Il Papa: liberarsi da odio e pregiudizi, le religioni risveglino il senso di umanità
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Porge il suo saluto “con gioia e profonda gratitudine” Leone XIV ai capi e ai rappresentanti delle religioni del mondo riuniti, questo pomeriggio, 28 ottobre, insieme ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, nell’Aula Paolo VI per commemorare, con l’evento “Camminando insieme nella speranza”, il sessantesimo anniversario della Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra Aetate. Accolto da un applauso, il Pontefice inizia il suo discorso subito dopo e sottolinea l’“amicizia” e la “stima per la Chiesa Cattolica” che i diversi leader religiosi hanno manifestato “in modo speciale al tempo della malattia e della morte di Papa Francesco” e poi nel momento della propria elezione sulla cattedra di Pietro e con la presenza alla Messa di inizio pontificato. “Gesti” che “testimoniano il vincolo profondo e duraturo” tra la Chiesa cattolica e le altre religioni. Legami nutriti dalla Nostra Aetate, il cui messaggio per il Vescovo di Roma rimane “altamente rilevante oggi”. Un documento che ha “piantato un seme di speranza per il dialogo interreligioso”, cresciuto negli anni e oggi un “albero maestoso” dal quale sono scaturiti “ricchi frutti di comprensione reciproca, amicizia, cooperazione e pace”.
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Un impegno che si protrae
Nelle parole del Papa, pronunciate in inglese, il grazie per quanto è stato fatto e per la collaborazione con il Dicastero per il Dialogo Interreligioso, la Commissione per i Rapporti Religiosi con gli Ebrei presso il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e con la Chiesa Cattolica.
Per sessant’anni, uomini e donne hanno lavorato per coltivare Nostra aetate. Hanno annaffiato il seme, curato il terreno e lo hanno protetto. Alcuni hanno persino dato la loro vita — martiri del dialogo, che si sono opposti alla violenza e all’odio. Ricordiamoli oggi con gratitudine. Come cristiani, insieme ai nostri fratelli e sorelle di altre religioni, siamo ciò che siamo grazie al loro coraggio, al loro sudore e al loro sacrificio.
Le religioni voci che denunciano ingiustizie e proclamano pace
Il Pontefice sintetizza gli “insegnamenti più significativi” del documento: “che l’umanità sta convergendo sempre di più”, e compito della Chiesa è “promuovere l’unità e l’amore tra gli uomini e le donne, e tra le nazioni”; che “apparteniamo a una sola famiglia umana” e “ogni persona cerca risposte ai grandi enigmi della condizione umana”; che tutte le religioni “cercano di rispondere all’irrequietezza del cuore umano” offrendo “a modo proprio”, “insegnamenti, modi di vita e riti sacri” per guidare “i propri fedeli verso la pace e il senso della vita”. E aggiunge che “la Chiesa cattolica non rifiuta nulla di ciò che è vero e santo” nelle religioni, considerandole “con sincera riverenza” e sollecitando i diversi aderenti “attraverso il dialogo e la collaborazione, a riconoscere, preservare e promuovere ciò che è spiritualmente, moralmente e culturalmente buono in tutti i popoli”. Da qui l’appello ad impegnarsi per l’armonia tra gli uomini, di fronte ai “muri che si ergono di nuovo tra le nazioni, tra le religioni, persino tra vicini”, e al “frastuono della guerra”, alle “ferite della povertà” e al “grido della terra” dai quali emerge la fragilità della “famiglia umana”. “Molti si sono stancati delle promesse” e “hanno dimenticato come sperare”, è l’amara costatazione del Papa.
Come capi religiosi, guidati dalla saggezza delle nostre rispettive tradizioni, condividiamo una responsabilità sacra: aiutare il nostro popolo a liberarsi dalle catene del pregiudizio, dell’ira e dell’odio; aiutarlo a elevarsi al di sopra dell’egoismo e dell’autoreferenzialità; aiutarlo a sconfiggere l’avidità che distrugge sia l’animo umano sia la terra. In questo modo, possiamo guidare i nostri popoli a diventare profeti del nostro tempo, cioè voci che denunciano la violenza e l’ingiustizia, curano le divisioni e proclamano la pace per tutti i nostri fratelli e sorelle.
Il dialogo è un modo di vivere
Nel suo discorso, Leone rammenta anche la genesi del documento, voluto da Giovanni XXIII per descrivere “un nuovo rapporto tra la Chiesa cattolica e l’ebraismo” e, nella storia della Chiesa, primo “testo dottrinale con una base esplicitamente teologica che illustra le radici ebraiche del cristianesimo in modo biblicamente fondato” e “prende una posizione ferma contro tutte le forme di antisemitismo”. Quindi rileva l’importanza di riconoscersi tutti fratelli e di considerare il dialogo una modalità di vita.
