Quella forza che nasce dalla fragilità, Benigni racconta San Pietro
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
«Per guidare la Chiesa, Gesù non sceglie l'apostolo perfetto, no: Gesù sceglie il più umano, quello che è caduto più in basso. L'ultimo. Forse proprio per questo la Chiesa è riuscita a durare attraverso i secoli. Perché la sua forza nasce dalla fragilità. E infatti la storia di Pietro non finisce con il rinnegamento, con il Calvario e la crocifissione di Gesù. Anzi, in un certo senso, comincia proprio qui». Rapisce, senza cali d’attenzione, Roberto Benigni mentre da un palco allestito alle spalle della Basilica vaticana si esibisce in un monologo di circa due ore, trasmesso da Rai 1 questa sera in prima mondiale. Pietro. Un uomo nel vento è il titolo della co-produzione Stand by me Vatican Media, distribuita da Fremantle, da domani disponibile anche in libreria per Einaudi. Del volume - scritto da Benigni con Michele Ballerin, Chiara Mercuri e Stefano Andreoli – sono uscite oggi alcune anticipazioni sulla stampa.
Un colpo di fulmine
L’attore, comico e regista racconta con passione il suo incontro con il primo degli apostoli. «Le cose più importanti della vita non si apprendono né si insegnano, ma si incontrano». Lo stesso è accaduto a Pietro: «Gesù guarda Simone, lo guarda fisso. Gesù che ti guarda fisso, oh: ma si può immaginare? E gli dice: Tu sei Simone, figlio di Giona. Ti chiamerai Kefa, che vuol dire pietra, da cui Pietro. Non lo conosce, non l'ha mai visto prima, e in una battuta gli dice chi è, chi era, e chi sarà. E gli cambia il nome! A Pietro si piegano le ginocchia, (…) non si oppone, non fa resistenza: rimane senza parole. (…) Rinuncia al suo nome, come se fosse normale che uno ti incontra e ti cambia il nome! Come se uno mi dicesse: Tu sei Roberto, figlio di Luigi. Ecco, d'ora in avanti ti chiamerai Antonio. Andiamo, Antonio! Ma ragazzi! Ma che gli succede, a Pietro? È come se una forza si stesse impossessando di lui. (…) Un colpo di fulmine, come quando ti innamori. Quel falegname lo ha conquistato. (…) Pietro lo segue».
Una storia di ragazzi
«Ma lo sapete – si legge nel testo - che quando Pietro incontra Gesù ha più o meno la sua età? Ventotto, ventinove, neanche trent'anni! E infatti non si capisce perché Pietro è rappresentato sempre come un uomo molto anziano, calvo, con le rughe e la barba bianca. Ci avete fatto caso? Sempre: nei dipinti, nelle statue (…). Sembra che Pietro sia nato già vecchio. Invece quando conosce Gesù è un giovane, come lui. È una storia di ragazzi, questa!».
Uno spettacolo di fuochi d’artificio
«La vita di san Pietro è come uno spettacolo di fuochi d'artificio, (…) piena di gioia e di commozione, di colpi di scena. Del resto, non potrebbe essere diversamente: parliamo dell'amico più caro di Gesù! Vi ricordate quando a scuola, alle medie, ci davano il tema da comporre? Tema: Il tuo migliore amico. Ecco, se Gesù fosse stato alle medie avrebbe scritto: Il mio migliore amico è Pietro».
Il mio migliore amico
«E ora – confessa Benigni - è diventato anche il mio migliore amico, perché me ne sono innamorato! (…) Come parla, come si muove, come reagisce, come guarda, come cammina, come pesca E quante ne combina! Oh, Signore! All'inizio non ne fa una giusta. Non capisce, sbaglia, inciampa, ci ripensa, (…) è proprio uguale a noi, ripeto: il più vicino a noi, e nello stesso tempo il più vicino a Gesù». La vicenda umana del pescatore di Galilea, secondo l'attore, svela «cosa può fare un uomo per Dio e cosa può fare Dio di un uomo».
