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Il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo Il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo

Il premio Templeton a Bartolomeo: "Serve una sinergia tra scienza e fede"

"Dove il cielo incontra la terra" questo il titolo della meditazione del patriarca ecumenico di Costantinopoli in occasione della cerimonia di premiazione a New York. Una riflessione nella quale ha fatto appello a un sussulto di coscienza, di verità, a un ultimo barlume di speranza che si faccia azione collettiva

Giovanni Zavatta - Città del Vaticano

Vogliamo essere ricordati — nonostante una maggiore conoscenza — come la generazione dell’irresponsabilità, del profitto a tutti i costi, dell’autodistruzione, o come quella della saggezza, del prendersi cura, della trasformazione tesa al bene comune? È un bivio, «una scelta che riecheggerà nel tempo» ciò che ha di fronte l’umanità intera, attesa da un urgente cambio di traiettoria per non finire nel baratro. Hanno posto interrogativi ineludibili le parole del patriarca ecumenico Bartolomeo che il 24 settembre, a New York, nel ricevere il “Premio Templeton” (che dal 1972 onora rappresentanti della scienza e della spiritualità per il loro contributo al benessere umano), ha pronunciato un’intensa meditazione, intitolata Dove il cielo incontra la terra, nella quale ha denunciato, condannato, ma anche fatto appello a un sussulto di coscienza, di verità, a un ultimo barlume di speranza che si faccia azione collettiva.

Una sinergia tra scienza e religione

La risposta esiste ed è nella preziosa sinergia tra scienza e religione, divenuta ormai una necessità esistenziale: «Il futuro del pianeta dipende dalla nostra capacità di coniugare la precisione del metodo scientifico con la percezione della visione spirituale, l’urgenza della testimonianza profetica con la pazienza della pratica contemplativa», ha detto l’arcivescovo di Costantinopoli, ricordando che, perfino nei momenti più bui, «ogni crisi è anche un’opportunità, ogni morte contiene la possibilità di risorgere». Gli strumenti tecnologici ci sono: energie rinnovabili, agricoltura sostenibile, progettazione rigenerativa. «Ciò che manca non è la conoscenza o la capacità ma la forza di volontà: la determinazione collettiva a scegliere verità difficili invece di comode bugie, il cambiamento sistemico invece del guadagno personale».

Libertà dal desiderio infinito

Bartolomeo prende in prestito tre termini cari alla tradizione ortodossa (nepsis, áskesis e métron) per comporre una ricetta che possa avere ancora una certa efficacia: nepsis, ovvero vigilanza, attenzione a ciò che accade realmente intorno a noi, in virtù della quale, davanti alle «forze paralizzanti dell’indifferenza e della disperazione», ogni disastro ecologico non deve essere visto come incidente isolato ma come sintomo sistemico che purtroppo dà «priorità al profitto rispetto alla protezione, alla convenienza rispetto alle conseguenze»; áskesis, l’ascesi, «gioiosa autodisciplina per scoprire ciò che è sufficiente», per spezzare «il circolo vizioso dell’avidità irragionevole e sfrenata», il ciclo infinito dei consumi, della  produzione, dei rifiuti; métron, e cioè la giusta misura, «il meraviglioso senso delle proporzioni che consente sia la prosperità umana sia l’equilibrio ecologico». Si tratta, ha sottolineato il patriarca, di «scegliere la qualità rispetto alla quantità, la durevolezza rispetto all’usa e getta, la sufficienza rispetto all’eccesso e allo spreco». Tale disciplina alla fine non diventa un peso ma una liberazione: «La libertà dall’estenuante routine del desiderio infinito, lo spazio per scoprire le soddisfazioni più profonde che nessuna quantità di consumi terreni può offrire».

Una teologia dell'interconnessione

Dio, «che ha dato vita alle stelle e agli esseri umani», è lo stesso Dio «che si addolora quando cade un singolo passero, quando una barriera corallina diventa bianca come un osso e quando un bambino ansima per respirare aria pulita». Anche se in lingue diverse, «leggono lo stesso libro», della natura e delle Scritture, il fisico che misura l’accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai nell’Artico e il teologo che contempla i gemiti della creazione. E «quando assisto all’agonia di un climatologo per la morte delle foreste e sento il profeta lamentarsi che “la terra è tutta squarciata e trema violentemente” (Isaia, 24, 19), riconosco lo stesso cuore spezzato che batte in entrambi». Il patriarca Bartolomeo chiede che la dissociazione tra fede e scienza finisca «perché sono sulla stessa lunghezza d’onda», che escano dai santuari e dai laboratori dove si sono ritirate in una «tragica alienazione», ciascuna «sospettosa delle pretese di verità dell’altra». Ciò che serve, «disperatamente», è una “teologia dell’interconnessione” che coinvolga tutti, compreso chi non crede, perché «la salute del nostro pianeta e il benessere della sua popolazione non sono preoccupazioni separate ma aspetti di un’unica realtà. Giustizia ambientale e giustizia sociale non sono cause distinte ma nomi diversi dello stesso impegno per la prosperità e l’equilibrio di ogni forma di vita». Significa che «non possiamo guarire il nostro rapporto con il pianeta senza guarire i nostri rapporti reciproci, non possiamo raggiungere la sostenibilità ambientale mantenendo la disuguaglianza sociale», non possiamo salvare il mondo senza praticare equità.Non esiste sacro e profano, spirituale e materiale: «C’è solo una verità, un’unica realtà interconnessa». È solo insieme che possiamo rispondere alle crisi, tutte le crisi, e risolverle. È qui che il cielo incontra la terra.  

 

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25 settembre 2025, 12:48