A tavola con il Papa dove la fame trova sollievo, amicizia, speranza

In Aula Paolo VI, la Giornata mondiale dei Poveri si celebra in un clima di grande familiarità, gioia e unità. Sono 1300 gli ospiti di ogni provenienza che hanno potuto gustare il pranzo offerto dalla famiglia dei Vincenziani, alleggerendo il carico di preoccupazioni che si accompagna a vicende dolorose fatte per lo più di di abbandoni, malattie, disoccupazione. Tra i commensali, storie di fatica e tentativi di risalita

Antonella Palermo - Città del Vaticano

Una giovane suora allatta con un biberon un neonato di origini africane. Lei, Missionaria della Carità, povera tra i più poveri del mondo, indugia sul suo piatto di lasagne con verdure perché prioritario è nutrire il piccolo. In Aula Paolo VI è una festa sulle note della tradizione melodica napoletana eseguita dal vivo dalla piccola orchestra di Forcella ad allietare il convivio nella IX Giornata mondiale dei Poveri. Il Papa, arrivato dopo la recita dell'Angelus in San Pietro, prende posto nella tavolata allestita al centro in prossimità del palco e condivide qualche parola di benvenuto: 

Con grande gioia ci raduniamo in questo pomeriggio per questo pranzo, in questa Giornata che tanto ha voluto il nostro tanto amato, il mio predecessore, Papa Francesco. Un forte applauso per il Papa Francesco.

La fraternità è la vita

Arriva dopo una sosta davanti alla Grotta di Lourdes dove ha salutato un gruppo di poveri che pranzano nei Giardini Vaticani. Il suo è un rendere grazie a Dio per i tanti doni ricevuti, la vita, la fede, la fraternità. Insiste sull'importanza della fraternità, che è la vita, esclama. E poi il grazie agli organizzatori e a tutti i benefattori. Che il vero amore, è la preghiera del Successore di Pietro, si riversi nei cuori di ciascuno affinché si sia consapevoli della sorgente dei doni, che è il Signore.

Nutrire i corpi, sfamare l'anima

Il pensiero del Pontefice, nell'atto di benedire la mensa in Aula, è anche per le "tante persone che soffrono a causa della violenza e della guerra, della fame". Anche qui Leone invoca lo spirito di fraternità che sembra proprio vivificarli questi corpi infiacchiti, disorientati, timidi, border line. Ce ne sono altri euforici, molto euforici, altri ancora diffidenti. Girare tra i tavoli rotondi imbanditi dai Vincenziani - che offrono il pranzo ai 1300 ospiti di questa domenica e che nell'atrio hanno preparato per ciascuno di loro un kit per la cura personale contenente anche un piccolo panettone augurale - ha una densità forte. Dal quartiere romano di Primavalle alla Nigeria, dall'Ucraina alla periferia laziale, da Cuba a Barcellona.

La suora di Madre Teresa di Calcutta dice che le foto sì, quelle si possono fare. Accenna alla loro casa alla periferia della capitale dove transitano per brevi periodi mamme con i propri bambini: situazioni di varia difficoltà trovano nella assistenza di queste consorelle, discrete e infaticabili, una possibilità di tregua. Una donna allatta al seno il suo piccolo, con garbo, cura, tenerezza solcata da una malcelata stanchezza. È la maternità biologica che si incrocia con quella spirituale, è la femminilità che si esprime nelle forme più delicate, cariche di sogno, di offerta. 

Perdere il lavoro, esporsi alla rassegnazione

L'occasione speciale per la grande famiglia religiosa dei Vincenziani è quella della celbrazione dei 400 anni dalla nascita del fondatore. Sfilano decine e decine di persone che servono ordinatamente le pietanze: al primo segue una cotoletta e il babà come dessert. C'è della frutta "buonissima" che il Papa, alla fine del pranzo, invita tutti i commensali a prendere e portare a casa. Viene da Napoli. Dalla Campania e dalla Basilicata partecipano ospiti che ci tengono a difendere un sano amor proprio: "Io ho perso il lavoro perché mi hanno riscontrato una invalidità. Lavoravo da poco come addetta in una mensa, non ero abbastanza tutelata e hanno pensato senza troppi scrupoli di mandarmi via. Ho sessant'anni, mi arrangio, non è facile ma ci tengo al decoro, bisogna sempre sorridere". Storie di disoccupazione sono riscontrabili un po' ovunque: l'impiego può venir meno nelle fabbriche del Sud andate in crisi o alla morte di un genitore a cui si faceva da badante percependone il reddito. Se si perde la fonte con cui comprare il pane si è più esposti a non trovare un'altra àncora. 

