Cristiani chiamati alla responsabilità per il bene comune e la pace

Alla Pontificia Università Lateranense (Pul) una Giornata giubilare dal titolo “I cristiani nei fora internazionali". Il sotto-segretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, Linda Ghisoni, spiega ai media vaticani: "Vogliamo rimarcare che, per un cristiano, vivere l’impegno nel mondo contemporaneo non è un’opzione o una scelta, ma un compito che si radica nel battesimo"

Roberto Paglialonga - Città del Vaticano

L’impegno nelle attività a carattere sociale, sia a livello locale che internazionale, è nel Dna della Chiesa. Vangelo, teologia della carità, magistero e principi della Dottrina sociale cattolica costituiscono i pilastri su cui poggiano le iniziative ecclesiali in ambito prettamente umanitario. Oltre al livello diplomatico dei rapporti con gli Stati curato principalmente dalla Santa Sede, un ruolo significativo lo giocano oggi anche gli organismi e le Ong di ispirazione cattolica, che hanno avuto origine e si sono affermate a partire soprattutto dagli inizi del XX secolo, e che sono presenti tanto con le loro rappresentanze nelle organizzazioni internazionali quanto sul terreno, in zone di vulnerabilità, di crisi e spesso di conflitto. Per queste, la Segreteria di Stato – sezione per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, assieme al Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e l’Istituto pastorale Redemptor Hominis della Pontificia Università Lateranense (Pul), ha organizzato una Giornata giubilare, intitolata “I cristiani nei fora internazionali. Per un contributo alla vita socio-politica”, tenutasi proprio oggi, venerdì 28 novembre, presso l’ateneo del Laterano, all’indomani del raduno del VI Forum delle Ong d’ispirazione cattolica. Vi hanno preso parte rappresentanti di 90 realtà, provenienti da 32 Paesi diversi.

L'apertura del convegno alla Lateranense
L'apertura del convegno alla Lateranense

Ghisoni: l'impegno radicato nel battesimo

Il senso e l’importanza di questo momento di dialogo e confronto, promosso nel contesto del 60° anniversario della costituzione conciliare Gaudium et Spes e del Decreto Apostolicam Actuasitatem, spiega ai media vaticani Linda Ghisoni, sotto-segretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, sta “nel desiderio di valorizzare e sostenere la presenza dei cristiani nei contesti della vita socio-politica. Vogliamo rimarcare che, per un cristiano, vivere l’impegno nel mondo contemporaneo non è un’opzione o una scelta, ma un compito che si radica nel battesimo”. Una vocazione che sia Papa Francesco prima, sia Papa Leone oggi, hanno sottolineato. Bergoglio invitava i cattolici a “scendere dai balconi”, a mettersi in strada e a “giocare” se stessi nei luoghi dove si lavora, si vive, si soffre; Prevost, nell’incontro di agosto 2025, con i rappresentanti civili e politici della diocesi di Créteil, ha ribadito che: “Non c’è da una parte l’uomo politico e dall’altra il cristiano. Ma c’è l’uomo politico che, sotto lo sguardo di Dio e della sua coscienza, vive cristianamente i propri impegni e le proprie responsabilità!”.

Testimoniare l'unità di vita mettendo al centro la persona

Una delle sfide più grandi oggi – riprende Ghisoni – è “quella legata all’unilateralismo e all’individualismo. Penso che i cristiani abbiano da portare una profonda unitarietà di vita, mettendo al centro la persona umana e la sua trascendenza, e in essa riconoscendo l’immagine di Dio. Sono convinta che le parole di Francesco e Leone possano essere una guida per tutti noi, laici, chierici, religiosi, affinché possiamo essere una presenza che annuncia e testimonia l’unità di vita, così come San Pier Giorgio Frassati e la serva di Dio Dorothy Day”. A entrambi, tra l’altro, nel convegno alla Lateranense sono stati dedicati due interventi specifici, e questo “ci induce a comprendere meglio come nel particolare, nell’impegno puntale, si possa rendere presente l’universale: ciò che è profondamente cristiano in ciò che è genuinamente umano, senza alcun dualismo”.

Un messaggio rivolto anche ai giovani

Un messaggio che si indirizza anche ai giovani. “Sì, tra i 180 iscritti a questo convegno abbiamo una folta presenza di studenti e studentesse del Redemptor Hominis, di scienze della pace e scienze politiche, e lo abbiamo voluto perché ciò che le organizzazioni di ispirazione cattolica condividono, quanto a sfide e formazione, sia trasmesso anche alle nuove generazioni, affinché possano comprendere qual è la chiamata forte, oggi, a una missione nei contesti internazionali di vita politica e sociale, e vengano incoraggiati a impegnarsi nei vari ambiti relativi a clima, sviluppo, educazione, diritti umani, migrazioni. Il nostro è un incontro intergenerazionle che ci dà speranza”, e che tra l’altro si svolge in concomitanza con il viaggio di Papa Leone in Türkiye e Libano. “Proprio oggi ricorrono i 1700 dal Concilio di Nicea: trovo ci sia un profondo nesso tra questa Giornata giubilare e i temi del viaggio apostolico. Nel 325 d.C. venne proclamata la base della fede e patrimonio condiviso da tutti i cristiani, come leggiamo nella Lettera apostolica In unitate fidei. Ci piace pensare che la missione di questa giornata, che vuole proclamare la persona umana al centro, senza distinguerla dalla sua trascendenza, sia in profonda sintonia con il viaggio” del Pontefice.

