"Vivere, parlare e vedere questo cielo", la mostra al Dicastero per la Cultura

Inaugurata nell'ambito del Giubileo del mondo educativo, e aperta fino al 9 gennaio, l'esposizione dell'artista Tommaso Spazzini Villa presenta opere della serie "Radici". Le pagine di testi classici diventano palinsesti vivi, capaci di accogliere l’azione della natura all’interno delle forme della cultura. Un dialogo poetico tra sapere e materia, dove l’educazione si rivela terreno fertile per la ricerca, la trasformazione e l’abitare la complessità

Eugenio Murrali - Città del Vaticano

Radici di alberi che si nutrono di libri e allo stesso tempo li ridefiniscono, come gli occhi della nostra mente che si abbeverano alla fonte delle parole e ci aiutano a capire e a divenire chi siamo. Vivere, parlare e vedere questo cielo di Tommaso Spazzini Villa è un percorso in cui immagine e poesia si uniscono, si confondono e non smettono di generare riflessione sulla complessità. "Mi piace pensare a questo progetto - osserva il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l'educazione che ha organizzato e ospita l'esposizione - in questa chiave: una riflessione coraggiosa sui legami fragili e tenaci che affondano le loro radici nel nostro essere-nel-mondo". 

Natura e cultura a dialogo

L'esposizione è costruita attraverso dei palinsesti vivi, cioè con pagine di libri su cui lo scambio tra natura e cultura non smette di scrivere e riscrivere noi stessi, la nostra storia e, in definitiva, l'universo. L'artista ascolta e restituisce questa osmosi. "La natura - afferma Spazzini Villa - ha una maniera di procedere che è altro dal nostro modo di pensare. Va per altre logiche. L'incontro tra il mondo della mente, i libri, e il mondo della natura, le radici, è un andare diverso, ma in dialogo". Questi rizomi, tratteggiati dalla mano dell'artista, passano sulle pagine dei classici, le attraversano, escono, rientrano e raccontano un rapporto mutevole che è vita.

Una delle opere di Tommaso Spazzini Villa
Una delle opere di Tommaso Spazzini Villa

Una pedagogia dello sguardo

La radice ha una grande ricchezza di significati: "È un simbolo che ha tante declinazioni - spiega l'artista -, tante interpretazioni, e voglio lasciarlo il più libero possibile. Non è solo identità, è anche qualcosa di strutturale, che richiama il silenzio, l'energia sotterranea di ciò che regge, che nutre, che non si vede". La lettura, il sapere, in dialogo con la materia, diventano pedagogia dello sguardo, un'educazione all'ascolto di quella tacita forza che corre tra la natura e la cultura. 

Specchiarsi nei classici

"Spazzini Villa - osserva de Mendonça - ci pone la domanda fondamentale se leggere non sia, tra le altre cose, un processo che ci mette in condizione di leggere noi stessi, e se, in fin dei conti, ci sia tanta differenza tra osservare i segni che sottolineano la pagina e quelli laceranti che sottolineano la nostra pelle". In questo modo, prosegue il cardinale, l'impronta del nostro passaggio attraverso lo spazio del poema, "specchio del territorio del mondo", diventa un ritratto o, più radicalmente, un autoritratto. I classici che Spazzini Villa utilizza come materia artistica nella sua opera - pagine di Omero, Dante, Milton, di musica sacra, di grandi opere del diritto o del pensiero - sono il terreno in cui affondano le nostre radici, "ma non solo, - afferma l'artista - sono anche il luogo in cui noi ci specchiamo per riconoscerci, per leggerci, per dare nomi alle cose". 

Undici terzine al giorno

Oltre ai "palinsesti vivi", decine e decine di fogli si susseguono sospesi lungo i corridoi del Dicastero. Sono versi della Divina commedia di Dante. Tommaso Spazzini Villa ha battuto con una macchina Olivetti undici terzine al giorno per un anno, sottolineando ogni volta alcune parole significative. E ogni sera quei versi avevano qualcosa da dire ed era qualcosa d'importante.

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29 ottobre 2025, 19:20