La conferenza alla Gregoriana sui 60 anni della Nostra Aetate La conferenza alla Gregoriana sui 60 anni della Nostra Aetate

Gregoriana, il futuro del dialogo a 60 anni dalla Nostra Aetate

Un convegno nell'Ateneo pontificio nell'ambito delle celebrazioni per l'anniversario della dichiarazione conciliare. Padre Di Luccio, presidente del Collegium Maximum: "Questo appuntamento ci permetta di leggere i segni dei tempi e contribuire al dialogo interreligioso"

Don Paweł Rytel-Andrianik e Wojciech Rogacin - Città del Vaticano 

Rappresentanti di spicco delle istituzioni scientifiche del mondo cristiano, dell'Islam, dell'induismo e dell'ebraismo, hanno preso parte a “Verso il futuro. Ripensare la Nostra Aetate oggi” (Towards the Future. Re-Thinking Nostra Aetate today”), convegno di tre giorni che si è svolto presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, nell'ambito delle celebrazioni per i 60 anni della dichiarazione conciliare. "Come sarebbe scritta Nostra Aetate oggi?", è stata una delle domande che ha guidato i lavori dei partecipanti, incentrati sulla riflessione circa l'attualità del documento in un contesto storico diverso e in un mondo dalle tante complessità e caratterizzato dal pluralismo religioso. Le tradizioni religiose, un tempo considerate secondarie, hanno acquisito maggiore importanza e sfide completamente nuove sono apparse nell'orizzonte della modernità, hanno evidenziato i presenti.

La Nostra Aetate oggi

La conferenza presso la Gregoriana è stata organizzata dal Centro Studi Interreligiosi e dal Centro Cardinal Bea dell'Università Gregoriana con il patrocinio del Dicastero per Dialogo interreligioso, la Commissione per i Rapporti religiosi con l'Ebraismo (CRRE), il Dicastero per l'Unità dei cristiani. Ad aprire i lavori è stato il rettore dell'Università Gregoriana, padre Mark Lewis SJ; sono seguiti gli interventi dei cardinali George Jacob Koovakad, prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso, e Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell'Unità dei cristiani. Con loro anche il professor Elias El Halabi, moderatore del Gruppo di riferimento per il Dialogo interreligioso del Consiglio Mondiale delle Chiese. 

Il dialogo è necessario nei momenti più difficili

Durante le prime sessioni, è stata discussa l'influenza di varie tradizioni religiose sulla redazione finale di Nostra Aetate. Le riflessioni sono state condivise, tra gli altri, da Yon Seng Yeath, rettore dell'Università buddista Preah Sihanouk Raja di Phnom Penh; Lejla Demiri, del Centro di teologia islamica dell'Università di Tubinga; rabbi Noam Marans dell'American Jewish Committee. Alla Gregoriana erano presenti, inoltre, rappresentanti dell'ebraismo, tra cui il rabbino Abraham Cooper del Simon Wiesenthal Center, e diversi rappresentanti delle confessioni cristiane.

Il rabbino Marans alla Gegoriana
Il rabbino Marans alla Gegoriana

Come ha spiegato ai media vaticani, monsignor Flavio Pace, segretario del Dicastero per la Promozione dell'Unità dei cristiani, si è voluto ripensare Nostra Aetate non tanto per cambiare il pensiero, bensì per riesaminare il percorso di riflessione che ne ha portato alla creazione. “Non possiamo non trasmettere il dono che ci è stato dato. La dimensione del dialogo, profondamente radicata nella tradizione ebraico-cristiana, ci mostra la necessità di stare di nuovo insieme", ha detto Pace. "Alcuni pensavano che a causa della violenza e delle guerre, tutto avrebbe dovuto essere fermato. Infatti, è proprio nei momenti in cui è più difficile, quando sorgono tensioni o interpretazioni diverse, che dobbiamo ancora una volta essere vicini l'uno all'altro, cercare di capirci, ascoltare profondamente l'altro e far rivivere quest'opera, che è stata una vera e propria rivoluzione, perché ha cambiato completamente il paradigma dell'approccio, dell'autocoscienza del cristianesimo nelle sue radici e nel suo sviluppo, nonché nei rapporti con il mondo e con i credenti di altre religioni, a partire però dalle radici che il cristianesimo riconosce nell'ebraismo”

Segni teologici dei tempi

Da parte sua padre Pino Di Luccio SJ, presidente del Collegium Maximum dell'Università Gregoriana, ancora ai media vaticani ha espresso la fiducia che, grazie alla riflessione avviata in questi giorni, ci sarà anche un grande contributo alla teologia. “Esso permetterà di leggere i segni dei tempi con ancora maggiore profondità e darà sicuramente un contributo importante anche per il dialogo interreligioso che si svilupperà con attenzione diretta alla conoscenza dell'altro. Un altro contributo importante lo darà nella costruzione della pace e nella convivenza delle nazioni”, ha affermato ancora il gesuita.

"È un regalo fantastico”

Il rabbino Noam Marans, direttore degli affari internazionali del Comitato americano ebraico, presente alla conferenza, si è detto molto felice della possibilità di essere a Roma in questi giorni: non solo alla conferenza, ma anche agli incontri con Papa Leone. “È un dono essere qui, a Roma e in Vaticano, tra tante diverse celebrazioni, commemorazioni e riflessioni su Nostra Aetate”, ha affermato. “Siamo particolarmente grati che il Papa, sia all'evento dedicato a Nostra Aetate che durante l'udienza generale, ha sottolineato molto chiaramente la genesi di Nostra Aetate, il suo rapporto con il popolo ebraico. Sia lui che il cardinale Koch hanno anche chiaramente e inequivocabilmente dichiarato che l'antisemitismo non ha posto in questo mondo, e la Chiesa vi si oppone con tutta sé stessa, con ogni fibra della sua essenza".

Guarda oltre e costruisci la pace

“È stata una conferenza molto importante, e ciò che va sottolineato in particolare è il fatto che non si tratta di un'iniziativa accidentale della nostra università", ha aggiunto Di Luccio. "Il nostro Ateneo si occupa quotidianamente di questi temi: dialogo, ricerca di modi per costruire la pace. La nostra università educa al dialogo con l'altro, con il diverso, educa alla costruzione della pace e, come dice Papa Leone XIV, ad uno sguardo che sappia guardare oltre".

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31 ottobre 2025, 15:45