L'esperienza di prossimità a chi è fragile ha un potere trasformante nella vita dei più giovani L'esperienza di prossimità a chi è fragile ha un potere trasformante nella vita dei più giovani  Storie di Speranza

Da una sospensione a scuola al Don Gnocchi, per riabilitare le fragilità

Uno studente accumula note disciplinari. L'istituto scolastico lo orienta alla Fondazione che a Milano offre la possibilità di far svolgere ai ragazzi lavori socialmente utili accanto a persone con sindromi di degenerazione cognitiva o con disabilità. Gesti semplici come apparecchiare la tavola, accompagnarle alla cura personale, in palestra o in sala hobby sono affacci salutari. Nel dialogo, soprattutto, Luca esplora vissuti e matura in affettività: mi hanno detto cose che non dimenticherò mai

Daniele Piccini – Città del Vaticano

È una bella giornata di sole a Milano. Luca è contento di andare a scuola, di incontrare gli amici: non vede l’ora che si parli di fine settimana, che si organizzi qualcosa insieme per il sabato. Oggi poi c’è anche l’ora di ginnastica: ci si può rilassare un po’ dopo materie più faticose. Nulla lascia presagire che questa giornata, iniziata come tante altre, sarà invece di ordinaria follia, una di quelle che Luca non dimenticherà facilmente.

Uno scherzo di cattivo gusto

“Federico è il mio migliore amico”, racconta Luca. “Di solito ci aspettiamo all’ingresso della scuola, soprattutto il lunedì, quando la ripresa, dopo il weekend libero, è più difficile, se si entra da soli”. Al duo, per l’ora di ginnastica, si aggiunge anche Sergio, di qualche anno più grande.

“Io, Luca e Sergio - racconta Luca - ci trovavamo in palestra, a ridere e scherzare. Si parlava del più del meno, dell’ultima giornata di campionato di calcio, di quella ragazza che piace tanto a Federico, quando in fondo al corridoio spunta proprio quel ragazzo, quello strano, di cui parlano tutti. Di fatto, non fa nulla per attirare attenzione. Si fa i fatti suoi. Passerebbe, per i comportamenti che ha, del tutto inosservato, se non indossasse quei vestiti che da lontano è difficile capire se sia un ragazzo o una ragazza. I capelli sono lunghi e ogni tanto, ho notato, prima del fine settimana, mette lo smalto nero sulle unghie”.

L’urlo

Sergio oggi è incontenibile, più esuberante del solito. “Quando il ragazzo 'strano' camminando si avvicina a noi – ricorda il giovane – Sergio fa quel gesto, magari un po’ grossolano, ma che si fa tra amici, così, per ridere: con una mano si finge di toccare le parti intime e con l’altra, quando la vittima si china istintivamente per proteggersi, gli si dà un pugno sulla spalla”. Il ragazzo, però, non ride e non gradisce affatto lo scherzo. Già al gesto della mano di Sergio che si avvicina, inizia ad urlare e imprecare come un ossesso. Gli studenti intorno rimangono immobili: tutti guardano in direzione della scena. Lo spazio e il tempo si contraggono e tutti sentono una tensione nello stomaco. “D'accordo, lo scherzo di Sergio non era di buon gusto, ma la reazione di quel ragazzo è stata esagerata e ha attirato l'attenzione di tutti su noi tre”, racconta Luca.

Quelle note disciplinari e una svolta inattesa

È proprio così infatti, la scena ha attirato l'attenzione di tutti, ma soprattutto è arrivata all'orecchio dei professori del Consiglio di classe, che convocano una riunione straordinaria. Qualche giorno dopo, nonostante tutti lo avessero rassicurato che non ci sarebbero state conseguenze, Luca riceve una mail. Arriva dalla scuola: gli viene comunicata la sospensione per una settimana. “È un’ingiustizia!”, grida subito, leggendo la posta elettronica. Luca pensa di non meritarsela e forse ha ragione. “Non sono un santo – riconosce – ma essere sospeso senza aver fatto nulla, solo perché ero lì, non è giusto!”. Il fatto, trovarsi in compagnia delle persone sbagliate in un episodio di bullismo, non sarà forse di per sé determinante - avranno ragionato i professori - ma si aggiunge però, come la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso, ad un curriculm disciplinare non proprio irreprensibile. "In effetti - ammette infine Luca - avevo già almeno una decina di note elettroniche".

Il mandato formativo di educare alla relazione, al dialogo, alla responsabilità è prioritario nel panorama attuale e non sempre viene messo in pratica in maniera adeguata. Perché, è noto, le complessità dell'età adolescenziale e post-adolescenziale sono talmente difficili da districare e, prima ancora, da mettere a fuoco senza pregiudizi e frettolosità liquidatorie, che la possibilità di incapparre nell'errore è costantemente dietro l'angolo, da tutte le parti. La scommessa è andare oltre, indicare strade di inclusività, di crescita autentica oltre gli stigmi.

L’Istituto di Luca contatta subito il Comitato Matteo 25, un ente del terzo settore attivo a Milano e provincia, che smista i ragazzi che devono scontare qualche settimana di lavori socialmente utili in enti accreditati per lo svolgimento di queste attività riparative. Il Comitato riceve dall’Istituto una “scheda tecnica” con la descrizione del provvedimento disciplinare nei confronti del ragazzo. L’Ente si mette subito in contatto con la Fondazione Don Gnocchi di Milano, con la quale ha una convenzione.

Dalla scuola alla Fondazione Don Gnocchi

“La Fondazione ha un progetto attivo da due anni grazie al quale offre ai ragazzi sospesi a scuola la possibilità di svolgere attività in reparti con anziani con demenza oppure con persone disabili. Il progetto è attivo solo a Milano e provincia, ma speriamo di attivarlo anche nelle altre nove regioni italiane dove siamo presenti”, spiega Monica Malchiodi, responsabile a livello nazionale del Servizio di Volontariato e Civile per la Fondazione Don Gnocchi. “Dunque – prosegue Malchiodi - noi riceviamo questa scheda tecnica e valutiamo se il ragazzo ha un profilo compatibile con le persone di cui ci prendiamo cura, che hanno già le loro fragilità e per noi hanno ovviamente la priorità. Successivamente valutiamo l’inserimento e contattiamo la famiglia del ragazzo, per ascoltare la loro versione dei fatti”.

Il primo giorno, quello dell’inserimento, il ragazzo deve venire, preferibilmente accompagnato dai genitori. "Rimangono qui da noi, a seconda della durata della sospensione, da una settimana fino a tre. Spieghiamo alla famiglia – continua la dirigente del Don Gnocchi - che il ragazzo verrà inserito esclusivamente in attività ludico ricreative a sostegno delle persone fragili. Per esempio organizzare tombolate, gare di gruppo di cruciverba, cose così...”. I ragazzi, nelle loro attività, sono sempre accompagnati da un tutor e non possono usare il cellulare, regola contro cui, com'è immaginabile, si concentrano le proteste di tutti.

Fragili tra i fragili

“Nell’anno in corso, a Milano e provincia – spiega ancora Malchiodi - abbiamo già accolto 52 ragazzi, età media 16 anni. Solo uno di loro lo abbiamo giudicato non idoneo. Altrimenti, per ora, tutte le esperienze fatte hanno confermato che il progetto è valido. Anche se arrivano con l’idea di dover espiare una colpa, i ragazzi non si sentono giudicati qui da noi, ma ascoltati e valorizzati per ciò che sanno fare. Se pure sentono di non farcela, ne parliamo insieme e troviamo una soluzione. Alle generazioni di oggi manca il contatto con la fragilità, con le difficoltà della vita. Molti di loro non hanno mai visto un disabile. Da noi i ragazzi scoprono che stare accanto a queste persone, anziane con un principio di demenza o disabili ‘complessi’, ha un significato. Questi giovani vengono calati, forse per la prima volta, nel mondo reale, fuori dai videogiochi e dai social media. Il nostro assunto iniziale è che anche loro sono fragili come le persone di cui ci prendiamo cura, ma con una fragilità diversa”.

Alla fine del periodo di sospensione i ragazzi devono redigere una relazione dove descrivono la loro esperienza. Il Don Gnocchi la consegna all’Istituto di provenienza. “Spesso i docenti ci scrivono – puntualizza Malchiodi – per ringraziarci: l’esperienza fatta dai loro studenti qui da noi è la conferma che la sospensione con assegnamento di lavori socialmente utili era quello che ci voleva”. La statistica dice che la maggior parte dei ragazzi è soddisfatto dell’esperienza fatta, qualcuno infatti torna a fare volontariato. Anche i genitori notano un cambiamento positivo nel loro ragazzo. “Qualche famiglia – conclude la dirigente sorridendo - visti i buoni risultati ottenuti con un figlio, ci manda i fratelli a fare volontariato!”.

Lo scambio giovani-anziani che apre a nuove consapevolezze

“È andata benissimo. È stata un’esperienza assolutamente fantastica”, racconta Luca con entusiasmo. “Già dal primo giorno, quando sono arrivato, ho capito che in quel posto avrei potuto imparare molto di più che dalle ore di lezione a scuola. Ne è valsa la pena anche prendere tutti quei mezzi pubblici per raggiungere il Don Gnocchi”. Luca, durante la sua settimana alla Fondazione, si è preso cura di un gruppo di anziani. “Arrivavo la mattina alle ore 8 e andavo via verso le 13.30. C’era chi aveva l’Alzheimer, chi aveva un po’ di demenza senile, chi altri problemi. Li accompagnavo in bagno o a fare ginnastica, apparecchiavo la tavola per loro, li portavo nella sala comune. Ma soprattutto ci parlavo, tutto il giorno”. Torna alla mente quell'esortazione di Papa Leone nel recente Giubileo del mondo educativo: i maestri devono entrare in contatto con l'interiorità degli studenti, perché senza un incontro profondo delle persone "qualsiasi proposta educativa è destinata a fallire". E come non ricordare quell'alleanza giovani-anziani così cara al suo predecessore Francesco, che ne ha fatto quasi un manifesto, giacché sfruttava ogni occasione buona per rinsaldarla, per indicare in quel patto intergenerazionale la sfida capace di rimettere in moto asfissie, pigrizie, disfattismi, culture dello scarto, indifferenza.

Luca non ha cambiato idea sulla sua sospensione a scuola: continua a pensare che fosse un provvedimento esagerato. Ma ora non importa più. Da una punizione si è sprigionato un raggio di speranza, qualcosa da portare con sé nel futuro. “Ho avuto modo di comunicare, parlare, scambiare opinioni con persone che avevano molta più esperienza di me e con tanta vita vissuta alle spalle. Ho imparato ad avere pazienza. C’era un anziano, per esempio, era un muratore pugliese con l’Alzheimer, una persona davvero in gamba. Ad un certo punto si è messo a piangere e mi ha detto: ‘Non avere mai paura di nulla nella vita!’. Non lo dimenticherò mai”.

(Tutti i nomi dei ragazzi minorenni sono di fantasia)

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11 novembre 2025, 13:00