Bambini palestinesi sfollati giocano tra le rovine di edifici distrutti nel quartiere di Al Remal a Gaza City (Epa/Mohammed Saber) Bambini palestinesi sfollati giocano tra le rovine di edifici distrutti nel quartiere di Al Remal a Gaza City (Epa/Mohammed Saber)

Gaza, l'Unrwa: abbiamo un ruolo cruciale in un momento di transizione politica

A due mesi dall’entrata in vigore del cessate-il-fuoco nella Striscia, Tamara Alrifai, direttrice delle relazioni esterne e della comunicazione dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, racconta la crisi umanitaria in corso e la necessità di una soluzione politica duratura: “La gente ha bisogno di tutto” e “sopra ogni cosa di sentirsi al sicuro”

Beatrice Guarrera - Città del Vaticano

Cinque bambini si assiepano intorno allo schermo di un cellulare. Una delle loro mamme lo tiene in mano, legge i messaggi di Whatsapp e poi distribuisce a ognuno i compiti per casa. A Gaza questa è una scena di vita ordinaria, in un’esistenza che di ordinario non ha più nulla. A descriverla è Tamara Alrifai, direttrice delle relazioni esterne e della comunicazione di Unrwa, l’agenzia Onu a supporto dei rifugiati palestinesi, che conosce bene la quotidianità degli oltre due milioni di abitanti della Striscia. In visita in Italia per incontri istituzionali, Alrifai la racconta ai media vaticani, a due mesi dall’entrata in vigore dell’ultimo cessate-il-fuoco tra Israele e Hamas.

L’istruzione un pilastro nella vita dei rifugiati

Nell’enclave palestinese devastata da oltre due anni di guerra, i bambini continuano in ogni modo possibile a fare lezione, nonostante le scuole dell’Unrwa - 180 attive prima dell’ultima guerra - siano diventate ormai rifugi per una popolazione che al 90% è stata costretta a essere sfollata più volte. Di notte, i materassi vengono srotolati uno a uno sul pavimento delle aule scolastiche. Di giorno, i giacigli vengono stipati alle pareti per lasciar spazio a un cerchio, composto dai piccoli sopravvissuti e dai loro insegnanti di matematica, scienze e arabo. “L'istruzione è un pilastro nella vita dei rifugiati palestinesi - spiega Alrifai -. La vedono come un “passaporto” per uscire dalla vulnerabilità e dalla povertà. L'istruzione è probabilmente l'unica cosa che non è stata tolta a un rifugiato palestinese”. Da quando è cessato il fuoco, oltre 300.000 bambini hanno avuto accesso alla formazione online di Unrwa e sono quasi mille ogni giorno i nuovi iscritti. 

Tamara Alrifai, responsabile delle relazioni estrne e della comunicazione di Unrwa, durante un'intervista a Reuters (Reuters/Jehad Shelbak)
Tamara Alrifai, responsabile delle relazioni estrne e della comunicazione di Unrwa, durante un'intervista a Reuters (Reuters/Jehad Shelbak)

“Hanno bisogno di tutto”

Oltre all’istruzione, però, si moltiplicano i bisogni: “La gente di Gaza ha bisogno di tutto”. Dopo che lo scorso agosto è stata dichiarata la carestia, continua la scarsità di cibo e anche di medicine. La maggior parte delle unità abitative di Gaza, oltre l'80% secondo le Nazioni Unite, è stata distrutta, il che rende la maggior parte della popolazione sfollata. “Sopra ogni cosa però la gente di Gaza ha bisogno di sentirsi al sicuro. Ha bisogno di sentire che il cessate-il-fuoco ha davvero interrotto le ostilità e non è questo il caso. Quasi 400 persone sono morte" da quando è stata dichiarata la tregua, denuncia Alrifai. Unrwa, in ogni caso, non ha mai smesso di fornire assistenza alla popolazione con i suoi oltre 12mila dipendenti, con la differenza che, negli ultimi mesi, il governo di Israele ha vietato di introdurre forniture, medicinali, tende, coperte, alimenti per bambini. Nonostante ciò, “i dipendenti continuano a somministrare le vaccinazioni che le altre agenzie delle Nazioni Unite portano, come l'Organizzazione Mondiale della Sanità” e il personale “continua a trasportare acqua potabile”.

Sfollati accolti in una scuola dell'Unrwa a Khan Younis
Sfollati accolti in una scuola dell'Unrwa a Khan Younis   (q)

