Gaza, la denuncia di una psicologa: i bambini hanno perso tutto, anche l'infanzia
Federico Piana - Città del Vaticano
Le bombe israeliane non le avevano solo distrutto la casa, ucciso la madre e la sorella, ferito gravemente il padre. Le avevano portato via anche l’infanzia. E la parola. Nazek El Kord incrocia gli occhi di questa bambina palestinese di appena cinque anni devastata dal dolore e si accorge subito di essere davanti ad un fantasma: nonostante fosse guarita dalle profonde lacerazioni provocate dalle schegge che le avevano straziato gambe e mani, la sua lingua era rimasta come paralizzata.
Piccoli fantasmi
Nazek, a Gaza, di piccoli fantasmi così ne aveva già visti tanti. Lei, che di professione fa la psicologa clinica infantile e lavora al Centro medico Princess Basma allestito presso l’Ahli Arab Hospital, se avesse potuto, li avrebbe contati uno ad uno, ma sarebbe stato un lavoro immane, perché avrebbe voluto dire fare l’elenco esatto di tutti i bambini della città e della Striscia che sono rimasti in vita. O che sfortunatamente non sono riusciti a scappare.
Ricordi spaventosi
Con la piccola fantasma muta, Nazek ha provato a giocare due volte a settimana per sei mesi, in modo sistematico e terapeutico. «Alla fine, lentamente, è tornata ad essere più sicura di sé, ha ricominciato a parlare. Il suo mutismo isterico adesso è solo un ricordo».Anche se ora c’è la tregua ed i bombardamenti a tappeto sono finiti, i bambini di Gaza non si sentono per niente al sicuro, continuano a vivere immersi nei più terribili incubi che si sono materializzati nella loro mente fin da quando è iniziato il conflitto. Nazek, tutti i giorni, ci parla, li ascolta, li cura. Come può. «Hanno ancora attacchi di panico, ricordi spaventosi di perdite e di distruzione. Si sentono ansiosi, reagiscono con forza ai rumori forti o a movimenti improvvisi, come se il pericolo fosse ancora dietro l’angolo» racconta ai media vaticani. In fondo, per i bambini palestinesi la tregua non esiste, è solo un’invenzione dei grandi che “giocano” all’insensata tragedia della guerra. Anzi, come più volte ripete Nazek, la sospensione dei bombardamenti per loro rappresenta una breve pausa tra due paure: quella per ciò che è accaduto finora e quella per ciò che potrebbe ancora accadere. «Mentalmente, i bambini cercano di comprendere tutti gli avvenimenti che stanno vivendo. Si pongono domande serie sulla morte, sulla giustizia, sul futuro. La maggioranza di loro è convinta che la tregua non durerà a lungo e che presto ricominceranno le violenze».
Traumi prolungati
Il timore e lo stress, che si manifestano con ansia, tristezza e difficoltà a gestire le proprie emozioni, stanno provocando l’interruzione della crescita emotiva. In sostanza, i bambini di Gaza hanno cessato di essere bambini, ma non sono ancora diventati adulti, sono persi in un limbo oscuro dominato da crescenti malattie mentali che dovrebbero essere curate, il più presto possibile. «Dopo più di due anni di conflitto — è l’amara accusa di Nazek — quasi tutti i bambini di Gaza hanno bisogno di interventi psicosociali mirati e prolungati per affrontare i traumi, ricostruire la capacità di recupero e sostenere un sano sviluppo emotivo. Esistono alcuni sforzi internazionali in questo senso, ma non sono sufficienti per affrontare i bisogni diffusi ed urgenti».
Aiuto condiviso
Per salvare quei piccoli fantasmi come la bambina senza voce che ha sconvolto il cuore di Nazek, psicologi, psichiatri professionisti, famiglia e scuola dovrebbero poter lavorare insieme elaborando percorsi di guarigione condivisi. Tenendo conto, aggiunge Nazek, soprattutto di una cosa, fondamentale: «Quando è emotivamente presente, spesso è proprio la famiglia ad essere la fonte più forte di guarigione. Anche se ora i genitori sono in difficoltà, se aiutati e sostenuti possono possono offrire amore, routine e stabilità, tutti elementi che aiutano il bambino a sentirsi sicuro». Nazek ed i suoi colleghi medici palestinesi ce la stanno mettendo tutta per raggiungere questo obiettivo. Ma senza l’aiuto della comunità internazionale, è come tentare di svuotare il mare con un cucchiaino: «In base alla mia esperienza di lavoro all'interno degli ospedali, esiste una lacuna significativa nell'offerta di cure mentali specializzate. E molti bambini non riescono a ricevere un adeguato sostegno psicologico».
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