isaac Herzog, sui "fatti gravi e sconvolgenti" in corso in Cisgiordania. Il capo dell’Idf, Eyal Zamir, ha definito "criminali" questi atti, "che contraddicono i nostri valori, oltrepassano una linea rossa e distolgono l’attenzione delle nostre forze dall’adempimento della loro missione", assicurando di voler usare "severità e giustizia".
Rubio: il fenomeno mette in pericolo l'accordo su Gaza
Che il fenomeno rischi di minare l’implementazione della tregua nella Striscia è un timore espresso, poi, dalla Casa Bianca, che da giorni sta spingendo per l’avvio rapido della “Fase 2”. Lo ha affermato il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, a margine del G7 in Canada, sottolineando come le ripercussioni di quanto accade nei villaggi palestinesi della Cisgiordania siano "tali da compromettere ciò che stiamo facendo a Gaza. Faremo tutto il possibile per evitarlo".
A Gaza ancora raid dell'esercito israeliano
Tanto più che le violenze nell’enclave non accennano a fermarsi. Raid aerei e colpi di artiglieria da parte dell’Idf si sono susseguiti stamane nelle zone orientali di Khan Younis e nei pressi di una scuola a nord-est di Beit Lahia, al nord. Mentre ieri sera quattro militanti islamisti armati sarebbero stati uccisi a Rafah, dove l’esercito sta operando per distruggere i tunnel di Hamas. Criticità crescenti vengono segnalate anche dal lato umanitario: l’Oms denuncia come più di 900 persone siano morte mentre aspettavano di essere evacuate per ricevere cure mediche.
Comitato Onu contro la tortura mette Israele sotto accusa
A gettare ulteriore benzina sul fuoco arrivano poi le indagini sulle responsabilità nella conduzione della guerra. Israele è stata messa sotto accusa dal comitato Onu contro la tortura, dopo la segnalazione di numerosi resoconti che hanno indicato atti di tortura contro detenuti palestinesi, con un’escalation dopo il massacro di israeliani da parte di Hamas del 7 ottobre. Tra l’altro, tre mesi prima di quell'attacco terroristico, anticipa Channel 12, l’allora capo dello Shin Bet, Ronen Bar, avrebbe inviato al premier, Benyamin Netanyahu, un documento classificato in cui sollecitava cambiamenti di politica nei confronti di Gaza e misure proattive contro i leader di Hamas. Report che però Netanyahu avrebbe deciso di trascurare.
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