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I migranti filippini sono moderni apostoli dell'evangelizzazione I migranti filippini sono moderni apostoli dell'evangelizzazione

I nuovi missionari. Gli emigrati filippini, messaggeri dell’amore di Cristo

Vengono definiti “contrabbandieri della fede”, sono i moderni apostoli dell’evangelizzazione. Oltre 10 milioni di persone che, con la loro presenza in più di 193 Paesi, portano la loro testimonianza di cristiani e la loro spiritualità

Paolo Affatato – Città del Vaticano

Li hanno definiti “contrabbandieri della fede”: i migranti filippini — oltre 10 milioni di persone presenti in oltre 193 Paesi del mondo — praticano la loro fede con fervore ovunque vadano e sono, dunque, «i nuovi missionari», afferma il missiologo filippino padre Andrew Recepciòn, ricordando che «portano l’amore per la famiglia, la devozione religiosa, la testimonianza di fede nei luoghi di lavoro». In patria il governo li identifica come “Overseas Filipino Workers” (Ofw), organizzando da decenni un flusso migratorio che oggi vede circa il 10 per cento della popolazione all’estero, in cerca di opportunità professionali. Non c’è famiglia nell’arcipelago asiatico (110 milioni di abitanti al 90 per cento cattolici) che non abbia un familiare o un parente che ha lavorato o lavori all’estero. Il governo lo fa perché la migrazione contribuisce ad alleviare la povertà: le rimesse inviate in patria dagli emigrati sono una stampella per l’economia e consentono a migliaia di famiglie l’accesso a una migliore istruzione, all’assistenza sanitaria e a standard di vita più elevati. Ma all’aspetto economico si unisce, in una dinamica imprevista e a tratti sorprendente, quello spirituale: ecco perché i vescovi delle Filippine definiscono gli Ofw «moderni apostoli dell’evangelizzazione» e raccontano che le comunità filippine, presenti sia in Paesi di antica tradizione cristiana ampiamente secolarizzati (come in Europa), sia in nazioni con una esigua minoranza di fedeli (in Medio oriente o in Giappone), condividono con il prossimo la propria fede in modo genuino. 

Giubileo dei missionari e dei migranti

In questa dinamica, appare significativa la scelta della Santa Sede di unire la celebrazione del Giubileo dei missionari e dei migranti, specialmente pensando ai Paesi occidentali (le mete preferite dei filippini restano gli Stati Uniti). «Con l’Occidente che si ritrova con i banchi delle chiese sempre più vuoti, gli “eredi” dell’annuncio cristiano, ricevuto 500 anni fa, diventano a loro volta missionari, riportano la fede in Europa e in America: è un restituire la fede ricevuta”, spiega padre Andrew Recepciòn.

I filippini in Italia

In Italia le più numerose comunità filippine si trovano a Roma e a Milano. Gilbert A. Garcera, arcivescovo di Lipa che, quando visita Roma, non manca di salutare la numerosa comunità che si riunisce nella chiesa di santa Pudenziana, sede della cappellania cattolica filippina, ricorda che «i filippini prendono parte attivamente alle attività legate alla Chiesa, riempiono le chiese, riempiono l’aria di canti gioiosi, lodando Dio». A volte, racconta, «persone che si sono allontanate dalla Chiesa tornano alla fede guidate da un bambino catechizzato da una babysitter filippina». E ricorda con un sorriso che il defunto cardinale Jaime Sin, in passato arcivescovo di Manila, riusciva a inviare molti sacerdoti a Roma, per incontri spirituali o di formazione, usufruendo delle offerte di fedeli che avevano scoperto la fede grazie ai figli, catechizzati da una domestica filippina.

I filippini nel mondo

Anche negli Usa, che accolgono in media 80.000 filippini l’anno — regolarmente inseriti con contratti di lavoro — hanno portato le loro storiche e tradizionali devozioni, come quella al santo Nino e alla Madonna del Soccorso o la simbang gabi, ovvero la messa della novena di Natale che si celebra dal 16 al 24 dicembre prima dell’alba.«Ci sono 10 milioni di lavoratori filippini in tutto il mondo. Questo movimento migratorio è diventato un movimento missionario. Siamo stati chiamati da Dio ad essere missionari e a condividere il dono della fede», ha affermato il cardinale Luis Antonio G. Tagle, pro-Prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione dei Popoli, intervenendo a un seminario di studio organizzato nei mesi scorsi dalle Pontificie opere missionarie.  «Pensiamo alle nazioni in cui si generano flussi migratori. La diaspora dei fedeli può essere paradigma per la nuova missione evangelizzatrice», conferma padre Dinh Anh Nhue Nguyen, segretario generale della Pontificia unione missionaria.

La missionarietà

E padre Gregory Ramon D. Gaston, rettore del Pontificio Collegio Filippino di Roma, rimarca in particolare l’opera dei missionari filippini laici: accanto a preti e suore, nota, «i laici contribuiscono in maniera fondamentale a diffondere gli insegnamenti di Cristo. I nostri due santi filippini, san Lorenzo Ruiz e san Pietro Calungsod — ricorda — erano laici. Il primo è stato missionario in Giappone, il secondo era un catechista nell’isola di Guam. I primi santi erano già missionari. Sono, evidentemente, una preziosa fonte di ispirazione per l’oggi».

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05 ottobre 2025, 09:00