Il Beato Giovanni Paolo I Il Beato Giovanni Paolo I 

Papa Luciani, la pace e l’elogio di "madre prudenza"

Una virtù che «non lavora da sola; c’è tutto un drappello di buone e brave figliole ad aiutarla: la docilità, la sagacia, la metodicità, la previdenza, la circospezione, la precauzione, la costanza». Così scriveva Giovanni Paolo I che, nel suo breve pontificato, aveva fatto ricorso a "madre prudenza" nel suo costante impegno per la pace, espresso anche in una lettera al presidente Usa Carter dopo i colloqui di Camp David

di Stefania Falasca* 

Giovanni Paolo I lasciò questo mondo improvvisamente, il 28 settembre di 47 anni fa, stringendo tra le mani una virtù. La prima delle virtù cardinali: la prudenza. La virtù principe di chi governa. Auriga virtutum, la condottiera di tutte le virtù, la definisce Platone. «Madre prudenza» la chiama papa Luciani nei fogli che tiene stretti tra le dita quando l’indomani viene rinvenuto da due delle suore dell’appartamento entrate per prime nella sua stanza. Lo avevano ritrovato così «come chi si addormenta leggendo», proprio con quei fogli sul petto: quelli di un suo vecchio scritto sulla prima virtù cardinale. Una specie di breve trattato dal titolo Riflessioni sulla prudenza cristiana, pubblicato sul «Bollettino della diocesi di Vittorio Veneto» nel 1964. Giovanni Paolo I l’aveva infatti rimessa all’ordine del giorno per l’udienza generale che avrebbe pronunciato il mercoledì successivo, dopo quelle già tenute sulle virtù teologali, perché questo era il suo programma. Voleva tracciare la strada con le «Sette lampade» della vita cristiana: le virtù teologali della fede, della speranza e della carità precedute dall’umiltà, e le quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza.

Quelle che con il Giornale dell’anima di Giovanni XXIII chiamava «Le Sette lampade di santificazione», così come aveva dichiarato il 13 settembre 1978 nel corso dell’Udienza generale sulla fede. Un programma attestato negli appunti autografi del block notes del pontificato, conservato nell’Archivio Privato Albino Luciani (APAL) presso la Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I, trascritto e pubblicato, a cura della Fondazione, nel volume (Il Magistero. Testi e documenti del Pontificato, LEV - San Paolo, 2022) che contiene il corpus completo dei testi e documenti di Giovanni Paolo I nel corso del suo pontificato con la sinossi degli interventi scritti e pronunciati e le trascrizioni degli appunti autografi che ne costituiscono la genesi, tratti dall’agenda e dal block notes personali. Appunti nei quali la riflessione su questa virtù rimanda ai non pochi scritti precedenti, la cui trattazione, nella lectio doctoralis Elogio della prudenza, gli valse nel 1975 la laurea honoris causa presso l’Università Federale di Santa Maria in Brasile. E proprio su questa virtù indispensabile a chi governa, in una originale soluzione di registro a due voci – che utilizza l’espediente letterario dell’atemporalità per parlare ai contemporanei – Luciani intesse persino un dialogo fittizio con Bernardo di Chiaravalle, nella sua famosa raccolta di lettere immaginarie Illustrissimi.   

La prudenza e le sue "figliole"

Nella dettagliata trattazione, la prudenza, scrive, «non lavora da sola; c’è tutto un drappello di buone e brave figliole ad aiutarla: la docilità, la sagacia, la metodicità, la previdenza, la circospezione, la precauzione, la costanza». «È una specie di scienza. Scienza delle cose cui tendere e da cui fuggire, diceva Cicerone». E con i classici Luciani afferma che è «ars vivendi» cioè «scienza pratica, perciò il prudente dev’essere capace di applicare e adattare i principi alle circostanze, alla vita». Ed essendo una virtù, «serve solo cause nobili e si serve solo di mezzi leciti». Ma soprattutto è anche «una specie di motore», afferma, ricorrendo a Tommaso d’Aquino: «Parrà paradossale questa affermazione, ma è di san Tommaso: «Prudentia est motor». La prudenza è infatti una virtù e ogni virtù spinge all’azione – scrive ancora nella Riflessione – Questo dà il ben servito agli eroi del quieta non movere, ai cosiddetti “santoni della prudenza”, a quelli che dicono sistematicamente: “Non mi ci colgono!”, “Non voglio seccature!”, confondendo la prudenza con il barcamenarsi, con il fuggire, in ogni caso, ogni responsabilità e ogni lotta. No, questa non è prudenza, ma inerzia, pigrizia, sonnolenza, passività, parenti tutte di quella cosa brutta che si chiama viltà. La prudenza esclude lo zelo cieco e l’audacia pazza, ma vuole l’azione franca, decisa, audace, quando è necessaria».

La lettera al presidente americano Carter

Ed è facendo ricorso proprio a questo «motore della prudenza» che Giovanni Paolo I scrive al presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter il 21 settembre 1978: «Abbiamo preso nota con attenzione dei punti di convergenza raggiunti durante l’incontro, come Lei ci ha indicato in dettaglio, che riguardano sia il complessivo piano di pace per il Medio Oriente sia il futuro trattato di pace tra Egitto e Israele», scrive in inglese firmandosi in calce a conclusione dei colloqui di pace per il Medio Oriente tenutasi a Camp David dal 15 al 17 settembre 1978. La lettera proveniente dalle note riservate del Dipartimento di Stato americano, viene a concludere l’iter di appoggio del Papa ai colloqui; un iter che costituisce il filo conduttore dell’impegno costante a favore della pace nel corso dei suoi 34 giorni di pontificato. Il 17 settembre il presidente Carter aveva scritto a Giovanni Paolo I per informarlo dei risultati conseguiti dichiarando di aver ricevuto «great inspiration from your prayers for the Camp David summit and for peace in the Middle East», come documenta la Nota segreta della Segreteria di Stato degli Stati Uniti d’America all’Ambasciata statunitense di Roma del 18 settembre 1978. Sul perseguimento della pace, del resto, Giovanni Paolo I aveva espresso chiaramente la sua volontà nel programma di pontificato espresso nell’ Urbi et orbi pronunciato dalla Cappella Sistina il 27 agosto e l’aveva affermato nell’ultimo dei sei programmatici «vogliamo», ancora così attuale: «Vogliamo infine favorire tutte le buone e lodevoli iniziative che possano tutelare e incrementare la pace in questo mondo turbato: chiamando alla collaborazione tutti i giusti, i buoni, gli onesti, i retti di cuore, affinché possano arginare, all’interno delle nazioni, la violenza cieca che solo distrugge e semina rovine e lutti, e, nella vita internazionale, possano condurre gli uomini alla mutua comprensione, alla comunanza degli sforzi che favoriscano il progresso sociale, debellino la fame del corpo e l’ignoranza dello spirito, e promuovano il progresso dei popoli meno abbienti, ma ricchi di energie e di volontà». “Ed è su quest’ultimo «vogliamo» che il Comitato Scientifico della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I, con la collaborazione del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, svolgerà il prossimo convegno presso la Pontificia università Gregoriana, in programma in due giornate nel 2026. 

*Postulatrice della causa di canonizzazione di Papa Giovanni Paolo I

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27 settembre 2025, 14:30