2025.12.01 cedro

L’albero che custodisce il tempo e il volto del Libano

Nei giorni in cui il Papa visita il Paese mediorientale, il cedro torna a emergere come figura antica e familiare: radice della storia, verticale silenziosa nelle Scritture, materia di navi e di templi, voce di poeti e romanzieri. Ha dato forma a un paesaggio, a un emblema e a un immaginario, continua a offrire un segno di stabilità e di respiro nel cuore del Mediterraneo

Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano

Mentre Papa Leone XIV visita il Libano, lo sguardo si posa sull'emblema più antico del Paese: il cedro. Albero di lunga memoria, radicato nelle Scritture, nella storia dei popoli e nell’immaginazione letteraria, accompagna il cammino umano con la sua figura immobile e accogliente, custode delle stagioni.

Una foresta di cedri del Libano ©pixaby
Una foresta di cedri del Libano ©pixaby

Piantare oggi ciò che attraversa i secoli

Ieri, 30 novembre, era previsto che il Papa si recasse con le autorità nel giardino del Palazzo Presidenziale per la piantumazione di un “cedro dell’amicizia”. Il maltempo ha imposto un cambiamento di programma: la cerimonia si è svolta all’interno, dove il Pontefice ha innaffiato un giovane esemplare ancora in vaso. Il gesto, semplice e diretto, ha conservato il significato originario, richiamando l’attenzione su ciò che deve essere custodito e accompagnato nel tempo, e l’acqua versata ha aggiunto un segno di speranza.

Le antiche foreste del Libano

Un tempo la catena montuosa libanese era rivestita da una distesa compatta di cedri: chilometri di verde intenso. Da quelle selve proveniva l’unica grande riserva di legname di un territorio vastissimo. Case, templi, sculture, imbarcazioni: generazioni di popoli - Egizi, Fenici, Cananei, Israeliti, Babilonesi, Assiri, Persiani, Greci e Romani - attingevano a quel patrimonio, che si assottigliò sotto la pressione dei secoli. Per millenni il suo legname fu molto richiesto. Gli Egizi, privi di alberi autoctoni dalle dimensioni necessarie, cercavano il cedro per costruire navi, templi e abitazioni. Plinio il Vecchio ricorda l’uso della sua resina nei riti di mummificazione. Le navi destinate all’aldilà erano spesso interamente realizzate in legno di cedro. La domanda continua portò alla progressiva perdita delle antiche foreste, al punto che nel 118 d.C. l’imperatore Adriano emanò un editto di tutela, tra i primi provvedimenti ambientali della storia.

Il cedro nelle Scritture

Nelle Scritture il cedro è immagine di forza e fermezza. Il Salmo 92 afferma: “il giusto crescerà come un cedro del Libano”. In Giudici 9,15 appare l’invito: “venite, rifugiatevi alla mia ombra”; Ezechiele parla di un albero sotto cui trovano riparo “tutti gli uccelli del cielo”. È una memoria antica che vede in quest’albero un luogo di protezione, una presenza che vigila e osserva senza clamore.

Modellino di imbarcazione egizia ,Medio Regno, XII dinastia, primi anni del regno di Amenemhat I, ca. 1981-1975 a.C., Tebe, regione meridionale di Asasif, Tomba di Meketre, Metropolitan Museum of New
Modellino di imbarcazione egizia ,Medio Regno, XII dinastia, primi anni del regno di Amenemhat I, ca. 1981-1975 a.C., Tebe, regione meridionale di Asasif, Tomba di Meketre, Metropolitan Museum of New

Risonanze nella tradizione ebraica

Anche nella letteratura rabbinica il cedro compare come luogo di protezione e di prova. Alcune raccolte antiche narrano che il profeta Isaia, perseguitato dal re Manasse, si rifugiò nel tronco di un cedro; un lembo della veste lo tradì e l’albero venne segato. È un’immagine che ha attraversato i secoli: il cedro come riparo e, nello stesso tempo, come testimonianza silenziosa della fedeltà ferita. Tra gli alberi del Mediterraneo è tra i più longevi: può vivere fino a duemila anni, crescendo solo di pochi centimetri ogni stagione. La sua statura non è frutto della fretta, ma di un tempo che si deposita lentamente nel legno, strato dopo strato, come una memoria che non si affretta a mostrarsi.

Il Tempio, la regalità, la promessa

La Bibbia narra che il legno di cedro fu utilizzato per il Tempio di Gerusalemme e che re Salomone rivestì di cedro gli ambienti interni: “tutto era di cedro e non si vedeva una pietra”. È un’immagine di purezza e continuità, la stessa che portò molti popoli a riconoscere in quest’albero un segno di stabilità. Si racconta che anche il labirinto di Minosse fosse sorretto da colonne di cedro.

Il cedro della morra, sulla collina Monfalletto in Piemonte.  ©Tiziano Fratus
Il cedro della morra, sulla collina Monfalletto in Piemonte. ©Tiziano Fratus

Presenze italiane

Giunto in Europa tra Sette e Ottocento, il cedro del Libano trovò dimora anche in Italia, dove alcuni esemplari secolari segnano ancora parchi storici e giardini nobiliari. In Toscana, in Piemonte, in Emilia e in Sardegna crescono alberi imponenti, capaci di richiamare nella loro architettura vegetale il paesaggio d’origine. Sono presenze che, pur lontane dal Levante, custodiscono la stessa forma di dignità e di respiro.

I coni (pigne) e gli aghi di un Cedro del Libano (Cedrus libani) ©pixaby
I coni (pigne) e gli aghi di un Cedro del Libano (Cedrus libani) ©pixaby

Simbolo di una nazione

Nel paesaggio libanese il cedro è presenza inseparabile. Non solo albero, ma forma di identità, memoria collettiva e orientamento morale. È il centro della bandiera nazionale e, per secoli, fu persino accettato come pagamento delle tasse nell’Impero ottomano.

Il cedro sulla bandiera

Nel vessillo libanese il cedro occupa il centro della fascia bianca – colore che richiama la neve delle montagne e la ricerca di pace – mentre le due bande rosse rimandano al sangue versato per la libertà. La presenza dell’albero, introdotta già nel XVIII secolo dalle comunità maronite e poi ripresa dai movimenti nazionali, afferma la continuità di un simbolo che attraversa storia, fede e identità. Il cedro compare anche nel logo e sulle medaglie del viaggio apostolico di Papa Leone XIV, a conferma della sua centralità nella memoria del Paese e nello sguardo con cui la Chiesa accompagna questa visita.

Letteratura: dalle voci antiche alle narrazioni contemporanee

Il cedro non è solo botanica e storia: è presenza narrativa. Grazia Deledda, in un suo racconto, Il cedro del libano,  lo descrive come albero della lentezza e della speranza: “È una pianta che dura migliaia di anni e precisamente al suo centesimo anno di età fiorisce per la prima volta… deve essere bello e grande come una bandiera azzurra. Dicono che sulle colline di Gerusalemme ancora esiste un cedro sotto il quale andava Gesù coi suoi discepoli, nelle notti lunari d’estate”. È l’immagine di un albero che osserva il Vangelo dall’alto del suo silenzio. Nella narrativa contemporanea il cedro torna con Raffaella Romagnolo, vincitrice del Campiello Natura di quest'anno. Qui l’albero diventa compagno di quattro vicende distanti, ognuna alle prese con un cammino difficile, mentre il cedro segue la propria ascesa da seme ad albero maturo.

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01 dicembre 2025, 15:01