Giubileo dei migranti, storie di profughi e sfollati nelle parole dei Papi
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Il Giubileo dei migranti è anche l’opportunità per rileggere alcune pagine, tra dolori e speranze, vissute da chi ha lasciato la propria terra natia per sfuggire alla morte, alla miseria. In questo itinerario, sulle orme del popolo dei migranti lungo le strade della storia e del mondo, ci accompagnano i Papi con le loro esortazioni e riflessioni. La prima pagina è legata alla seconda guerra mondiale.
La parola di conforto di Pio XII e gli sfollati
È il 12 marzo del 1944. Piazza San Pietro è gremita di fedeli romani e, soprattutto, di sfollati provenienti da varie regioni d’Italia. Quella moltitudine di profughi, feriti dagli orrori del secondo conflitto mondiale, è accorsa per ascoltare il Papa. Dopo tanto odio e lacrime, quel popolo lontano dalla propria terra natia sembra quasi trovare il sospirato rifugio tra le braccia del colonnato e lo sguardo paterno del Pontefice. Nella facciata della Basilica di San Pietro è stato disposto un sistema di altoparlanti per la diffusione della voce del Papa. Si sentono, in quel giorno, i rintocchi delle campane di tutte le chiese di Roma per cinque minuti, dalle ore 15.25 alle 15.30, fino al momento nel quale Pio XII appare dalla Loggia esterna della Basilica Vaticana. Poi Papa Pacelli rivolge queste parole a quei “diletti figli”, ai profughi di guerra e agli abitanti di Roma.
Nella desolazione che vi ha privati della felicità domestica, voi, diletti figli e figlie, che le presenti calamità hanno costretti ad andar dispersi, raminghi, senza focolare, forse separati gli uni dagli altri delle vostre stesse famiglie, spesso ignari e vaganti senza notizie di coloro, a cui il sangue e l’amore maggiormente vi legano, inquieti per la loro sorte, come essi sono trepidanti per la vostra; voi, però, a cui la fede addita un Padre celeste, che ha promesso a quanti lo amano di volgere tutto al bene, anche le cose più gravose ed amare (Cf. Rom., 8, 28); voi siete oggi venuti, attratti e sospinti da filiale impulso, a ricevere dal Vicario di Cristo una parola di benedizione e di conforto.
Giovanni XXIII sulla fuga in Egitto della Sacra Famiglia
Nel dramma della Famiglia di Nazaret, costretta a rifugiarsi in Egitto, si scorge la dolorosa condizione di tutti i migranti, in special mondo dei rifugiati, degli esuli, dei perseguitati. In occasione del decimo anniversario della promulgazione della Exsul Famiia, Papa Giovanni XXIII nel 1962 sottolinea che il piccolo Gesù sperimenta, assieme ai suoi genitori, la tragica condizione di sfollato e profugo.
E luce che proviene dalla Santa Famiglia, avviata da Betlem verso gli ignoti lidi dell'Egitto; è commozione, che prende ogni cuore, nel meditare la mite pazienza di Gesù, di Maria sua madre purissima, e di San Giuseppe, virgineo custode di entrambi, nelle umiliazioni della fuga improvvisa, delle strettezze senza numero e della solitudine in terra straniera. Di là, da quell'episodio della Sacra Famiglia esule, traggono motivo e alimento l'affetto e la sollecitudine che la condizione singolare, e vorremmo augurare transitoria, degli emigranti suscita nella Chiesa e in tutti i cristiani. Quale tenerezza in questa occasione pervade la spirito del Papa, che vi parla, la cui vita — lasciateCelo dire — si è svolta anch'essa sulle vie amplissime d'Oriente e d'Occidente, al servizio della Santa Chiesa, in paesi diversi, spesso a contatto con le sofferenze di esuli e di profughi.
L’appello di Paolo VI per i profughi pakistani
Non è solo il dramma della guerra a generare moltitudini di sfollati. Paolo VI sottolinea che servono “grandi sentimenti di solidarietà, di umanità, di unità” per portare soccorso “ad esseri umani nella disgrazia, distanti e sconosciuti”. Nel 1971 oltre 8 milioni di abitanti del Pakistan orientale, a causa di una terribile carestia e da calamità naturali, cercano rifugio in India. Nei campi profughi ci sono oltre ottocentomila bambini, esausti, ammalati, denutriti. Papa Montini esorta ad ascoltare questa voce “di lamento, di gemito, di implorazione” dei profughi.