Un ruolo cruciale per la pace permanente

Quello della necessaria ricostruzione è un nodo decisivo tanto per la popolazione di Gaza, quanto per la comunità internazionale. “È un tema importante perché la ricostruzione deve essere collegata a un processo politico che garantisca la stabilità a Gaza”, spiega la funzionaria delle Nazioni Unite. Se l’Onu “ha accolto con favore” il piano di pace in 20 punti, “perché per noi la prima cosa era porre fine alle ostilità attive", bisogna considerare - continua - che Unrwa mantiene come documento di riferimento anche la Dichiarazione di New York, “che stabilisce un percorso verso la creazione di uno Stato palestinese che includa la Cisgiordania e Gaza. Inoltre, conferma il ruolo dell'Unrwa fino a quando non ci sarà uno Stato palestinese pienamente funzionante”. Prendendo proprio il caso di Gaza, l'Unrwa ha fornito quasi la metà dei servizi del settore pubblico, mentre l’altra parte è stata gestita dall’Autorità palestinese. Eppure “oggi stiamo assistendo a tentativi concreti di vietare all'Unrwa di lavorare a Gaza - afferma Alrifai -  Ciò significa che metà del settore pubblico non sarà più in funzione e questo creerà un vuoto”. In un'epoca in cui le Nazioni Unite e la comunità internazionale invitano alla tolleranza e “in cui gli operatori di pace di tutto il mondo sono tutti impegnati a trasformare il cessate-il-fuoco in una pace a lungo termine”, osserva la funzionaria dell’Onu, “questo è il momento peggiore per creare un vuoto all'interno di una popolazione traumatizzata”: “Ecco perché il ruolo di Unrwa è cruciale in una transizione politica, perché terremo insieme le cose fino a quando non ci saranno istituzioni palestinesi dotate di poteri”.

Inaccettabile irruzione negli uffici di Gerusalemme est

Anche in Cisgiordania e a Gerusalemme est, Unrwa sta affrontando non pochi ostacoli. Primo tra tutti, la legge, entrata in vigore lo scorso gennaio, per mettere al bando le attività di Unrwa sui territori palestinesi “considerati da Israele sotto il suo controllo”. Poi anche la revoca dei visti di ingresso nel Paese per tutti i suoi dipendenti. Fino ad arrivare all’irruzione non autorizzata nella sede di Unrwa nel quartiere di Sheik Jarrah a Gerusalemme est, avvenuta nelle prime ore di lunedì 8 dicembre. Le forze di polizia israeliane, entrate nel complesso, avrebbero requisito computer e altre forniture come “compenso” per un contenzioso di presunte tasse non pagate, spiega Tamara Alrifai. “È assolutamente inaccettabile - sostiene -. L'incidente ha provocato una serie di reazioni internazionali a sostegno di Unrwa” per ricordare anche al governo israeliano che si tratta di locali delle Nazioni Unite protetti da una convenzione internazionale di cui Israele è parte.

Ascolta un estratto dell'intervista in lingua originale a Tamara Alrifai

Violenza in Cisgiordania

Intanto si fa sempre più preoccupante la situazione in Cisgiordania: “Quello che abbiamo visto nel 2025 è il più alto livello di violenza dei coloni contro i palestinesi, ed è stato più pronunciato durante la raccolta delle olive. Abbiamo anche assistito al più alto numero di operazioni da parte delle forze di sicurezza israeliane all'interno delle città palestinesi”. La conseguenza di tutto questo è stato lo sfollamento degli abitanti dei campi profughi di Jenin e Tulkarem. “L'Unrwa ha ammesso molto rapidamente questi rifugiati sfollati nei nostri programmi nelle città vicine - afferma ancora Alrifai - ma resta il fatto che queste persone sono state sfollate dalle loro case”, anche se le case erano già dei campi per rifugiati.

75 anni di Unrwa

In tutto il Medio Oriente, nel frattempo, continuano le tensioni regionali e i rifugiati palestinesi - circa 5.9 milioni di persone - si confermano tra i più vulnerabili. “Siamo quasi un “governo” per i rifugiati palestinesi in cinque aree: Gaza, Cisgiordania, Siria, Giordania e Libano”, dovendo supplire ai loro bisogni primari, sostiene la funzionaria dell’Onu. A distanza di 75 anni dalla fondazione dell’agenzia, non sembra purtroppo profilarsi un miglioramento delle loro condizioni. In questo contesto, la scorsa settimana, l'Assemblea Generale dell’Onu ha votato a stragrande maggioranza per il prolungamento del mandato dell’Unrwa per altri tre anni: “È quindi incoraggiante sapere che la maggior parte del mondo sostiene l'Unrwa. Ma è anche estremamente doloroso rendersi conto che, ogni tre anni, un'agenzia che doveva essere temporanea nel 1950, viene prorogata, perché il problema originario non è stato risolto”. “Oggi, infatti, le sfide sono aumentate. Ogni crisi politica che si protrae nel tempo consolida alcune tendenze. I palestinesi rimangono quindi rifugiati”, senza soluzione per il loro status giuridico. Intanto l’agenzia Onu deve fare i conti con una perdita del 25% del suo budget in pochi anni, tra il taglio di fondi Usaid e l’addio di molti grandi donatori anche tra i governi. Tutto ciò è una conseguenza anche delle pesanti accuse — mai verificate — rivolte all’agenzia, di intrattenere legami con organizzazioni terroristiche. “Alcune bugie - conclude Alrifai - non aiutano i governi che si trovano a dover fare i conti con diverse crisi” e relazioni tra i Paesi: per molti “è più facile togliere fondi all'Unrwa che approfondire la storia. E questo è molto ingiusto per i palestinesi”.

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10 dicembre 2025, 11:38