Repubblica Dominicana, i progetti della Fondazione Avsi per arginare la crisi climatica
Pietro Piga – Città del Vaticano
In sei mesi, i dominicani possono perdere tutto: ogni bene, anche la vita. Sanno che da giugno a novembre sono più in pericolo che in altri periodi dell’anno. Mettono in conto che la stagione ciclonica potrebbe non dar loro tregua: scoperchiare il soffitto della loro casa, lasciarli al buio e isolati, sommergere la loro macchina e devastare i loro raccolti; nel peggiore dei casi, ucciderli. La Repubblica Dominicana si è addestrata nell’ultimo mese della stagione ciclonica, mentre convive con la distruzione lasciata dall’uragano Melissa il 29 ottobre, che ha sprigionato la propria furia sull’isola Hispaniola, colpendo anche il vicino Haiti, oltre che la Giamaica e Cuba. “Per forza e intensità è stato il più potente mai registrato negli ultimi 174 anni, ossia da quando gli uragani vengono monitorati. Per sostenere la popolazione, abbiamo messo in moto le cellule di crisi, stoccando dei materiali, come kit di emergenza”, racconta, ai media vaticani, Mario Di Francesco, il responsabile della Fondazione Avsi nel Paese caraibico. Sulla tutela ambientale e la mitigazione del cambiamento climatico, l’organizzazione non-profit italiana concentra a partire dal 2021 alcuni dei suoi progetti nello Stato dove ha svolto la prima azione umanitaria nel 2012, a sostegno dei migranti haitiani.
Tra i più vulnerabili
La Fondazione Avsi, che ha il suo quartier generale nella capitale Santo Domingo e ha ottenuto il riconoscimento ufficiale del governo dominicano, focalizza i propri interventi in varie province della Repubblica Dominicana: a nord-ovest, Dajabón, Montecristi e Santiago Rodríguez; a sud-ovest, Bahoruco. Sono abitate dalle comunità locali tra le più esposte e vulnerabili all’impatto del riscaldamento globale, le cui attività principali sono l’agricoltura e l’allevamento. “Gli ecosistemi sono favolosi, ma anche fragili. Si sta rompendo l’equilibrio naturale – sottolinea Di Francesco – perché le perturbazioni sono irregolari, i periodi di siccità si stanno prolungando e i livelli d’innalzamento e abbassamento dell’acqua sono più frequenti. Dunque, le persone non hanno più una produzione agricola o di allevamento costanti, sono più povere, e sono sempre alla ricerca di soluzioni”. Alcune soluzioni le ricevono dalle iniziative della Fondazione Avsi volte, per esempio, alla salvaguardia delle foreste a mangrovia di Montecristi. Composte da alberi e arbusti, si estendono per oltre 250 chilometri e sono degradate dal disboscamento e dall’innalzamento del livello del mare. “Il nostro approccio non è soltanto conservazionista o di ripristino – spiega Di Francesco – perché si fonda sul dialogo con le comunità locali, che ascoltiamo e rendiamo protagoniste, e ha tra le sue componenti l’educazione ambientale. Sviluppiamo azioni per favorire ecoturismo e apicultura, producendo miele di mangrovie, e lavoriamo con i pescatori per realizzare vasche di piscicultura. Questi interventi ci consentono di contenere i danni a questo ecosistema storico e primario per il Paese”.
I danni dell’uomo
L’impegno della Fondazione Avsi si allarga al Parco Nazionale Sierra di Bahoruco, che ospita ecosistemi (foreste nebulose, mangrovie costiere, boschi di pini) e specie animali (uccelli, rettili, mammiferi) in pericolo a causa delle attività dell’uomo. Non è circoscritto alla tutela dell’area protetta, ma punta a favorire e rafforzare il tessuto economico locale, in tandem col ministero dell’Ambiente. “Lavoriamo nella buffer zone, ossia nell’area di ammortizzamento del parco, per attutire gli effetti del disboscamento perché chi risiede utilizza il terreno per l’agricoltura e l’allevamento, disboscando porzioni di foresta”. Ma, durante l’anno, l’organizzazione non-profit italiana pianifica delle campagne di riforestazione con piante endemiche, alle quali partecipano le varie realtà locali, come le cooperative di donne che producono miele, che contribuiscono al recupero del suolo. Intanto, a causa del cambiamento climatico, – nota Di Francesco – le zone rurali si stanno spopolando perchè alcune sono divenute inabitabili e le persone si stanno spostando nelle aree urbane. Altre, invece, si spingono fino agli Stati Uniti e all’Europa”. Chi resterà in Repubblica Dominicana, col pensiero che da giugno a novembre potrebbe perdere tutto, anche la vita, nel 2026 avrà ancora il supporto della Fondazione Avsi attraverso due nuovi progetti, quelli di conservazione ed educazione ambientale nella Riserva Naturale Laguna Saladilla e nel Parco Nazionale Lago Enriquillo e Isola Cabritos.
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