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Religiosi di Chiang Mai incontrano le famiglie dei villaggi montani, portando preghiera e solidarietà. Religiosi di Chiang Mai incontrano le famiglie dei villaggi montani, portando preghiera e solidarietà.
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Thailandia, la compassione tra i villaggi di Chiang Mai

Tra le risaie e i templi del nord del Paese del sud-est asiatico, le missionarie identes vivono accanto alle famiglie dei villaggi, trasformando la vita condivisa in luogo d’incontro tra vangelo e tradizioni locali

Eleanna Guglielmi - Città del Vaticano

“Non temete la nostra piccolezza: talvolta ascoltare qualcuno con il cuore è l’annuncio del Vangelo più profondo”. Con queste parole, Yotsaya, missionaria, fornisce una delle chiavi della missione tra i villaggi thailandesi dei Karen, Lahu, Akha, Hmong e Lisu. Qui la vita dipende da lavori giornalieri e da un’agricoltura incerta. I giovani lasciano presto la scuola, gli anziani e i bambini restano i più esposti a smog, inondazioni e precarietà. In mezzo a queste fragilità, la presenza cattolica, piccola minoranza in un Paese a maggioranza buddhista, si fa compassione, attenzione, convivenza.

Una Chiesa giovane e minoritaria

Nel nord della Thailandia l’annuncio del Vangelo è arrivato solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, radicandosi tra i popoli tribali delle montagne. Oggi i cattolici restano una piccola percentuale, ma la Chiesa ha scelto di essere missionaria: i rapporti con le altre religioni non si limitano a incontri ufficiali, ma prendono forma nei villaggi e nelle scuole, dove progetti agricoli, sanitari ed educativi diventano spazi condivisi e intrecciano la vita di famiglie di fedi diverse. La Chiesa partecipa alle feste, ai canti e alle tradizioni locali, scegliendo non di sostituirsi ma di inserirsi come presenza amica che custodisce e rafforza la coesione sociale. “Celebriamo in thailandese – spiega p. Thinnakorn, missionario idente – ma la gente risponde nella loro lingua, e i canti trasmettono una spiritualità che non ha bisogno di traduzioni”. Le liturgie e la catechesi sono spesso inculturate, segnate dall’uso delle lingue locali e dall’attenzione alle tradizioni tribali. Molti fedeli appartengono ai gruppi Karen, Lahu, Akha, Hmong e Lisu, con un forte senso comunitario che diventa terreno fertile per la testimonianza cristiana. Nella capitale la missione cambia scenario. “Molti giovani arrivano soli, senza famiglia né reti di sostegno”, racconta Cristina. “Il primo bisogno è qualcuno che li ascolti”. Accanto a lei, Esterlicia aggiunge: “Non basta il pacco viveri. Offrire opportunità di studio e di crescita è il modo per ridare fiducia”.

 
I missionari visitano un malato nella sua abitazione
I missionari visitano un malato nella sua abitazione
 

Mancanza di futuro, la vera miseria

“Una ragazza di 14 anni desiderava continuare a studiare – racconta Yotsaya – ma sapeva già che avrebbe dovuto interrompere presto per aiutare la famiglia”. Poi aggiunge: “Questo mi ha fatto capire che la povertà non significa solo mancanza di denaro, ma mancanza di opportunità e un futuro negato”. È questa la vera miseria: non avere prospettive. Nei villaggi i bambini dividono i loro dolci, i vicini si sostengono nelle difficoltà, ma la precarietà resta. Lavori saltuari, migrazioni forzate, giovani costretti a lasciare la scuola, anziani e piccoli più vulnerabili agli effetti dello smog e delle calamità naturali: la povertà qui ha il volto concreto delle scelte mancate e delle vite sospese.

Le ferite che si fanno consolazione

“Abbiamo conosciuto una coppia anziana che aveva perso entrambi i figli”, ricorda Esterlicia. “All’inizio non volevano vedere nessuno. Poi, visita dopo visita, hanno ricominciato a sorridere”. È in gesti così semplici che la missione si fa vicinanza, ascolto, amicizia fedele che restituisce dignità e coraggio.

Momenti in cui le comunità religiose della diocesi di Chiang Mai fanno visita agli anziani del villaggio
Momenti in cui le comunità religiose della diocesi di Chiang Mai fanno visita agli anziani del villaggio

Un cuore compassionevole

La missione di Chiang Mai mira alle relazioni. La sua attività pastorale è intrecciata con l’impegno sociale e caritativo: scuole, ospedali, centri sanitari, progetti agricoli e programmi di sviluppo per le comunità montane. Una cura particolare è rivolta ai poveri, ai migranti, ai minori e alle persone vulnerabili.

Il dialogo interreligioso è quotidiano, con monaci buddhisti, laici musulmani e comunità animiste, e si traduce in iniziative comuni per l’ambiente, la pace e l’educazione. “Vivere in mezzo a queste difficoltà – spiegano Thinnakorn e Thannoungsak – ci ha fatto comprendere che la consacrazione significa condividere la vita concreta, non solo insegnare, ma stare accanto con cuore compassionevole”.

Giovani di Chiang Mai condividono un pasto all’aperto.
Giovani di Chiang Mai condividono un pasto all’aperto.

La forza della semplicità

Ventitré anni dopo l’arrivo a Chiang Mai, i missionari e le missionarie continuano la loro presenza silenziosa e tenace. “La semplicità: anche ciò che è piccolo ha un grande valore, perché testimonia un Dio che è sempre vicino ai più piccoli», sottolinea Thinnakorn. «Ho imparato che avere un cuore mite e compassionevole è una via per comprendere l’amore di Dio e per vivere come fratelli sotto un unico Padre». Nella piccolezza di gesti quotidiani, il Vangelo trova il suo volto più credibile.

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25 novembre 2025, 12:26