Il Papa: nella Chiesa non personalismi ma ascolto, tutti dobbiamo servire

Nella Messa per il Giubileo delle équipe sinodali e degli organi di partecipazione, il Pontefice incoraggia la comunione e l’apertura all’altro. La pretesa di essere migliori degli altri, come fa il fariseo col pubblicano della parabola nel Vangelo domenicale, "crea divisione e trasforma la comunità in un luogo giudicante ed escludente". Camminare insieme e lasciare che lo Spirito trasformi le tensioni "perché non diventino contrapposizioni ideologiche e polarizzazioni dannose"

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

“Dobbiamo sognare e costruire una Chiesa umile”, che “si abbassa per lavare i piedi dell’umanità” e “non giudica”, che “si fa luogo ospitale per tutti”, “non si chiude in sé stessa, ma resta in ascolto di Dio” e ascolta tutti. Leone XIV chiede una Chiesa “sinodale”, “attratta da Cristo e perciò protesa al servizio del mondo” durante la Messa presieduta oggi, 26 ottobre, nella basilica di San Pietro, e concelebrata all'altare della Confessione con il cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, e il sottosegretario Luis Marín de San Martín, per il Giubileo delle équipe sinodali e degli organi di partecipazione. E raccomanda, per questo, che tutti camminino insieme, che ci siano dialogo, condivisione. Perché la Chiesa “non è una semplice istituzione religiosa né si identifica con le gerarchie e con le sue strutture”, rimarca il Papa, ma è “segno visibile dell’unione tra Dio e l’umanità”, del “progetto” divino di radunare “tutti in un’unica famiglia”.

LEGGI QUI IL TESTO INTEGRALE DELL'OMELIA DI LEONE XIV

Il Papa mentre incensa l'altare
Il Papa mentre incensa l'altare   (@Vatican Media)

La regola suprema della Chiesa: l’amore

Frutto “della comunione ecclesiale, generata e custodita dallo Spirito Santo” sono le équipe sinodali e gli organi di partecipazione che “esprimono quanto accade nella Chiesa, dove le relazioni non rispondono alle logiche del potere” - le quali, come diceva spesso Papa Francesco, sono “mondane” - bensì “a quelle dell’amore”. Nella comunità cristiana, infatti, è primaria la “vita spirituale”, “che ci fa scoprire di essere tutti figli di Dio, fratelli tra di noi, chiamati a servirci gli uni gli altri”, sottolinea Leone.

Regola suprema, nella Chiesa, è l’amore: nessuno è chiamato a comandare, tutti sono chiamati a servire; nessuno deve imporre le proprie idee, tutti dobbiamo reciprocamente ascoltarci; nessuno è escluso, tutti siamo chiamati a partecipare; nessuno possiede la verità tutta intera, tutti dobbiamo umilmente cercarla, e cercarla insieme.

L'altare della Confessione visto dall'alto
L'altare della Confessione visto dall'alto   (@Vatican Media)

Camminare insieme

E insieme vuol dire essere in “comunione nella Chiesa” , “camminare insieme”, specifica il Pontefice, ricordando che il suo predecessore, nel suo ultimo Messaggio per la Quaresima, definisce “vocazione della Chiesa” proprio il “camminare insieme”, l’“essere sinodali”. E per questo “i cristiani sono chiamati a fare strada insieme”, ad “essere tessitori di unità” in quanto tutti “figli di Dio”.

Il momento dell'offertorio
Il momento dell'offertorio   (@VATICAN MEDIA)

La pretesa di essere migliori degli altri

Leone ricorre alla parabola del fariseo e del pubblicano che si recano al Tempio per pregare - narrata nel Vangelo domenicale - per spiegare cosa vuol dire realmente “camminare insieme” nella Chiesa. I due si dirigono nello stesso luogo ma “sono divisi e tra loro non c’è nessuna comunicazione”, “il loro non è un camminare insieme”, poi, nel Tempio “uno si prende il primo posto e l’altro rimane all’ultimo”, fa notare il Papa, “tutti e due pregano il Padre, ma senza essere fratelli e senza condividere nulla”. In particolare il Vescovo di Roma si sofferma sul fariseo, che nella sua preghiera “guarda sé stesso, giustifica sé stesso, elogia sé stesso” e si sente “migliore” del pubblicano. In pratica, “ossessionato dal proprio io”, il fariseo ruota “intorno a sé stesso” e non ha alcuna “relazione né con Dio e né con gli altri”.

