RD Congo e le accuse del Rwanda di aver violato la tregua. L'M23 avanza ancora
Stefano Leszczynski - Città del Vaticano
La tensione nell’est della Repubblica Democratica del Congo è tornata a esplodere nonostante l’accordo di cessate il fuoco firmato appena una settimana fa a Washington. Il governo ruandese ha accusato la Repubblica Democratica del Congo e il Burundi di aver “deliberatamente violato” gli impegni, sostenendo che i due eserciti abbiano bombardato villaggi civili vicino al confine, utilizzando aerei da combattimento e droni. In una dichiarazione pubblicata su X, il governo di Kigali ha affermato che tali attacchi avrebbero costretto l’M23 – il gruppo ribelle che secondo la comunità internazionale gode del sostegno ruandese – a reagire militarmente. “Queste deliberate violazioni degli accordi recentemente negoziati costituiscono seri ostacoli alla pace”, ha dichiarato il ministero degli Esteri ruandese. Le accuse arrivano in un momento estremamente delicato, poiché l’intesa del 4 dicembre, mediata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, mirava a fermare definitivamente le ostilità tra Kinshasa e Kigali.
L’offensiva dell’M23
Nei giorni scorsi violenti combattimenti hanno travolto Luvungi, considerata fino a poche ore prima il baluardo più avanzato delle forze governative Fardc, delle milizie filo-Kinshasa e delle truppe burundesi. L’offensiva dell’M23 ha rapidamente rovesciato la situazione, portando alla conquista della località e alla fuga disordinata di civili e soldati. Da Luvungi, i ribelli si sono diretti verso sud, puntando su Sange e Kiliba, punti chiave sulla strada che conduce a Uvira, importante città del Sud Kivu. Combattimenti sporadici, droni in volo e continui movimenti di truppe sono stati segnalati per tutta la giornata. Martedì sera l’M23 è infine entrato a Uvira. La caduta della città rappresenta una svolta potenzialmente decisiva nei rapporti di forza sul terreno.
Civili assediati e saccheggi
Secondo i testimoni, nelle ore serali Uvira è stata teatro di colpi d’arma da fuoco e episodi di saccheggio in diversi quartieri. La popolazione, già provata da mesi di scontri, ha reagito barricandosi in casa o tentando la fuga verso il Burundi, percepito come ultimo rifugio sicuro. Le Nazioni Unite parlano di una situazione umanitaria gravissima: circa 200mila persone hanno abbandonato le loro case negli ultimi giorni, mentre almeno 74 civili sono stati uccisi e 83 feriti negli scontri più recenti.
Una crisi umanitaria che si aggrava
Il rapido avanzare del fronte ha provocato nuovi esodi di massa da villaggi come Luvungi e Sange, dove gli abitanti lasciano le loro case in cerca di protezione oltre confine. L’accesso ai servizi di base è sempre più difficile e gli sfollati si trovano in condizioni precarie, spesso senza acqua, cibo o assistenza sanitaria. La presenza di truppe straniere – comprese quelle burundesi – e la difficoltà dell’esercito congolese nel contenere l’M23 alimentano i timori di un ulteriore allargamento del conflitto.
Cresce la pressione internazionale
Ieri gli Stati Uniti e diversi Paesi europei hanno diffuso una dichiarazione congiunta invitando l’M23 e Kigali a cessare immediatamente l’offensiva, sottolineando come la ripresa delle ostilità rischi di far naufragare ogni tentativo diplomatico. La caduta di Uvira, città-chiave del Sud Kivu, potrebbe compromettere definitivamente il processo di stabilizzazione in una regione già devastata da decenni di violenze, rivalità etniche e lotte per il controllo delle risorse minerarie. Mentre la comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione, sul terreno la situazione resta in rapido deterioramento. L’accordo di Washington appare oggi già appeso a un filo.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui