Il Papa: i cori segno di una Chiesa in cammino che loda Dio e aiuta il prossimo
Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano
Il viaggio dell’esistenza si dispiega come un susseguirsi di salite ardue e piane, fatiche e sollievi che solo la musica, a volte, riesce a restituire in vibrazioni autentiche. Il cammino si intreccia con volti e voci diverse, note di un unico spartito: la Chiesa. E così la strada, pur tortuosa, sembra farsi più lieve mentre conduce verso quella “meta” gioiosa di cui tanto si è udito il canto. È questa l’immagine che, dal sagrato della Basilica di San Pietro, dove nella fredda mattinata splende il sole, Papa Leone XIV propone oggi, 23 novembre, presiedendo la Messa nella Solennità di Gesù Cristo Re dell'Universo e in occasione del Giubileo dedicato ai cori e alle corali. Con lui, all'altare il cardinale decano del collegio cardinalizio Giovanni Battista Re e il cardinale Mauro Gambetti arciprete della Basilica vaticana, salito all'altare per la preghiera eucaristica.
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Gesù "sovrano mite e umile"
L’omelia del Pontefice rivolta ai circa 60mila fedeli e pellegrini partecipanti si apre con la citazione del Salmo 121, intonato durante la liturgia della Parola: "Andremo con gioia alla casa del Signore". Un versetto che richiama la solennità odierna e loda Gesù, “sovrano mite e umile”, che ha per trono la Croce dalla quale irradia il suo Regno, rivelando al mondo “l’immensa misericordia del cuore di Dio”.
Edificare spiritualmente i fratelli
È l’amore stesso di Dio a scaldare le voci dei coristi e gli strumenti dei musicisti che celebrano oggi il loro Giubileo. Il loro compito non è affatto banale: si tratta dell’“edificazione spirituale dei fratelli”, come ricorda la Sacrosanctum Concilium, favorendo la partecipazione dei fedeli all’azione liturgica, evidenzia il Papa.
Oggi esprimete appieno il vostro “iubilum”, la vostra esultanza, che nasce dal cuore inondato dalla gioia della grazia.
La musica espressione naturale dell'umano
La storia della musica attraversa quella delle civiltà del mondo, rendendo comunicabile ciò che portiamo nel profondo del cuore e che “non sempre le parole possono esprimere”, fa notare, poi il Pontefice. È un coro, appunto, di sentimenti ed emozioni che scaturiscono da un rapporto intimo e vivo con la realtà
Il canto, in modo particolare, rappresenta un’espressione naturale e completa dell’essere umano: la mente, i sentimenti, il corpo e l’anima qui si uniscono insieme per comunicare le cose grandi della vita.
"Cantare è proprio di chi ama"
"Cantare amantis est, cantare è proprio di chi ama”, scriveva sant’Agostino. Lo ricorda il Papa, sottolineando come la musica sappia esprimere un ampio ventaglio di sentimenti: amore, dolore, tenerezza e desiderio. Per il Popolo di Dio essa diventa invocazione e lode, grazia cantata da “figli della Chiesa che trovano nel Risorto la causa della loro gioia”.
La musica liturgica diviene così uno strumento preziosissimo mediante il quale svolgiamo il servizio di lode a Dio ed esprimiamo la gioia della Vita nuova in Cristo.
La Chiesa in cammino
Il canto, aggiunge ancora il santo vescovo di Ippona, è proprio anche dei viandanti: pellegrini talvolta affaticati che, nel susseguirsi delle note e delle armonie, trovano “un anticipo della gioia che proveranno quando raggiungeranno la loro meta”. "Canta ma cammina" diceva il grande padre della Chiesa, "avanza nel bene". Si canta insieme, ci si consola nelle sofferenze, ci si sostiene nella stanchezza, si ravviva l’entusiasmo quando prevale la fatica.
Cantare ci ricorda che siamo Chiesa in cammino, autentica realtà sinodale, capace di condividere con tutti la vocazione alla lode e alla gioia, in un pellegrinaggio d’amore e di speranza.
Il coro espressione dell'unità ecclesiale
Leone cita, poi, sant’Ignazio di Antiochia, che metteva in relazione il canto del coro con l’unità della Chiesa:
Dalla vostra unità e dal vostro amore concorde si canta a Gesù Cristo. E ciascuno diventi un coro, affinché nell’armonia del vostro accordo prendendo nell’unità il tono di Dio, cantiate a una sola voce per Gesù Cristo al Padre, perché vi ascolti e vi riconosca per le buone opere.
Infatti, la Chiesa potrebbe rispecchiarsi nelle voci diverse di un coro, che armonizzate tra di loro danno vita a un’unica lode, unita dall’amore “in un’unica soave melodia”.
Le corali, piccole famiglie unite dall'amore
Il ministero del corista, prosegue il Papa, richiede preparazione, fedeltà, intesa reciproca e un’intensa vita spirituale: “se voi, cantando, pregate, aiutate tutti a pregare”. Il buon cantore è disciplinato e permeato di spirito di servizio. Il coro è una piccola famiglia “di persone diverse unite dall’amore per la musica e dal servizio offerto”.
Ricordate, però, che la comunità è la vostra grande famiglia: non le state davanti, ma ne siete parte, impegnati a rendetela più unita ispirandola e coinvolgendola.
Le normali stonature
Come in ogni comunità, possono sorgere tensioni ed incomprensioni, considera il Pontefice. Stonature normali, “quando si lavora insieme e si fatica per raggiungere un risultato”.
Possiamo dire che il coro è un po’ un simbolo della Chiesa che, protesa verso la sua meta, cammina nella storia lodando Dio. Anche se a volte questo cammino è irto di difficoltà e di prove, e ai momenti gioiosi se ne alternano altri più faticosi, il canto rende più leggero il viaggio e reca sollievo e consolazione.
"Segno eloquente della preghiera della Chiesa"
Leone XIV invita allora a trasformare i cori in prodigi di armonia e bellezza, immagini luminose di una Chiesa “che loda il suo Signore”. Esorta i coristi a studiare il Magistero e a rendere partecipe il popolo di Dio, “senza cedere alla tentazione dell’esibizione che esclude la partecipazione attiva dell’intera assemblea liturgica”.
Siate, in questo, segno eloquente della preghiera della Chiesa, che attraverso la bellezza della musica esprime il suo amore a Dio. Vigilate affinché la vostra vita spirituale sia sempre all’altezza del servizio che svolgete, così che esso possa esprimere autenticamente la grazia della Liturgia.
L'affidamento a santa Cecilia
Infine, il Papa affida ogni corista alla protezione di santa Cecilia, commemorata ieri, 22 novembre, “che qui a Roma, con la sua vita, ha innalzato il canto d’amore più bello, donandosi totalmente a Cristo e offrendo alla Chiesa la sua luminosa testimonianza di fede e di amore”.
Al termine della celebrazione eucaristica, Leone saluta corali e cori venuti da ogni parte del mondo. Poi, prima della recita dell'Angelus, rivolge il suo pensiero ai sacerdoti, fedeli e studenti rapiti in Nigeria e in Camerun chiedendo la loro liberazione. Abbraccia, inoltre, spiritualmente, i giovani che oggi nelle diocesi di tutto il mondo celebrano la Giornata Mondiale della Gioventù e annuncia la pubblicazione, oggi, della sua Lettera apostolica In unitate fidei, che commemora il 1700.mo anniversario del Concilio di Nicea, a pochi giorni dal suo viaggio apostolico in Turchia e in Libano.
Ultimata la preghiera mariana, il Papa raggiunge con la sua jeep bianca i fedeli radunati in piazza San Pietro, fermandosi a benedire bambini e a salutare gruppi e pellegrini che gli consegnano doni e regali.
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