Le storie e le testimonianze dal mondo dei "ministri della speranza"
Gianmarco Murroni - Città del Vaticano
La salute mentale è di tutti, non è una tematica chiusa all’interno degli spazi sanitari: è il messaggio che arriva dal convegno Ministry of Hope (Ministero della Speranza), l’evento che riunisce a Roma, dal 5 al 7 novembre, leader ecclesiali, professionisti e operatori pastorali da tutto il mondo per testimoniare l’impegno della Chiesa cattolica riguardo il benessere mentale. Nel suo secondo giorno, oggi 6 novembre, la conferenza si è concentrata sulle storie e sulle esperienze provenienti da vari parti del pianeta, mostrando quanto la salute mentale sia un tema che unisce tutti i popoli. “Se un miliardo di persone nel mondo soffre di problemi legati alla propria salute mentale, non si può rimanere semplicemente nello spazio della malattia. È necessario gestire la salute mentale all’interno della comunità per ottenere risultati migliori”: così il professor Santo Rullo, medico psichiatra, tra i professionisti del settore presenti al convegno. “La comunità ecclesiale, ad esempio, è una modalità con la quale la collettività riesce a prendersi cura degli altri prendendosi anche cura di se stessi”.
Formazione del clero
“Attendevo questo convegno da tempo, ciò che mi ha colpito di più in questi giorni è stata la formazione del clero e dei seminaristi, perché c’è veramente bisogno di una formazione sul benessere mentale e su quello che è il modo di affrontare con i fedeli le problematiche legate alla salute mentale. Inoltre, è fondamentale avere una buona conoscenza di sé per arrivare a una realizzazione specialistica sempre più consona al ruolo e alla missione che si persegue”. A parlare è la professoressa Simonetta Sartor, psicologa, che si sofferma poi sulle problematiche legate al suicidio, soprattutto tra i giovani, a cui lo stesso Papa Leone XIV aveva fatto riferimento nel suo messaggio per le intenzioni di preghiera di novembre: “Se un giovane riesce ad avere una sana e sufficiente autostima, che passa anche dalla conoscenza delle proprie capacità e dalla consapevolezza dei propri limiti, può riuscire anche a dare una gioia in più a quelle persone che faticano a dare un senso alla propria vita. I giovani vivono spesso problematiche a livello sociale e relazionale, ma anche lavorative. Serve un percorso di conoscenza di sé per scoprire che la nostra vita è unica e si può declinare anche in un servizio all’umanità”.
I sopravvissuti
A testimoniare la sua esperienza sul suicidio è Sonia Casanova: un anno fa sua sorella si è tolta la vita e oggi Sonia racconta dell’importanza di stare vicino alle persone che soffrono: “Chi ha pensieri suicidi spesso viene lasciato da solo, nella società il suicidio è percepito ancora come uno stigma pesante. Spesso non si può riesce a capire se una persona ha questi pensieri, ma in ogni caso si è abbandonati a se stessi. La famiglia stessa ha difficoltà”. I sopravvissuti, coloro che hanno avuto esperienze con casi di suicidio, “vivono con una ferita che probabilmente, non si rimarginerà mai", racconta Sonia. "Sono ignorati principalmente dalla società. Servono delle persone, anche all’interno della Chiesa, che siano in grado di supportare quelle persone la cui malattia non si vede a occhio nudo. Servono dei veri e proprio ministri di speranza”.
Ascolto e accoglienza
Un’altra testimonianza di chi combatte a favore del benessere mentale arriva dal Brasile: “Lavoro a Fortaleza, nella periferia della città, in uno dei quartieri più problematici e violenti - racconta padre Rino Bonvini, missionario comboniano e medico psichiatra - dal 1996 abbiamo iniziato un lavoro di accoglienza, di ascolto e di cura con le persone che hanno un problema di sofferenza psichica e a partire dall'ascolto della comunità abbiamo elaborato una metodologia socioterapeutica di multiplo impatto che attualmente è riconosciuta anche a livello internazionale, che si chiama approccio sistemico comunitario. La metodologia consiste nell’accogliere, ascoltare e prendersi cura delle persone, affinché, con la dimensione spirituale, possano elaborare una nuova coscienza di sé”. “Il Papa ci invita a riflettere sul farci prossimi per evitare che la persona scelga la morte invece della vita - prosegue padre Bonvini - il farsi prossimo passa attraverso l'amore di Dio, attraverso la nostra compassione e questo deve partire dall'accoglienza: una fede viva che consenta a tutti di avere la vita in abbondanza”.
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