Questo può succedere anche nella Comunità cristiana. Succede quando l’io prevale sul noi, generando personalismi che impediscono relazioni autentiche e fraterne; quando la pretesa di essere migliori degli altri, come fa il fariseo col pubblicano, crea divisione e trasforma la Comunità in un luogo giudicante ed escludente; quando si fa leva sul proprio ruolo per esercitare il potere e occupare spazi.

Alcuni fedeli alla Messa presieduta dal Papa
Alcuni fedeli alla Messa presieduta dal Papa   (@Vatican Media)

Riconoscersi bisognosi di Dio e gli uni degli altri

Il pubblicano, invece, mostra umiltà, e con questa stessa umiltà nella Chiesa tutti devono riconoscersi “bisognosi di Dio e bisognosi gli uni degli altri”, esorta Leone. E ci si deve esercitare “nell’amore vicendevole, nell’ascolto reciproco, nella gioia del camminare insieme”, nella consapevolezza che, come scriveva san Clemente Romano, “Cristo appartiene a coloro che sentono umilmente”, non a chi si innalza “al di sopra del gregge”.

Le équipe sinodali e gli organi di partecipazione sono immagine di questa Chiesa che vive nella comunione. E oggi vorrei esortarvi: nell’ascolto dello Spirito, nel dialogo, nella fraternità e nella parresìa, aiutateci a comprendere che, nella Chiesa, prima di qualsiasi differenza, siamo chiamati a camminare insieme alla ricerca di Dio, per rivestirci dei sentimenti di Cristo; aiutateci ad allargare lo spazio ecclesiale perché esso diventi collegiale e accogliente.

Leone XIV mentre pronuncia l'omelia
Leone XIV mentre pronuncia l'omelia   (@VATICAN MEDIA)

La verità si cerca insieme

Se la Chiesa è spazio collegiale e accogliente in cui c’è comunione, allora è possibile anche affrontare “con fiducia e con spirito nuovo le tensioni” che sussistono “tra unità e diversità, tradizione e novità, autorità e partecipazione”, afferma il Papa, e lasciare così “che lo Spirito le trasformi, perché non diventino contrapposizioni ideologiche e polarizzazioni dannose”, le fecondi affinché si armonizzino e orientino “verso un discernimento comune”.

Il discernimento ecclesiale richiede “libertà interiore, umiltà, preghiera, fiducia reciproca, apertura alle novità e abbandono alla volontà di Dio. Non è mai l’affermazione di un punto di vista personale o di gruppo, né si risolve nella semplice somma di pareri individuali”. Essere Chiesa sinodale significa riconoscere che la verità non si possiede, ma si cerca insieme, lasciandosi guidare da un cuore inquieto e innamorato dell’Amore.

La basilica di San Pietro gremita di fedeli
La basilica di San Pietro gremita di fedeli   (@VATICAN MEDIA)

Maria alimenti la comunione nelle Chiese

A concludere l'omelia del Pontefice è, poi, una preghiera di don Tonino Bello, rivolta a Maria perché alimenti la comunione nelle Chiese, le aiuti “a superare le divisioni interne” e le fermi “quando decidono di mettersi in proprio, trascurando la convergenza su progetti comuni”, intervenga quando “serpeggia il demone della discordia”, spenga “i focolai delle fazioni”, ricomponga le “contese” e stemperi “le “rivalità”. Infine un'ultima invocazione a Dio, perchè gli uomini siano "radicati nell’amore di Dio", vivano "in comunione" e "come Chiesa" possano essere "testimoni di unità e di amore".

Guarda il video integrale della Messa per il Giubileo delle equipe sinodali e degli organi di partecipazione]

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26 ottobre 2025, 10:45