Nostra Aetate insegna che non possiamo veramente invocare Dio, Padre di tutti, se ci rifiutiamo di trattare in modo fraterno ogni uomo e ogni donna, creati a immagine di Dio. In effetti, la Chiesa respinge tutte le forme di discriminazione o molestie per motivi di razza, colore, condizione di vita o religione. Questo documento storico, quindi, ci ha aperto gli occhi su un principio semplice ma profondo: il dialogo non è una tattica o uno strumento, ma un modo di vivere, un cammino del cuore che trasforma tutti i suoi protagonisti, chi ascolta e chi parla. Inoltre, percorriamo questo cammino non abbandonando la nostra fede, ma restando saldamente al suo interno.
Camminare insieme nella speranza
E ricorre, poi, alle parole rivolte da Papa Francesco ai giovani, nell’incontro interreligioso svoltosi lo scorso anno durante il Viaggio Apostolico a Singapore, il Pontefice: “Dio è per tutti, e quindi, siamo tutti figli di Dio”, ribadisce, esortando “a guardare oltre ciò che ci separa e a scoprire ciò che ci unisce tutti”. Quindi, ricordando che quest’anno la Chiesa cattolica sta celebrando il Giubileo della Speranza, incoraggia ad andare avanti proprio nella speranza.
Questo è il cammino che Nostra Aetate ci invita a continuare: camminare insieme nella speranza. Quando lo intraprendiamo, accadono meraviglie: i cuori si aprono, si costruiscono ponti e vengono tracciati nuovi sentieri là dove nessuno sembrava possibile. Questo non è l’impegno di una sola religione, di una sola nazione o anche di una sola generazione. È un compito sacro per tutta l’umanità mantenere viva la speranza, mantenere vivo il dialogo e mantenere vivo l’amore nel cuore del mondo.
Risvegliare il senso di umanità e del sacro
“Missione” delle religioni, “in questo momento cruciale della storia”, è quella di “risvegliare in tutti gli uomini e le donne il loro senso di umanità e del sacro”, indica il Papa, che ritiene “responsabilità” dei capi religiosi “portare speranza a un’umanità spesso tentata dalla disperazione”. Terminando, poi, Leone mette in risalto il “potere” della preghiera “di trasformare i nostri cuori, le nostre parole, le nostre azioni e il nostro mondo”, di rinnovare da dentro, riaccendendo “lo spirito di speranza e di amore” e cita l’invito a pregare rivolto nel 1986 da Giovanni Paolo II ad Assisi. A tutti chiede, infine, di raccogliersi silenziosamente in preghiera e conclude:
Possa la pace scendere su di noi e riempire i nostri cuori.
Prima dell’arrivo di Leone XIV si sono susseguiti diversi momenti. L'avvio dell’evento celebrativo della Nostra Aetate è stato un corteo di leader dell'ebraismo, dell'islam, dell'induismo, del giainismo, del sikhismo, del buddismo, dello zoroastrismo, del confucianesimo, del taoismo, dello shintoismo, delle religioni tradizionali africane e della Chiesa cattolica. A precederlo una danza tradizionale dello Sri Lanka, la Kandyan Dance, ballata dalla Sri Ridma Dance Academy.
Il saluto del cardinale Koovakad
A rivolgere il benvenuto ai circa 2mila presenti il cardinale George Jacob Koovakad, prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso. “In questi sei decenni, lo spirito della Nostra Aetate ha ispirato uno straordinario pellegrinaggio di incontro e collaborazione” ha detto, ricordando “con profonda gratitudine i pontefici – da San Giovanni XXIII a Papa Francesco – che hanno portato avanti questa missione con saggezza e coraggio”, “le Chiese locali che hanno coltivato il dialogo con dedizione e fedeltà” e “i tanti uomini e donne di diverse tradizioni religiose che si sono generosamente uniti alla Chiesa cattolica nel promuovere la comprensione reciproca” e auspicando che l'unità della famiglia umana ispiri la “costante ricerca di pace, riconciliazione e armonia per le generazioni a venire”.
L'intervento del cardinale Koch
Dopo il cardinale Koovakad è intervenuto il cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e presidente della Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, che ha ribadito la consapevolezza della Chiesa cattolica di aver ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento attraverso il popolo “con cui Dio, nella sua infinita misericordia, ha stretto l'Antica Alleanza”. “Consapevole di questa continuità, la Chiesa intende la Nuova Alleanza non come sostituzione, ma come compimento dell'Antica Alleanza” ha spiegato, specificando che “questo fondamento del nuovo rapporto della Chiesa cattolica con il popolo ebraico nella storia della salvezza va inteso anche come risposta positiva della Chiesa alla catastrofe della Shoah”. “Proprio come la Nostra Aetate afferma chiaramente il patrimonio comune di ebrei e cristiani, essa rifiuta anche inequivocabilmente ogni forma di antisemitismo” ha rimarcato il porporato, che ha evidenziato il “rapporto speciale e unico” della Chiesa cattolica con la religione ebraica, poiché “la Chiesa non può comprendere sé stessa senza riferimento al giudaismo”. Per questa “intima vicinanza, il dialogo teologico tra ebrei e cristiani rimane importante ed è molto caro a Papa Leone XIV”, ha proseguito il cardinale Koch, per il quale la Nostra Aetate “è e rimane la bussola comune delle relazioni cristiano-ebraiche”.