Come un bambino
L’interprete del monologo scorre in rassegna tutti gli episodi salienti della vita del discepolo a cui Cristo consegna le chiavi del Regno dei cieli. Tra i tanti c’è quello della tempesta sedata: «Mentre la barca è tormentata dalle onde e dal vento, gli apostoli vedono una figura che viene loro incontro, camminando sull'acqua. (…) Tutti si spaventano, gridano per la paura: Aiuto, è un fantasma!. Al che Gesù dice loro: Non abbiate paura, sono io! Pietro, a sentire questo, non ci crede. (…). Come un bambino che vede qualcuno sulle giostre e dice Voglio andarci anch'io! (…) Oh, ma vi dico al posto di Pietro avrei fatto lo stesso, non avrei resistito! (…) Gesù lo prende in parola. E gli dice, semplicemente: Pietro, vieni. Allora Pietro scende dalla barca per provare a camminare sull'acqua (…) Fa tre o quattro passi, cammina sull'acqua! Però subito dopo ha paura, si spaventa (…). E grida: Signore, aiuto, salvami!. È proprio come da bambini, no? Quando si impara a camminare, e il babbo ci dice: Vieni, vieni!. Noi facciamo due o tre passi e poi budubum!, caschiamo in terra, e il babbo ci prende.
I dubbi e la fede
«Pietro è uguale a noi» anche quando si lascia sopraffare dalla paura (…) Ha dei dubbi! (…) Tutti noi ce li abbiamo, ma vi dirò di più: chi non ha dubbi non ha fede!», afferma Benigni. Ma anche dopo il rinnegamento «miseramente consumato, (…) Gesù continua ad avere fiducia in Pietro». (…) Perché la vera natura del cristianesimo è questa: «non una religione di regole, ma una rivoluzione d'amore!»
La vera rivoluzione
Dopo Gesù infatti, nulla è stato più come prima. «Ama il tuo nemico, è forse la frase più sconvolgente mai pronunciata sulla faccia della Terra. (…) Altro che Rivoluzione francese, mi viene da ridere!». Gesù è odiato dalle autorità religiose e dagli intellettuali del suo tempo: ne avevano paura, lo sentivano come una minaccia. «È un terremoto! (…) È venuto a cambiare radicalmente la vita! Distrugge il mondo vecchio per crearne uno nuovo. (…) Dice che davanti a Dio non c'è più schiavo né padrone, non c'è più uomo né donna ma siamo tutti fratelli. (…) Ha rotto la piramide del potere, ha rovesciato la vita! (…) Ha portato una legge nuova: la legge dell'amore! L'amore che quando c'è non servono le leggi, i comandamenti, le regole, le punizioni. (…) Gesù lo fonda, l'amore, lo inventa! (…) È riuscito ad amare come nessuno prima di lui. (…) Come se avesse detto: «Voglio vedere fin dove posso arrivare. Di più, di più!»
Il Vangelo che cambia lo sguardo e la vita
«È stato bellissimo per me (…) rileggere i Vangeli», confessa il regista de La vita è bella. «Voi potete prendere qualunque libro al mondo, ma quando si arriva al Vangelo non c'è discussione (…) Non si guardano più le persone con distrazione, ma come scrigni di un mistero, depositarie di un destino immenso. Leggendo il Vangelo si arriva addirittura a pensare che la vita abbia un senso. Questo ci dice il Vangelo: che siamo vivi! Ci fa sentire sempre presente il miracolo di esistere! E non solo: ci dice anche che i fatti del mondo non sono la fine della questione. Che la vita non finisce qui, che c'è vita oltre la vita! (…) Io amo talmente la vita, guardate, che sono sicuro che anche da morto mi ricorderò sempre di quand'ero vivo. No, a me morire non mi piace per niente, anzi io ve lo dico: morire sarà l'ultima cosa che farò, ve lo prometto».
Il Vangelo è «la prova incontrovertibile che Gesù è esistito». (…) «Sono proprio le figuracce di Pietro a dimostrare che il Vangelo dice la verità», osserva l’attore. Nei giorni scorsi Benigni è stato ricevuto in Vaticano da Leone XIV con il quale ha visto in anteprima alcuni estratti del monologo. «Se qualcuno avesse inventato la storia di Gesù e degli apostoli, avrebbe cercato di abbellire, no? Avrebbe raccontato le imprese più ammirevoli, più grandiose... non certo cose del genere. Non a caso Jean-Jacques Rousseau, il grande filosofo, a chi accusava i Vangeli di falsità rispondeva: Amico mio, non è così che si inventa».
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