Leone XIV: la speranza, un mistero che riesce a tenere insieme gli opposti

All’udienza giubilare in Piazza San Pietro, Leone XIV spiega che sperare vuol dire anche lasciarsi guidare dalla fede, come insegna Nicola Cusano, cardinale vissuto nel XV secolo, diplomatico papale: credeva nell’umanità. Capiva che "Dio è un mistero in cui ciò che è in tensione trova unità”

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Sperare è non sapere. Noi non abbiamo già le risposte a tutte le domande. Abbiamo però Gesù. Seguiamo Gesù. E allora speriamo ciò che ancora non vediamo.

Ci insegna anche questo l’Anno Santo, spiega Leone XIV ai pellegrini riuniti in piazza San Pietro per l’udienza giubilare. “Come i discepoli di Gesù, ora dobbiamo imparare ad abitare un mondo nuovo”, a guardare ogni cosa “alla luce della risurrezione del Crocifisso” e avere la consapevolezza che così “siamo salvati”, in tale “speranza”. Tuttavia, nonostante il Risorto abbia “iniziato a educare i nostri sguardi, e continua a farlo anche oggi”, non siamo abituati a vedere le cose con speranza. Ma è invece con gli occhi della fede che bisogna proiettarsi al domani, incoraggia il Papa dal sagrato della basilica vaticana, dopo aver salutato i fedeli nel consueto giro con la sua jeep bianca.

L’amore ha vinto, sebbene abbiamo davanti agli occhi tanti contrasti e vediamo lo scontro fra molti opposti.

Il Papa sul sagrato della basilica vaticana
Il Papa sul sagrato della basilica vaticana   (@Vatican Media)

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Ci sono opposti da tenere insieme

Chi ha vissuto in una realtà pure “travagliata”, è stato nel XV secolo il cardinale tedesco Nicola Cusano, “un grande pensatore e servitore dell’unità”. Da lui si può apprendere “che sperare è anche ‘non sapere’”, indica il Pontefice, che traccio un profilo del porporato. Pur non vedendo “l’unità della Chiesa, scossa da correnti opposte e divisa fra Oriente e Occidente”, e “la pace nel mondo e fra le religioni”, durante i suoi viaggi, “come diplomatico del Papa”, “pregava e pensava”, “per questo i suoi scritti sono pieni di luce”.

Molti suoi contemporanei vivevano di paura; altri si armavano preparando nuove crociate. Nicola, invece, scelse fin da giovane di frequentare chi aveva speranza, chi approfondiva discipline nuove, chi rileggeva i classici e tornava alle fonti. Credeva nell’umanità. Capiva che ci sono opposti da tenere insieme, che Dio è un mistero in cui ciò che è in tensione trova unità. Nicola sapeva di non sapere e così comprendeva sempre meglio la realtà.

Un gruppo di fedeli in piazza San Pietro
Un gruppo di fedeli in piazza San Pietro   (@Vatican Media)

La “dotta ignoranza” e la speranza

Nicola Cusano, allora insegna a “fare spazio, tenere insieme gli opposti, sperare ciò che ancora non si vede”, evidenzia Leone, spiegando che il cardinale tedesco “parlava di una “dotta ignoranza”, segno di intelligenza” e ricordando che in alcuni scritti del porporato il protagonista “è un personaggio curioso: l’idiota”, “una persona semplice, che non ha studiato e pone ai dotti domande elementari, che mettono in crisi le loro certezze”. Così accade pure oggi nella Chiesa, fa notare il Pontefice.

Quante domande mettono in crisi il nostro insegnamento! Domande dei giovani, domande dei poveri, domande delle donne, domande di chi è stato messo in silenzio o condannato, perché diverso dalla maggioranza. Siamo in un tempo benedetto: quante domande! La Chiesa diventa esperta di umanità, se cammina con l’umanità e ha nel cuore l’eco delle sue domande.

Leone XIV mentre benedice un bambino
Leone XIV mentre benedice un bambino   (@Vatican Media)

Imparare da Gesù

Di fronte a questa consapevolezza, l’invito del Papa e a diventare “un popolo in cui gli opposti si compongono in unità”, ad addentrarsi “come esploratori nel mondo nuovo del Risorto”, che ci precede. È da Lui che la Chiesa e “tutta l’umanità imparano, conclude Leone, “avanzando un passo dopo l’altro” in un “cammino di speranza”.

Il Papa fra i pellegrini
Il Papa fra i pellegrini   (@Vatican Media)

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25 ottobre 2025, 11:13

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