Sono milioni di esseri umani in condizioni di estrema necessità. Disgrazie su disgrazie si sono rovesciate su quella poverissima gente. Le notizie non mancano, e ci danno cifre spaventose, e ci dicono la sproporzione sconfortante fra l’enormità dei malanni e la inadeguata misura dei soccorsi. Occorre svegliare il senso di umanità del mondo, per salvare la vita a innumerevoli esseri umani sull’orlo della morte. Le opere pubbliche e private, anche le nostre, sono all’opera; ma come possono impedire le conseguenze di calamità superiori ai loro mezzi? Non sembra esagerato attendere che il mondo si impietosisca, e mandi gli aiuti indispensabili: viveri, indumenti, medicine, denaro. Vengono le vertigini al pensiero che anche altri paesi della terra, vicini e lontani, si trovano in analoghe condizioni, sebbene non così gravi come quelle segnalate. Noi lanciamo questo grido doloroso sperando e pregando.
Giovanni Paolo II e il dramma dei rifugiati in Darfur
Un’altra pagina dolorosa è il conflitto nella regione sudanese del Darfur. Papa Giovanni Paolo II, ricordando nel 2004 il dramma di questa crisi umanitaria esorta non restare indifferenti di fronte a questi fratelli “morti, sfollati e rifugiati”.
Altrettanto preoccupante è la situazione in cui si trovano le care popolazioni del Darfur, la regione occidentale del Sudan confinante con il Ciad. La guerra, intensificatasi nel corso di questi mesi, porta con sé sempre più povertà, disperazione e morte. Un ventennio di duri scontri ha prodotto in Sudan un numero ingente di morti, di sfollati e di rifugiati. Come restare indifferenti?
L’abbraccio di Benedetto XVI ai profughi palestinesi
Nel 2009 Papa Benedetto XVI visita il campo profughi "Aida Refugee Camp" di Betlemme. Le parole del Pontefice, quanto mai attuali, sono una esortazione ad abbattere il muro delle ostilità. Benedetto XVI denuncia le condizioni precarie e difficili in cui vivono i profughi, manifestando solidarietà soprattutto a coloro che hanno perso casa e persone care durante il conflitto di Gaza. Per loro e per tutti i palestinesi chiede una pace giusta e duratura.
Cari Amici, la mia visita al Campo Profughi di Aida questo pomeriggio mi offre la gradita opportunità di esprimere la mia solidarietà a tutti i Palestinesi senza casa, che bramano di poter tornare ai luoghi natii, o di vivere permanentemente in una patria propria... In un mondo in cui le frontiere vengono sempre più aperte – al commercio, ai viaggi, alla mobilità della gente, agli scambi culturali – è tragico vedere che vengono tuttora eretti dei muri. Quanto aspiriamo a vedere i frutti del ben più difficile compito di edificare la pace! Quanto ardentemente preghiamo perché finiscano le ostilità che hanno causato l’erezione di questo muro!
Papa Francesco e le vergogne che non devono ripetersi
Il 3 ottobre del 2013, un drammatico naufragio al largo di Lampedusa causa la morte di 368 migranti. Papa Francesco, che nel mese di luglio di quell’anno aveva compiuto il primo viaggio del suo Pontificato proprio sull’isola siciliana, utilizza in particolare una parola per descrivere quella tragedia.
Non posso non ricordare con grande dolore le numerose vittime dell'ennesimo tragico naufragio avvenuto oggi al largo di Lampedusa. Mi viene la parola vergogna! E' una vergogna! Preghiamo insieme Dio per chi ha perso la vita: uomini, donne, bambini, per i familiari e per tutti i profughi. Uniamo i nostri sforzi perché non si ripetano simili tragedie! Solo una decisa collaborazione di tutti può aiutare a prevenirle.
Messaggeri di speranza
La storia del popolo dei migranti è dunque una esortazione a non restare indifferenti di fronte a drammi e dolori di tanti fratelli e sorelle. Ed è anche un invito a cogliere gli insegnamenti, la testimonianza spesso eroica di questi uomini e donne che lasciano la loro patria per cercare di dare un futuro alle loro vite. Nel messaggio di Leone XIV per la 111.ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato si mette in rilievo, in particolare, il collegamento tra migrazione e speranza. “Molti migranti, rifugiati e sfollati - scrive il Pontefice - sono testimoni privilegiati della speranza vissuta nella quotidianità, attraverso il loro affidarsi a Dio e la loro sopportazione delle avversità in vista di un futuro, nel quale intravedono l’avvicinarsi della felicità, dello sviluppo umano integrale”. “In un mondo oscurato da guerre e ingiustizie, anche lì dove tutto sembra perduto, i migranti e i rifugiati si ergono a messaggeri di speranza. Il loro coraggio e la loro tenacia è testimonianza eroica di una fede che vede oltre quello che i nostri occhi possono vedere e che dona loro la forza di sfidare la morte nelle diverse rotte migratorie contemporanee”.
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