Monsignor Vitalii Kryvytskyi incontra Papa Leone Monsignor Vitalii Kryvytskyi incontra Papa Leone 

Il vescovo latino di Kyiv: il Papa invita il popolo ucraino a non perdere la speranza

Monsignor Vitalii Kryvytskyi ha incontrato questa mattina Papa Leone raccontandogli il dolore e la fede del popolo ucraino in questo lungo tempo di guerra. Sono passati oltre 3 anni e 8 mesi dall’invasione russa su larga scala e gli attacchi sulle città e le infrastrutture ucraine si stanno sempre più intensificando

Svitlana Dukhovych – Città del Vaticano

Gratitudine per il suo sostegno al popolo sofferente dell’Ucraina e per il suo incoraggiamento a non perdere la speranza in un tempo molto difficile: è quanto ha espresso al Papa monsignor Vitalii Kryvytskyi, vescovo latino di Kyiv-Zhytomyr, che stamattina ha avuto la gioia di incontrare per la prima volta Leone XIV.

Eccellenza, oggi ha avuto un'udienza con Papa Leone. Cosa può dirci?

Ho avuto l'opportunità di incontrare il Pontefice per ringraziarlo delle sue preghiere, del suo amore per l'Ucraina, delle sue parole che sentiamo durante le omelie o durante l'Angelus di domenica: ogni volta sentiamo il suo sostegno per il nostro Paese in un momento così difficile per noi. L’ho ringraziato per i suoi messaggi così chiari. Ringraziarlo anche per il sostegno di cui forse non potremo mai conoscere fino in fondo la portata. Anche per tutto ciò che il Vaticano fa per i nostri profughi, per i bambini ucraini ricoverati all'ospedale Bambino Gesù e in ogni luogo in cui è possibile aiutare il nostro Paese così provato. Ho anche chiesto al Papa cosa vorrebbe trasmettere al popolo ucraino, alla nostra comunità di vescovi cattolici. E, naturalmente, ho sentito ancora una volta parole di sostegno. Il Papa ci ha esortato a non perdere la speranza, soprattutto ora, in questo Anno giubilare, anche se la comunità internazionale – benché stia cercando diversi modi per risolvere la nostra questione, la questione di questa guerra sanguinosa - non trovi ancora una soluzione. Le sue parole di sostegno sono state per me come quelle di un padre che sa che possiamo superare questa prova. Durante questo incontro ho sentito una mano paterna e per questo sono molto grato al Santo Padre.

Eccellenza, lei è un vescovo giovane e risiede a Kyiv, città costantemente sotto il fuoco dei bombardamenti russi. Che significato ha avuto questo incontro per lei personalmente come vescovo, come sacerdote e anche come padre spirituale dei suoi fedeli?

Sì, in effetti Kyiv sta soffrendo, e anche oggi è stata un'altra notte difficile: molti bombardamenti e incendi di vaste proporzioni. Ci sono feriti, nei giorni scorsi ci sono stati anche dei morti. Per me è stato molto importante incontrare il Santo Padre, anche solo per rendermi conto personalmente che il Papa è profondamente coinvolto nella nostra situazione, nonostante abbia molte altre sfide da affrontare: posso solo immaginare quanti, come me, si rechino da lui per condividere le loro difficoltà e chiedere consiglio. E per me, come vescovo, era molto importante sentirlo parlare, per poter a mia volta trasmettere le sue parole ai nostri fedeli.

Lei ha fatto parte della delegazione del Consiglio pan-ucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose che dal 20 al 22 ottobre ha compiuto una visita in Norvegia. Qual era lo scopo di questa visita? E quanto è stato importante che rappresentanti di diverse confessioni e religioni fossero insieme in questa iniziativa?

