Migranti soccorsi dalla nave Open Arms, Mediterraneo centrale Migranti soccorsi dalla nave Open Arms, Mediterraneo centrale

Migranti, dieci anni di soccorsi nel Mediterraneo: 180 mila persone salvate dalle Ong

Le operazioni di Search and Rescue in mare sono operazioni umanitarie. È quanto ribadisce Rosella Miccio, presidente di Emergency, illustrando i dati del decennio di attività delle Ong: “Quello che la politica deve fare è garantire canali sicuri d’ingresso in Europa”

Stefano Leszczynski – Città del Vaticano

A dieci anni dall’inizio delle operazioni di ricerca e soccorso condotte dalle Ong nel Mediterraneo centrale il bilancio è quello di una crisi umanitaria senza precedenti. Dal 2015 si stima che oltre 21.000 persone migranti siano morte o disperse, in un contesto segnato dal progressivo arretramento degli Stati europei nelle attività di soccorso. Per Rossella Miccio, presidente di Emergency, “è fondamentale tornare a dare priorità al tema del salvataggio delle vite in mare, perché in questi anni sono morte troppe persone e perché sempre di più la politica italiana ed europea persevera nello smantellamento del nostro sistema di diritti e di valori a scapito della vita di decine di migliaia di persone”.

Ascolta l'intervista a Rossella Miccio

Una rotta sempre più letale

Il Mediterraneo centrale continua a essere considerato la rotta migratoria più pericolosa al mondo. Solo nel 2025, secondo le stime delle agenzie internazionali, 1.184 persone risultano disperse o decedute. Un numero ampiamente sottostimato a causa dei numerosi ‘naufragi invisibili’. Allo stesso tempo gli arrivi via mare verso l’Italia dal 2015 sono stati quasi un milione, con circa 67.000 arrivi nel solo 2025, principalmente provenienti dalla Libia. “Le Ong - dichiara Rossella Miccio - sono state accusate più volte di essere un pull factor, di essere collusi con i trafficanti di esseri umani. In realtà, i dati smentiscono questa questa narrazione”. Inoltre, le recenti normative, come quella che assegna porti sempre più distanti per le imbarcazioni impegnate in attività di ricerca e soccorso, rappresentano un grave limite all’operatività delle Ong. “Basti pensare che solo con la nostra nave, la Life support, nel 2024 abbiamo percorso 20.500 chilometri in più per raggiungere porti distanti, - puntualizza la presidente di Emergency - il che vuol dire metà della circonferenza della Terra. Se quel tempo lo avessimo utilizzato in mare avremmo potuto soccorrere migliaia di persone in più”.

Esternalizzazione dei confini e respingimenti

Negli ultimi dieci anni l’Unione europea ha investito oltre 240 milioni di euro in accordi con Libia e Tunisia per il controllo dei flussi migratori. Una strategia che ha prodotto un aumento delle intercettazioni e dei respingimenti verso Paesi non sicuri. Nel solo 2025, più di 23.000 persone sono state intercettate e riportate in Libia. “Questa è la cosa che ci preoccupa di più, perché ormai è un trend generale. – spiega Miccio - Ricordiamo che la Libia non ha mai firmato le convenzioni per il diritto di asilo. In questi dieci anni le navi delle Ong hanno subito almeno 60 attacchi da parte di assetti ufficiali o para-ufficiali libici e recentemente anche tunisini”. L’ultima aggressione è avvenuta solo due giorni fa a danno della nave Louise Michel . “Vorremmo che la politica ne prendesse atto. Abbiamo chiesto un mese fa di non rinnovare il memorandum Italia-Libia e, invece, la politica non ci sente e purtroppo va avanti”. Dal 2017 in avanti, il soccorso civile è stato oggetto di campagne di delegittimazione e ostacoli normativi. Nel 2019 la politica dei “porti chiusi” ha costretto molte navi umanitarie a lunghi periodi di fermo. Nel 2023 il decreto Piantedosi ha introdotto nuove restrizioni e sanzioni fino a 50.000 euro, con 35 fermi amministrativi registrati. A ciò si aggiunge l’assegnazione di porti di sbarco lontani, che hanno comportato oltre 760 giorni di navigazione aggiuntiva.

Le richieste delle ONG

I dati raccolti dalle organizzazioni non governative che fanno soccorso in mare sono stati presentati martedì in Senato proprio per sensibilizzare il mondo della politica e ribadire le richieste della società civile. “Innanzitutto, chiediamo che l'Italia e l'Europa tornino a mettere la tutela della vita degli esseri umani come perno della propria politica nel Mediterraneo. – spiega Rossella Miccio - E quindi si assuma la responsabilità di salvare gente in mare con una nuova missione europea di ricerca e soccorso com'era stata quella di Mare Nostrum. In secondo luogo chiediamo che venga riconosciuto il ruolo umanitario delle ONG e di non di criminalizzarle. Infine, chiediamo che I soldi che vengono spesi per gli accordi di esternalizzazione delle frontiere vengano investiti per creare politiche di cooperazione reali nei Paesi d'origine e di transito delle persone in movimento e di creare delle vie di accesso legali per l'Europa”.

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04 dicembre 2025, 12:51