Siria, Mourad: "Cristiani e musulmani essenziali per il raggiungimento della pace"
Federico Piana - Città del Vaticano
"Quando la mia gente in Siria ha saputo che mi avevano assegnato questo premio è stata pervasa da una gioia indescrivibile. Tutti hanno compreso che la Chiesa universale rimane sempre vicina". Monsignor Julian Yacoub Mourad fa una pausa e sfodera un sorriso contagioso. Più che mille parole, bastano i suoi occhi straordinariamente luminosi a tradire l’emozione per quel riconoscimento che oggi la Fondazione vaticana Giovanni Paolo II gli ha consegnato ufficialmente con una motivazione che gli ha fatto sussultare il cuore: "In lui è stata riconosciuta una straordinaria testimonianza di fede e amore cristiano, un’instancabile impegno nel dialogo interreligioso e nella costruzione della pace".
Torture e violenze
Perché non è solo l’arcivescovo di Homs dei Siri questo religioso ispirato dalla spiritualità del monastero di Deir Mar Musa e da quel padre Paolo dall’Oglio rapito e scomparso in Siria ormai più di dodici anni fa. È anche l’uomo a cui i jihadisti nel 2015 praticarono torture inenarrabili con la speranza di farlo abiurare dalla sua fede e che fu salvato anche grazie all’intervento di alcuni musulmani che ne favorirono la liberazione.
Maggiore responsabilità
Ecco perché, per Mourad, questo non è un premio da lasciare impolverare su una scrivania: rappresenta qualcosa che ha a che fare profondamente con il suo Paese, inghiottito dal vortice dei mutamenti politici e sociali dopo la caduta del regine di Bashar al-Assad. "Ora mi sento più responsabile delle missione che mi è stata affidata. Sopratutto in questo momento nel quale il nostro popolo continua a soffrire del gioco politico che rimane assolutamente divisivo".
Impegno totale
Per spiegare meglio, ai media vaticani, rivela che gli equilibri della politica sono diventati molto delicati, estremamente precari. "Le posizioni delle varie comunità sono diverse e contrastanti. E questo non permette di imboccare delle vie di dialogo per costruire occasioni di pace". Ad una difficoltà che appare insormontabile corrisponde, però, un impegno totale in senso contrario. Non solo il suo, personale, ma anche quello dell’intera comunità cristiana siriana: "Il nostro obbiettivo è insistere nel cercare il confronto. Oggi è il momento delle iniziative: se non testimoniamo la nostra responsabilità umana, politica e sociale non possiamo essere costruttori di ponti".
Lievito efficace
Dal momento in cui è iniziato il cambiamento e si è insediato il nuovo governo ad interim del presidente Ahmad al-Shara’, monsignor Mourad si è sempre più convinto che il ruolo dei cristiani non può essere assolutamente di basso profilo ma deve trasformarsi in lievito efficace per la nazione, per la Chiesa e per gli stessi musulmani. "Ad Aleppo, Damasco ed Homs abbiamo organizzato degli incontri di formazione sulla politica e sull’insegnamento sociale della Chiesa per preparare i nostri fedeli a dialogare, a confrontarsi. Però tutto rimane difficile perché c’è una chiusura del governo e anche di alcune realtà musulmane. Una distanza difficile da superare".
Religioni fondamentali
Ma che il ruolo delle religioni sia imprescindibile per il raggiungimento della pace, Mourad lo sa bene. A tal punto che arriva a sostenere che il popolo siriano è composto da uomini e donne di fede per i quali il linguaggio religioso è fondamentale per lo svolgimento stesso della quotidianità della vita: "Quindi, i leader cristiani e musulmani devono acquisire la consapevolezza di essere un vero e proprio segno di speranza. Forse l’unico per tutto il nostro popolo".
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