Il viaggio in Norvegia è stato organizzato con il sostegno della Società Biblica Norvegese, quindi questa volta i rappresentanti del Consiglio pan-ucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose si sono concentrati principalmente sulle Chiese cristiane. Durante altri viaggi simili, noi, in qualità di rappresentanti del Consiglio, ma anche come rappresentanti della comunità religiosa ucraina, svolgiamo la cosiddetta attività di advocacy. Alcuni la definiscono “diplomazia soft”. È un'opportunità per comunicare alla comunità internazionale qual è la situazione reale oggi nel nostro Paese. Tali viaggi hanno anche lo scopo di trasmettere un messaggio di gratitudine a coloro che vorrebbero sapere se il loro aiuto arriva davvero ai nostri cittadini comuni. E quando facciamo questi viaggi insieme, rappresentiamo proprio questa unità. Ed è allora che le persone possono capire che non si tratta di una visione particolare della situazione secondo la prospettiva dei protestanti o dei cattolici o degli ortodossi oppure della comunità ebraica o musulmana: questi incontri parlano di unità. E anche quando incontriamo comunità cristiane o presentiamo l'Ucraina come comunità cristiana, parliamo di ecumenismo nella sua forma pratica, non solo accademica o teologica. Non conduciamo discussioni teologiche, ma si tratta di ecumenismo pratico, di cooperazione e di rimanere nello stesso spirito, raggiungendo obiettivi comuni per il nostro popolo in un momento così difficile.

La prossima settimana ricorrerà il 60° anniversario della Dichiarazione del Concilio Vaticano II “Nostra aetate” sul dialogo con le altre religioni. Quanto è importante che le diverse confessioni, le diverse religioni in Ucraina, collaborino in questo momento molto difficile per il Paese?

In tempi difficili, qualsiasi forma di collaborazione è benvenuta. Sappiamo che le divisioni all'interno della nostra società hanno sempre solo danneggiato il nostro popolo. Come persone credenti, comprendiamo che abbiamo molti strumenti e modi che aiutano a unirci. Penso che quando parliamo di dialogo, sia importante ricordare che il dialogo deve essere avviato da due parti aperte l'una all'altra, due parti che si rispettano a vicenda e non si bollano con parole come: “Non c'è niente da discutere con te”. Per quanto riguarda il dialogo religioso, non si tratta del cosiddetto “miscuglio religioso”, del sincretismo che dovrebbe unire le convinzioni religiose e dire che sono tutte uguali. Assolutamente no. Tuttavia, come oggi nel caso dell'Ucraina, abbiamo delle sfide che sono comuni a tutti noi, indipendentemente dal nostro credo, dalle nostre tradizioni religiose. E quando ci troviamo in alcuni Stati con le nostre missioni di advocacy, molto spesso è proprio questo fattore a essere determinante – il fatto che ne parliamo all'unisono. Anche adesso, quando abbiamo incontrato una comunità interconfessionale e interreligiosa, i nostri interlocutori sono rimasti colpiti dal fatto che parliamo in modo così unanime, completandoci a vicenda. E in realtà credo che l'Ucraina oggi non sia solo testimone di qualcosa di negativo – mi riferisco alla guerra sanguinosa in corso, perché la guerra è sempre negativa – ma siamo anche testimoni del fatto che in realtà esiste questo dialogo. Abbiamo davvero rispetto per l'altra persona. Parliamo del fattore della pluralità religiosa, che caratterizza l'Ucraina. Questa è davvero la nostra ricchezza. E molte persone che incontriamo, in particolare i rappresentanti di diverse confessioni e religioni, dicono: “Possiamo imparare da voi”. Ringraziamo Dio che ci dà questo spirito di comprensione, il suo Spirito, affinché siamo semplicemente aperti all'altra persona, al dialogo, come ho già detto: non al sincretismo, ma al dialogo. E vediamo che nella nostra collaborazione ci sono settori in cui dobbiamo impegnarci per ottenere il bene per la società. In primo luogo, naturalmente, per il nostro popolo, per l'Ucraina, ma condividendo questa esperienza anche con gli altri.

Monsignor Vitalii Kryvytskyi con Papa Leone
Monsignor Vitalii Kryvytskyi con Papa Leone

Vorrei chiederle della diocesi di Kyiv-Zhytomyr. Come si svolge attualmente la sua attività in circostanze così difficili, con i continui bombardamenti? Quali sono, in questa fase della guerra, le principali linee di azione?