"Nostra Aetate, una pietra miliare"
Terminato l’intervento del prefetto del Dicastero per l’Unità dei Cristiani, è stato proiettato il video “Nostra Aetate, una pietra miliare”, che ha illustrato le idee chiave della Dichiarazione conciliare la cui storia è stata ripercorsa attraverso le parole del documento, i discorsi e i gesti dei Papi che si sono succeduti: dalla visita di san Giovanni Paolo II alla Sinagoga di Roma e alla Moschea degli Omayyadi di Damasco fino ai viaggi di Papa Francesco a Ur dei Caldei (Iraq) e in Mongolia.
Le esibizioni artistiche
Cinque le esibizioni artistiche che i presenti hanno potuto ammirare: un insieme di tre coreografie di danze indonesiane, “Rejang Dewa” da Bali,“Bedhayan Satya Mataya” da Giava e “Zapin Awal Bismillah” da Sumatra, che hanno rappresentato, rispettivamente, l’induismo, il cattolicesimo e l’islam; la performance africana di canti e poesia “Nel cuore del rito, il battito del dialogo”, con artisti dal Burundi, Burkino Faso, Costa d’Avorio, Ghana, Guinea-Bissau, Guinea-Conakry, Kenya, Mali, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo e Zambia; l'esecuzione di musica ebraica del NefEsh Trio; il canto a più voci del brano “We are the new world”; l'intrattenimento del Coro Le dolci note.
Le testimonianze
Nel corso della serata hanno condiviso le loro testimonianze il maestro Hsin Tao, originario della Birmania, che ha fondato il monastero buddhista del Monte Linjiu e il Museo delle religioni del mondo a Yonghe, New Taipei, Taiwan, Sarah Bernstein, direttrice esecutiva del Rossing Center for Education and Dialogue di Gerusalemme, e, attraverso un video, i giovani della Nave Bel Espoir - visitata a Ostia da Leone XIV il 17 ottobre scorso - che hanno navigato insieme per promuovere la pace, nel progetto “Bel Espoir – MED25”.
“Credo fermamente che i conflitti possano essere risolti solo attraverso l'ascolto, la comprensione e la promozione dell'amicizia tra le religioni” ha dichiarato il maestro Tao, raccontando di avere avviato una serie di dialoghi buddisti-musulmani in tutto il mondo per aiutare le religioni a riconoscere la verità, la bontà e la bellezza intrinseche l'una dell'altra attraverso il dialogo e lo scambio, convinto che compito delle religioni è risolvere le differenze attraverso azioni amorevoli e proteggere la vita e l'intera Terra. Bernstein, da parte sua, partendo da proprie esperienze personali, ha definito la Nostra Aetate “un appello coraggioso e rivoluzionario a lottare contro opinioni negative profondamente radicate riguardo le fedi diverse” dalla propria. Guardando, poi, all’attuale situazione “in Israele-Palestina” e alle “differenze nazionali, oltre a quelle religiose”, da affrontare e all’“aumento globale dell'antisemitismo e dell'islamofobia", ha osservato che “il compito di Nostra Aetate non è ancora completato” e ha riferito che al Rossing Center for Education and Dialogue, il team ebraico, cristiano e musulmano “riunisce israeliani e palestinesi per ascoltare, imparare e guarire”. Dalla Nave Bel Espoir, che in 8 mesi di navigazione ha ospitato otto gruppi di venticinque giovani di tutte le nazionalità, culture e religioni, impegnatisi a dialogare quotidianamente per costruire la pace attraverso l'esperienza in mare, approdando in diversi porti e incontrando uomini e donne che promuovono la giustizia e credenti di tutte le religioni, è giunto, invece, questo messaggio: “Testimoniamo che ognuno riflette un raggio di verità che illumina tutta l'umanità. Insieme abbiamo pregato. Oggi siamo tornati a casa. La vita ha ripreso il suo corso normale, ma i nostri cuori sono stati trasformati … Noi, giovani del Mediterraneo, continueremo a vivere e ad agire come pellegrini di speranza”.
Continuare a seminare il dialogo
L’ultimo gesto è stato la consegna ai leader religiosi, da parte di alcuni bambini, di piccoli sacchetti di semi - che tutti gli partecipanti all'evento hanno ricevuto all'uscita - simbolo del “seme di speranza” piantato sessanta anni fa con la Nostra Aetate – il seme del dialogo, dell'amicizia e del rispetto tra i popoli e le religioni – che oggi si deve continuare a seminare, “incoraggiando in modo speciale i giovani, a diventare nuovi seminatori di pace e dialogo”.
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