Il Papa tra i suoi commensali
Il Papa tra i suoi commensali   (@Vatican Media)

Il senso della vita è aiutare gli altri

Molti, tuttavia la trovano un'altra possibilità. Trovano centri di ascolto, luoghi da cui ripartire per rimettersi nei circuiti giusti. Non è facile ma ci si prova. La provvidenza fa il resto. Accade ad Assisi, per esempio, da dove arriva un gruppo della 'Casa di Papa Francesco' gestita dai Frati minori a Santa Maria degli Angeli. Un'accompagnatrice parla di storie di dipendenze, malattie, abbandoni. Talvolta è un mix che travolge una persona e la butta sulla strada. E allora non vengono neppure le parole per raccontarsi, si fermano in gola. "Il senso della vita è aiutare gli altri - dice l'assistente -, i poveri sono Vangelo incarnato". E riecheggia quanto ha detto il Papa alla Messa, che i poveri non sono solo una categoria sociologica. Dalla Somalia, con ironia e un forte accento romanesco, una donna ricorda il suo servizio svolto per anni al Dono di Maria, a due passi dal Vaticano. Arrivata appena dodicenne a Roma, nel '77, il contatto con le suore l'ha avvicinata alla fede cattolica e l'ha portata a ricevere il Battesimo nel 2010 da Benedetto XVI durante la Veglia di Pasqua in san Pietro. Ora è alle prese con un brutto male ma non perde la capacità di scherzare e di rimboccarsi le maniche. 

Un popolo di scartati rianimato dallo stare insieme

Da Leopoli c'è una ex badante, i cugini sono al fronte in Ucraina. La nostalgia è immensa, corruga il viso. "Andiamo avanti, che bisogna fare? Non so se la guerra avanzerà ancora, se potrò mai tornare nel mio Paese". Una storia "complicata" e misteriosa è quella dell'artista Francesco Cardillo, in arte Vardel. Di Gaeta, siede accanto a un gruppo della parrocchia romana di San Gregorio VII e mostra un album dove il tratto inconfondibile dei suoi disegni a penna nera si deposita aggrovigliato, come le vicissitudini 'ai margini' che lo hanno attraversato: "Ho casa occupata, mi hanno truffato... Oggi vorrei fare un disegno al Papa, con Francesco sono venuto già, adesso il Papa è nuovo...". 

Una famiglia a tavola con Leone XIV
Una famiglia a tavola con Leone XIV   (@Vatican Media)

Scout, operatori Caritas, religiose e laici: un popolo di prossimità a chi è vulnerabile solca un'Aula dove si celebra l'unità al di là di ogni appartenenza. Tra i commensali al tavolo del Papa c'è una donna con un libro a fumetti che ripercorre la storia di Pinocchio e che regalerà a Leone; c'è un giovane dalla Costa D'Avorio, di poche parole, non è cattolico: "Che importa, qui è bello perché ci si sente a casa, vengo dalla Calabria...". Poco distanti alcune donne da Chiclayo, in Perù. Sono qui da oltre vent'anni, il Papa lo hanno conosciuto a Roma: "Sono vedova, ho con me mia madre e mia figlia che sta facendo delle terapie mediche. Abbiamo chiesto la casa popolare da tanti anni, adesso siamo saliti nella lista degli assegnatari, speriamo bene. La fede ci aiuta, sono viva per Gesù. Meno male che in giro ci sono delle brave persone, di buona volontà". A fine pasto, il suggello della benedizione papale a cui si accompagna il rinnovato grazie di Leone a tutti, al padre generale dei Vincenziani, in modo particolare, e al cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio. 

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16 novembre 2025, 15:30