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Un edificio distrutto ad Aleppo Un edificio distrutto ad Aleppo 

Siria, padre Karakash: una tragedia dimenticata. La gente soffre fame e miseria

Alla XVI Giornata delle Associazioni di Terra Santa, a Roma, uno speciale focus sulla Siria con il parroco della parrocchia San Francesco di Aleppo. A causa della guerra e dei danni provocati dal terremoto dello scorso febbraio, in tanti hanno perso il lavoro e per sopravvivere sono costretti a vendere quello che hanno in casa. Occorre ridare speranza, offrire aiuti e sostenere soprattutto i giovani perché non lascino la loro terra

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Le conseguenze della guerra sono peggiori della guerra stessa e la Siria oggi, dopo la guerra iniziata nel 2011 e il terremoto di quest’anno, è una tragedia dimenticata. C’è miseria, fame e soprattutto disperazione, perché all’orizzonte non si intravedono soluzioni politiche. Gli stipendi arrivano appena a 15 o 20 dollari al mese, ma in tanti non hanno entrate perché hanno perso il lavoro e per sopravvivere sono costretti a vendere tutto quello che hanno in casa: il frigo, la lavatrice, le sedie. A descrivere la drammatica realtà ad Aleppo è fra Bahjat Karakash, parroco della parrocchia San Francesco, intervenuto a Roma, all’Antonianum, alla XVI Giornata delle associazioni di volontariato che sostengono progetti in Terra Santa. “La carità più grande da fare è la carità politica - dice - riuscire a trovare una soluzione significa ridare un po' di speranza. Questa è la sfida più grande”.

Ridare dignità alle persone

Fra Bahjat, francescano della Custodia di Terra Santa, in Siria ci è nato, ha sognato, pensato e lavorato perché il suo Paese fosse risanato, poi ha cambiato prospettiva. “Ho capito che bisogna interessarsi delle persone e non delle soluzioni in modo globale e anonimo - racconta - occorre aiutare la gente a vivere meglio dal punto di vista materiale, ma soprattutto dignitosamente. Perché è molto facile aiutare materialmente, è molto più difficile, invece, ridare dignità alle persone”. Al fianco dei siriani oggi ci sono solo famiglie religiose ed organizzazioni non governative, si vive di carità. I frati minori ad Aleppo, alla Mensa dei poveri, sfamano ogni giorno 1300 persone, cristiani e musulmani, nei giorni del terremoto a sedersi a tavola erano in 6mila. Si dovrebbe investire per il futuro del Paese, sostenendo l’educazione dei bambini e dei giovani, afferma il parroco di San Francesco, per far fronte al lavoro minorile e allo sfruttamento dei bambini da parte di organizzazioni criminali. Andrebbero aiutati pure i giovani universitari, perché non riescono a pagarsi le rette, molti, inoltre, non hanno neppure i soldi per prendere i mezzi pubblici e andare a lezione. Sono tantissimi quelli che vogliono partire, lasciare la loro terra, alla ricerca di un futuro migliore.

fra Bahjat Karakash con alcuni giovani
fra Bahjat Karakash con alcuni giovani

Il supporto dei francescani

I religiosi francescani si adoperano in vari modi per prestare aiuto. Offrono un supporto psicologico ai bambini, sia cristiani che musulmani, con l’ausilio di psicologi e psicoterapeuti, coinvolgono i più piccoli in varie attività. Al Centro Tau, nato per il catechismo e l’educazione cristiana, oggi si ritrovano circa 1200 bambini e giovani e per gli anziani c’è il Centro Simeone ed Anna. I cristiani oggi in Siria sono appena il 2% della popolazione, ma il Paese ha ancora “un bagaglio di valori cristiani e religiosi” e per fra Bahjat “far leva su questi valori aiuterebbe a risollevare il popolo e la nazione”. Tuttavia, la diminuzione dei cristiani, “che sono mediatori culturali tra l’occidente e l’oriente, presenza provocatoria di pace, dialogo ed educazione” mette a rischio un’intera società.

Alcune persone accolte nella parrocchia San Francesco ad Aleppo dopo il terremoto del febbraio scorso
Alcune persone accolte nella parrocchia San Francesco ad Aleppo dopo il terremoto del febbraio scorso

A Vatican News - Radio Vaticana, il religioso francescano chiede di far conoscere la realtà attuale in Siria, perché non venga dimenticato il suo popolo in difficoltà e auspica che a livello politico ci si apra al dialogo perché il Paese possa rinascere.

Ascolta l'intervista a fra Bahjat Karakash

Fra Bahjat Karakash, qual è la situazione adesso ad Aleppo?

La situazione è una tragedia purtroppo dimenticata, soprattutto dopo il terremoto. Molte persone hanno perso il lavoro, molte famiglie hanno avuto la casa danneggiata e questo si aggiunge a una tragedia previa, quella della guerra, della crisi economica, per cui è una situazione molto critica.

Quali sfide dovete affrontare voi religiosi?

La prima sfida da affrontare è quella di dare speranza. Non è facile, perché non c'è all'orizzonte una soluzione a livello politico. La nostra risposta è rimboccarci le maniche e aiutare la gente a vivere con dignità e dare anche un messaggio spirituale, cioè quello del Vangelo e della speranza.

Che cosa si può fare dall'estero?

Anzitutto informarsi sulla situazione siriana, sapere che è una tragedia ancora non finita, diffondere le notizie, interessarsi, cercare di venire, se è possibile, a vedere la situazione in Siria. Tutto ciò oltre all'aiuto materiale, alla carità e alla preghiera che sicuramente ci sostiene.

Quali sono le maggiori emergenze?

È molto difficile stabilire priorità, perché tutti i fronti sono un’emergenza, da quella educativa a quella sanitaria a quella economica. Davvero quella siriana è una realtà molto precaria, che avrebbe bisogno di sostegno su tutti i fronti.

Come vede il futuro della Siria?

Se dovessi contare su qualcosa conterei sulla società, sulla gente che ancora conserva valori spirituali e religiosi, valori umani capaci di rimettere in piedi queste forze per il futuro del Paese. Ma tutto questo sicuramente avrebbe bisogno di una cornice a livello istituzionale e questo non è possibile nella situazione attuale. Bisogna aiutare i siriani a sedersi a un tavolo, a dialogare e a trovare anche una forma di aiuto perché il Paese rinasca.

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11 novembre 2023, 16:04