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Fra Alberto Pari presenta un concerto dell'istituto Magnificat a Ein Kerem, a pochi chilometri da Gerusalemme (foto: Istituto Magnificat) Fra Alberto Pari presenta un concerto dell'istituto Magnificat a Ein Kerem, a pochi chilometri da Gerusalemme (foto: Istituto Magnificat)

Terra Santa, quelle "persone di buona volontà" che vedono possibile la coesistenza

La testimonianza di padre Alberto Pari, incaricato del dialogo ecumenico e interreligioso per la Custodia a Gerusalemme: "Ho trovato da entrambe le parti, sia dalla parte musulmana che ebraica" coloro che "vogliono veramente il bene del popolo e del Paese, che ancora credono che sia possibile vivere insieme"

Beatrice Guarrera - Città del Vaticano

Mentre il mondo segue con trepidante attesa gli sviluppi in Medio Oriente, sperando che la tregua sancita tra Israele e Hamas sia davvero l’inizio della pace, il ruolo dei cristiani in Terra Santa si fa sempre più cruciale. «Il senso del perdono è molto fragile nella religione ebraica e in quella musulmana, per cui i cristiani che l’hanno, invece, al centro anche della loro spiritualità, dovranno essere coloro che aiuteranno entrambe le parti a raggiungere questo ideale». Lo afferma, ai microfoni dei media vaticani, padre Alberto Joan Pari, Segretario di Terra Santa e incaricato del dialogo ecumenico e interreligioso, oltre che responsabile del dialogo con il mondo ebraico per la Custodia di Terra Santa. «Anche il cardinale Pierbattista Pizzaballa, nella primissima lettera che ha scritto pochi giorni fa, quando è stato annunciato l’accordo tra Israele e Hamas — prosegue padre Pari —  ha detto che noi dobbiamo insistere sul perdonare e andare oltre, perché se rimaniamo su vendetta e odio, non si può avere un futuro».

Due anni difficili

La  sete di pace della gente, dopo due anni di guerra, è stata subito visibile nelle reazioni di gioia alla notizia del raggiungimento di un cessate-il-fuoco e poi anche nel giorno in cui gli ostaggi israeliani, detenuti a Gaza nelle mani di Hamas, sono stati liberati e hanno potuto riabbracciare le proprie famiglie. «A Gerusalemme attendevamo questo giorno da tempo», continua il sacerdote, che vive e lavora nella Città Santa: «All’inizio, devo essere sincero, c’è stato un po’ di scetticismo», «e solo nelle ore del pomeriggio abbiamo cominciato a realizzare che veramente tutto era andato a buon fine», tirando «un sospiro di sollievo». Sono stati, infatti, tempi molto duri quelli che hanno avuto inizio dopo il 7 ottobre 2023,  «un vero e proprio spartiacque». «È stato come un grande terremoto —  sostiene padre Pari — e all’inizio, sia io, sia tutte le persone con cui collaboro, musulmani e ebrei, abbiamo pensato che tutto fosse distrutto». Poi, invece, dopo i primi mesi difficili, è stato possibile tornare a incontrarsi e ricominciare le attività quotidiane. «Ho trovato da entrambe le parti, sia dalla parte musulmana che ebraica, persone di buona volontà che volevano veramente il bene del popolo e del Paese, che ancora credono che sia possibile vivere insieme e fare qualcosa di bello insieme — continua padre Pari —. Però è tutto molto difficile, è sempre un po’ come “camminare sulle uova” in questa difficoltà». 

Ascolta l'intervista a padre Alberto Pari

Una scuola di coesistenza

La coesistenza pacifica è possibile, secondo l’esperienza del sacerdote, che è anche direttore dell’istituto Magnificat, la scuola di musica della Custodia di Terra Santa, che quest’anno festeggia trent’anni di attività. «Era nata — racconta — come scuola di musica, quindi senza pretesa di essere un luogo di coesistenza pacifica. Però naturalmente lo è diventato, quando hanno cominciato ad arrivare, oltre a pochi insegnanti cristiani, la maggioranza di insegnanti ebrei, mentre la popolazione studentesca è formata, per la maggioranza, da cristiani e musulmani di origine palestinese e poi anche alcuni ebrei». La sede dell’istituto è anch’essa in un luogo speciale, trovandosi nei locali della Custodia di Terra Santa, nel quartiere cristiano della Città Vecchia di Gerusalemme, zona da sempre di incontro tra i popoli. 

Una "volontà da tutte le parti"

«Per vivere insieme, per creare comunione, deve esserci una grande volontà da tutte le parti», rinunciare un po’ a sé, «per aprirsi alla diversità e all’altro», sostiene il sacerdote. «Anche a scuola abbiamo avuto momenti di grande tensione, come dopo il 7 ottobre 2023, quando l’orchestra del Magnificat, formata quasi tutta da cristiani e musulmani, non voleva più incontrare il direttore che è ebreo israeliano». Nel delicato momento, il direttore d’orchestra ha voluto, con tanta determinazione, un incontro con i ragazzi. «All’orchestra ha detto: “Lo so che voi in me vedete solo Israele che sta occupando Gaza o l’esercito, ma io non sono né il mio governo, né il mio esercito. Io sono il vostro direttore e qui facciamo tutto tranne che politica. Quindi se mi date fiducia, possiamo veramente creare qualcosa di bello”. Li ha conquistati e da allora si sono incontrati settimanalmente». Di recente, dopo una tournée in Italia, dopo quindi due anni di lavoro, l’ultima sera, durante un brindisi finale, il direttore ha parlato di nuovo all’orchestra. Padre Alberto ricorda bene il suo discorso: «Ha detto:“Io vi ringrazio tantissimo perché nella mia vita sto facendo la cosa più bella che mai ho fatto, cioè lavorare insieme con voi. È il progetto più bello che mi sia mai capitato”. Ecco: non avremmo mai potuto assistere a questo, se non con la buona volontà di tutti e con la speranza che veramente si può vivere insieme».

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16 ottobre 2025, 15:28