Il primo compito della Chiesa, indipendentemente dalla situazione esterna, è quello di non perdere di vista le sue priorità principali, ovvero nutrire i fedeli con la parola di Dio e i sacramenti, accompagnare i credenti, evangelizzare. Nel nostro caso, quando parliamo di bombardamenti, quando parliamo anche dell'avanzata continua delle truppe russe nell'est dell'Ucraina, questa è in realtà una sfida molto grande. Questa oggi è la nostra croce. Allo stesso tempo, il nostro ministero pastorale oggi ha un aspetto completamente diverso. In particolare, siamo sempre pronti ad accogliere i nostri difensori, che sappiamo non saranno mai più gli stessi che erano prima della guerra. Siamo chiamati ad aiutarli ad adattarsi di nuovo alla società, aiutiamo le loro famiglie ad accettarli come sono oggi. Perché, in realtà, le ferite della guerra che hanno subito, le portano per noi, per salvarci. Perché se non avessimo la possibilità di nasconderci dietro le loro spalle, per così dire, non potremmo stare seduti qui adesso. Da parte nostra, abbiamo il dovere, sottolineo, il dovere di aiutarli a reinserirsi nella vita della società. Dobbiamo aiutare le famiglie dei soldati caduti o dei civili uccisi in guerra. Vivono situazioni estremamente difficili, perché nulla di materiale, né un'altra persona, può semplicemente prendere il posto della persona più cara. E quindi siamo chiamati a portare loro Dio, perché Dio guarisce ogni ferita. Siamo chiamati anche a dire le parole giuste per loro e anche per noi stessi, cioè a resistere in questo momento così difficile, per poi aiutare gli altri: le madri dei soldati caduti, le mogli, i figli. E, naturalmente, la Chiesa cerca diversi modi per aiutarli. Alle terapie che svolgono i nostri cappellani o collaboratori parrocchiali, partecipano non solo i nostri fedeli. Attraverso il passaparola, vengono tutti coloro che nel dolore non trovano una via d'uscita. Hanno bisogno di sentire: “Non tutto è perduto. Puoi davvero rialzarti e vivere pienamente la vita che oggi ti sembra impossibile”. Siamo anche chiamati a implorare incessantemente il Signore per questa pace, una pace giusta, perché ricordiamo che solo Lui è il datore di una pace giusta. Ricordiamo oggi le parole dei vescovi di Roma, che hanno detto non si può scendere a compromessi con il male. Bisogna chiamare ogni cosa con il suo nome e pregare Dio perché guarisca questo male. Pertanto, la Chiesa oggi ha davanti a sé grandi sfide anche nel condividere questo con le altre Chiese locali, con gli altri rappresentanti della nostra Chiesa cattolica, affinché anche noi in questo momento parliamo all'unisono, come dicono gli Atti degli Apostoli quando sottolineano che i cristiani erano “un solo cuore”, perché erano uniti dallo Spirito Santo. Chiediamo quindi oggi allo Spirito Santo di aiutarci in questo momento di oscurità a vedere la luce, a vedere le vie d'uscita che il Signore ha preparato per noi.

Cosa vorrebbe dire ai cattolici di tutto il mondo?

Rivolgendomi ai fratelli e alle sorelle in Cristo, nella nostra Chiesa cattolica, chiedo con tutto il cuore, di pregare con fervore, di intensificare questa preghiera che da anni sale al Signore, ma che oggi, forse a causa della stanchezza, è diventata meno evidente e attiva. Chiedo questa preghiera, soprattutto ora, alla vigilia di un altro inverno che si preannuncia molto difficile per il popolo ucraino. Chiedo il sostegno concreto alle nostre persone che hanno dovuto lasciare l'Ucraina, in particolare in considerazione della necessità di sopravvivere durante un inverno simile a quelli degli anni precedenti. Chiedo il sostegno globale nei vari dialoghi e negli incontri internazionali, dove si discutono questioni relative all'Ucraina, a questa guerra, alla ricerca di soluzioni. Sono sicuro che attraverso la nostra comunione, attraverso la preghiera e l’unità spirituale Dio farà davvero di più.

Monsignor Vitalii Kryvytskyi in udienza da Papa Leone
Monsignor Vitalii Kryvytskyi in udienza da Papa Leone

 

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25 ottobre 2025, 16:00