Una religiosa: a Gaza aiutiamo a ricostruire le anime ferite dalla guerra
Roberto Paglialonga - Città del Vaticano
“Dall’inizio della guerra sentiamo tutti i giorni le nostre consorelle a Gaza, e in particolare in queste ultime ore”. Ha gli occhi velati dalle lacrime madre Maria del Cielo, provinciale delle Serve del Signore e della Vergine di Matarà (Famiglia del Verbo Incarnato), che assieme alle missionarie della Carità di Madre Teresa assistono la comunità della Sacra Famiglia a Gaza City, assieme al parroco padre Gabriel Romanelli. Lui e le religiose della parrocchia sono stati insigniti ieri sera del Premio Silvestrini per il dialogo e la pace, conferito presso il Collegio universitario di merito Villa Nazareth.
Bene l'accordo, ora lavorare ancora di più
Con i media vaticani Maria del Cielo Leyes commenta quanto sta avvenendo nella Striscia: “È un gran passo l’inizio di questo accordo di pace, veramente ci dà speranza. Questo è quello che sentiamo dalla parrocchia e dalla comunità della Sacra Famiglia”. Certo, nel compound ci sono sempre feriti, malati e altre persone “che hanno bisogno veramente di tutto”, quindi l’intesa è un prima punto da cui partire, continua, “ma ora ci sarà molto da lavorare: dovremo impegnarci ancora di più, perché dobbiamo ricostruire Gaza, ricostruire anche la speranza che era persa, ricostruire le anime ferite in tutti i sensi, non solo fisico, ma anche spirituale”.
Il Signore unica speranza per andare avanti
Incredibilmente, non si sentono sole le suore di Gaza: “Perché confidiamo sempre nel Signore, è lui che ci dà la forza per andare avanti, e lo fa in un modo miracoloso: senza il suo aiuto davvero non potremmo fare niente”. Poi racconta ai nostri microfoni di essere “stata a Gaza a dicembre con il cardinale Pizzaballa”.
L'ultima visita a Gaza: la percezione di entrare in un altro mondo
Pur avendo potuto rimanere solo due giorni in quell’occasione, aggiunge, “quello che abbiamo visto è stato drammatico. Ero andata tante volte a trovare la comunità lì, ma quest’ultima è stato terribile. Si ha la percezione di entrare veramente in un altro mondo: tutto è distrutto, i bambini per strada cercando cibo qua e là, gli edifici in macerie e irriconoscibili. E’ una immagine di dolore immenso, ma l’amore di Dio può vincere e vi chiediamo di continuare a pregare”.
Come La Pietà di Michelangelo
A microfoni spenti ci lascia con una immagine impressionante: “Un papà che tenendo in braccio suo figlio pieno di sangue, non so se ancora vivo o morto, che camminava nella speranza di portarlo all’ospedale. Mi è subito venuta in mente ‘La pietà’ di Michelangelo: è un momento che porterò nel mio cuore e nelle mie preghiere, non lo dimenticherò mai.
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