L'arcivescovo Caccia: a livello internazionale portiamo sempre l'attenzione rivolta al bene comune

“La carta delle Nazioni Unite – dice in una conversazione con i media vaticani, a margine del convegno, l’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu a New York – è aperta essa stessa alla partecipazione della società civile, dell’accademia, del mondo privato e delle realtà che compongono le nostre società. In questo senso da sempre si è avuta la partecipazione di Ong e organismi internazionali” nei consessi globali, e “la presenza cattolica si è sempre caratterizzata per quei temi che rispecchiano i valori fondanti, la vita, la famiglia, la giustizia, l’equità, la sussidiarietà, e tutto l’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa”. Pertanto, conclude, le organizzazioni di ispirazione cattolica, nel dibattito internazionale “portano questa particolare attenzione sempre rivolta al bene comune”. E “c’è lo spazio per questa voce ispiratrice che, come è stato detto anche qui, dia luce e lievito per il bene di tutta l’umanità”.

Ascolta l'intervista con l'arcivescovo Gabriele Caccia

Le testimonianze e le "buone pratiche"

Dopo la sessione mattutina del convengo, nel pomeriggio due panel hanno presentato esempi di “buone pratiche” relativamente ad alcune tematiche, per far meglio comprendere come quell’ "essere lievito" nell’ambito internazionale possa trovare attuazione. Dallo sviluppo e la cooperazione internazionale alla sicurezza alimentare, passando per la pace e la mediazione nei conflitti, i diritti umani, il clima e l’educazione.

L'impegno per l'Amazzonia e i popoli indigeni

Laura Vicuña Pereira, vice-presidente della Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia (Ceama), ai nostri microfoni ha raccontato il senso dell’impegno e della testimonianza cristiani in Amazzonia e a favore dell’ambiente: “è l’impegno, a sostegno della Chiesa e dell’evangelizzazione, che unisce la fede e la vita nella difesa della vita stessa, della terra e dei diritti”. Ora, aggiunge, “stiamo consolidando il lavoro della Ceama ed elaborando gli orizzonti sinodali, ovvero il cammino proprio dell’Amazzonia per dare seguito a quello che era stato previsto nel Sinodo a essa dedicato”. In concreto, “porto qui alla conferenza il caso del popolo Karipuna, e della missione della Chiesa a sostegno dei loro diritti e della loro presenza: un popolo indigeno dello Stato di Rondônia, in Brasile, che è stato decimato circa 30 anni fa. Erano sopravvissute solo otto persone, mentre adesso sono 60”.

La sicurezza alimentare in Etiopia

Mentre Macarena Cotelo, direttrice dei progetti della Fundación Promoción Social, ha illustrato un progetto per la sicurezza alimentare nella Regione dei Somali in Etiopia, portato avanti con la collaborazione della cooperazione spagnola. “È un territorio colpito da un clima estremo, povertà, con al suo interno anche rifugiati – spiega – nel quale stiamo riuscendo a collaborare bene in un rapporto proficuo tra cristiani cattolici e musulmani”. Una iniziativa che però, “trasversalmente, riguarda in particolare le donne, cerchiamo di aiutarle a diventare piccole imprenditrici, guadagnando accesso al credito per poter avere una sorta di indipendenza economica”. I pilastri principali sono lo sviluppo agricolo e l’accesso alle risorse idriche, ma vogliamo anche “creare in loro consapevolezza sui diritti delle donne, in termini di contrasto alla violenza e alle mutilazioni, che purtroppo, benché ufficialmente vietate, sono ancora praticate. E stiamo ottenendo buoni risultati, anche tra gli uomini che vogliono un futuro diverso per le proprie figlie”.

Monsignor Pacho: la Storia come spazio di responsabilità per i cristiani

Molti, dunque, i campi di intervento da parte di chi si impegna in organizzazioni orientate dalla fede. La Storia – come ha ricordato nella sua introduzione il sotto-segretario per il Settore multilaterale della Segreteria di Stato, monsignor Daniel Pacho, intervenuto dopo i saluti iniziali dell’arcivescovo Alfonso V. Amarante, rettore della Pul – è dunque uno spazio di responsabilità in cui i cristiani sono chiamati a mettersi in gioco. Soprattutto perché, citando San Paolo nella lettera ai Corinzi, “Tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”, ha aggiunto.

Il passaggio della Porta Santa a San Giovanni in Laterano

Il convegno si è concluso con la celebrazione giubilare, il passaggio della Porta Santa della Basilica di San Giovanni in Laterano, e la messa presieduta dal cardinale Kevin Joseph Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.

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28 novembre 2025, 16:21